EUROPA

Dentro Extinction Rebellion è esploso il dibattito su classe e razza

Le due settimane di “ribellione internazionale” realizzate da Xr a ottobre ne hanno confermato una sorprendente capacità di mobilitazione e un’estensione ormai globale. Contemporaneamente, nel paese natale del movimento ecologista, il Regno Unito, sono esplose delle contraddizioni e si sono aperti interessanti dibattiti

Il 19 ottobre Extinction Rebellion UK ha pubblicato un video di una ragazza che parla al microfono davanti a una folla di manifestanti. Dice di essere venuta a Londra per comparire davanti al giudice: è stata arrestata ad aprile. Il suo tono è entusiasta, lei è fiera. La folla applaude e incita. Lei apre un quaderno e ripete quello che ha letto al giudice. Parla di com’è cresciuta, del fatto che non è mai stata arrestata prima, di come quando era ancora a scuola credeva che se se fosse stata «gentile e brava», sarebbero seguite «opportunità e una buona vita». Prosegue chiedendo al ministero di giustizia, «guardiani della legge, di usare la vostra influenza per salvarci».

Il video spiega, in un certo senso, i problemi che Extinction Rebellion si trova ad affrontare in Gran Bretagna a chiusura delle due settimane di protesta globale cominciate il 7 ottobre. Innanzitutto la ragazza è bianca. È molto difficile immaginare al suo posto una ragazza o un ragazzo di colore. Durante le due settimane di azioni che hanno paralizzato la città di Londra – la polizia aveva vietato qualsiasi tipo di azione da parte del gruppo – sono stati arrestati circa 1800 persone. Ad aprile quasi 1.100. Le statistiche della Metropolitan Police di Londra mostrano che nove su dieci degli arrestati ad aprile sono bianchi, in una città in cui le persone di colore sono quattro su dieci. La disobbedienza civile di massa, la large-scale non-violent action, praticata da Extinction Rebellion si ispira apertamente alla disobbedienza civile americana, ma fa del momento dell’arresto un momento centrale. In un articolo “programmatico” in cui uno dei fondatori del movimento evidenzia come la non violenza sia necessaria affinché il movimento sia inclusivo – rispettoso dei più vulnerabili, ovvero i giovani e gli anziani –  al secondo punto di tre compare la parola «sacrificio»: la strategia di XR si fonda sulla willingness, sulla disponibilità degli attivisti a essere arrestati e incarcerati. Al terzo punto, sempre in linea con l’idea di una strategia non violenta, c’è il «rispetto», «verso noi stessi, la cittadinanza, e la polizia». 

Il 10 ottobre un attivista arrestato e poi rilasciato ha inviato un mazzo di fiori alla stazione di polizia di Brixton, ringraziando gli agenti della loro «professionalità». Il tweet con il messaggio di ringraziamento è stato condiviso in maniera virale: la centrale di Brixton è la stessa in cui sono morti tre detenuti neri, al cui esterno si riunisce regolarmente la comunità nera per denunciare il racial policing, problema endemico di tutte le comunità non bianche. Le persone di colore hanno molte più probabilità di essere fermate e perquisite dei bianchi, è molto più difficile che venga loro concessa la libertà su cauzione, e le pene sono più severe – per non parlare del trattamento che ricevono all’interno delle questure e del diverso peso che ha una condanna penale nella vita di una persona appartenente a una minoranza, magari disoccupata e alla ricerca di un lavoro. A livello internazionale, poi, basterebbe il caso dell’Italia, con le pene di gran lunga più severe di quelle inglesi, introdotte dal decreto sicurezza, per aprire una discussione sull’”accessibilità” delle pratiche del movimento.   

In secondo luogo la ragazza che parla nel video dice di parlare anche a nome di sua sorella, che ha 15 anni, che è «terrorizzata» da come si prospetta il suo futuro. A differenza forse dei Fridays for Future, in cui sono i quindicenni stessi a prendere parola, e in maniera paradossale rispetto a questa disponibilità a pagare le conseguenze delle azioni in prima persona, molti dei materiali di Extinction Rebellion mettono al centro delle azioni un soggetto altro. Un video che campeggia su molte delle pagine di XR si chiama “Dear my future children”, in cui una voce narrante parla a degli ipotetici figli non ancora nati. Questa voce, maschile, parla prima di suo padre, poi dei suoi stessi figli non ancora nati che sono un “sogno”, minacciato da una crisi climatica senza precedenti – il giovane che parla dice di essersi fatto arrestare per loro. Ritorna, in maniera diversa, questa idea di “sacrificarsi” per qualcuno che non è presente. Infatti, oltre a rivolgersi a una fetta più o meno ristretta della popolazione (quanti coltivano il sogno di una famiglia più o meno tradizionale, nel video rappresentata nella sua componente maschile) il video articola quella che è stata definita come la visione distopica di XR, che è una visione del futuro, e non del presente che sta già avendo conseguenze devastanti nel sud del mondo (e, si fa notare, nei quartieri più poveri della metropoli londinese).  

In un intervento in occasione dello sciopero per il clima che si è tenuto a settembre, The Wretched of the Earth (I dannati della terra), un collettivo che «riunisce comunità indigene, di colore, gruppi e individui colpiti dalla diaspora, che si batte per la giustizia climatica sia in Gran Bretagna che nel sud del mondo», ha ricordato, con riferimento alle parole di Greta Thunberg, «la nostra casa è in fiamme», che «la nostra casa è in fiamme da 500 anni». In una lettera aperta a XR gli attivisti del collettivo prendono una posizione che è allo stesso tempo un’analisi chiara e articolata di quali sono i soggetti in gioco: se XR parla di una «life or death situation of our own making», di una situazione «causata dall’uomo» a cui bisogna porre rimedio, il collettivo ricorda che questo non meglio precisato “noi” non è una generica umanità che avrebbe causato il surriscaldamento globale, ma una struttura economica creata da un progetto coloniale che persegue potere e ricchezza, e che ha nei secoli strutturato un ordine globale che si tiene su razzismo, sessismo e classismo. Prosegue dicendo che il colore della pelle non riguarda il futuro, che nel caso di «indigeni, poveri, neri, queer, trans, disabili» la violenza si iscrive all’origine, riguarda il loro stesso diritto di nascita. 

Il punto di rottura, che ha portato queste questioni alla ribalta, si è prodotto il 17 ottobre con un’azione molto controversa di alcuni “ribelli” che hanno bloccato la metropolitana di Canning Town station nella zona est di Londra salendo sul tetto di un treno. I pendolari, inferociti, hanno aggredito gli attivisti, riuscendo a farli scendere. L’azione ha provocato una reazione violentissima nei confronti di XR, infatti l’azione prendeva di mira il trasporto pubblico (qualcuno ha fatto notare che il mezzo era tra l’altro elettrico) in una zona popolare, working class di Londra, una stazione affollata di persone che – altri facevano notare – avrebbero benissimo potuto perdere il lavoro a causa di un semplice ritardo.  

Extinction Rebellion UK ha dapprima diffuso la notizia dell’azione con un post che informava delle varie azioni in corso – altrove un uomo si aggrappava a un vagone di un treno per impedire che partisse, un altro saliva su un aereo per impedire che decollasse – parte di una giornata che prendeva di mira il trasporto, scusandosi dei disagi, ma dicendo che azioni del genere «sono necessarie», che gli attivisti «avrebbero preferito non farle» ma che si trattava di un’emergenza – climatica – di fronte a cui bisognava reagire. Più tardi il movimento ha cominciato a prendere le distanze da quanto era accaduto: mancando di una struttura verticistica, ognuno è libero di fare un’azione a nome di Extinction Rebellion a patto che vengano rispettati i suoi principi fondamentali – l’azione, veniva poi spiegato, era avvenuta senza il consenso di una maggioranza di attivisti che avevano espresso la loro contrarietà. Finalmente il movimento ha dovuto prendere una posizione netta, condannando quanto accaduto e dicendo che prendere di mira il trasporto pubblico nell’ora di punta era stato un errore, che devono essere riviste le strategie adottate e i processi decisionali. 

L’accusa che più è stata mossa a XR è di essere un movimento bianco, middle-class, che spettacolarizza il confronto con le forze dell’ordine, e che si mostra sordo alle voci e alle istanze di soggetti diversi. Il fallimento totale della giornata, che tradisce una difficoltà che non riguarda solo le strategie – molti si sono chiesti il senso di una giornata dedicata al trasporto pubblico – ha dato spazio all’emergere di istanze che sono decisive e strutturali, rimase inascoltate: un post di Extinction Rebellion Scotland, divenuto virale, mostra due foto di due striscioni su cui è scritto “Decolonize XR” e “Climate Struggle = Class Struggle”. Si tratta di striscioni usati durante le due settimane di protesta indette da XR, con cui il collettivo scozzese aveva deciso rendere visibile istanze che la base inglese aveva invece rifiutato di discutere. 

Nel testo si elencano le questioni che il movimento deve affrontare, in primis la disparità tra nord e sud globale: «Se continuiamo a concentrarci solamente sui ‘nostri figli’ e non sulle persone che stanno morendo ora, rischiamo di lasciare ampio spazio all’eco-fascismo». La lotta per il clima deve nominare chiaramente le cause del cambiamento climatico e delle ingiustizie sociale, che sono il capitalismo e il colonialismo. Il post riposta poi un episodio avvenuto durante un corteo in cui una donna di colore ha chiesto al megafono che si smettesse di cantare «Police, we love you, we’re doing this for your children too» (agenti vi amiamo, facciamo questo anche per i vostri figli), zittita poi da una donna bianca. Il post chiede a alle persone bianche, middle-class che dominano il movimento di farsi da parte, di lasciare il megafono e di ascoltare. Infine linka i principali articoli che criticano il movimento, fornisce una vera e propria rassegna stampa sui temi che devono essere affrontati, a seguito di queste due settimane di protesta, che affianco al successo di numeri ed estensione globale delle mobilitazioni, proprio nel paese natale del movimento hanno fatto esplodere contraddizioni finora sopite. 

La maggior parte di questi articoli sono scritti da attivisti, persone impegnate da anni in vari settori e in battaglie certamente più lente e meno visibili. Per lo più accusano XR di non interloquire con le realtà già esistenti, con le comunità che nei territori hanno strutturato battaglie locali. C’è da notare che si tratta di critiche e non di attacchi, di articoli che interrogano la capacità di crescita del movimento, della necessità di un allargamento che non potrà prodursi in forza della mera spettacolarizzazione delle azioni, in virtù solo dell’attenzione mediatica, ma che ha bisogno di affrontare temi cruciali, di produrre un discorso chiaro su quali siano i legami tra cambiamento climatico, capitalismo, colonialismo e imperialismo. 

Critiche a cui il movimento ha già in un certo senso cominciato a rispondere, ma con una confusione, c’è da notare, che continua a riguardare i soggetti al centro della protesta. Il 18 ottobre si è tenuta una Red hand march, una manifestazione in cui i partecipanti hanno marciato con le mani macchiate di rosso. Il comunicato recita: «Alzeremo le mani rosse, assumendoci la responsabilità delle nostre azioni – tutti abbiamo sangue nelle nostre mani. Marciamo ammettendo e riconoscendo il ruolo che svolgiamo nell’ingiustizia di questa emergenza e nella sofferenza che colpisce migliaia di persone in tutto il mondo a causa del clima e del collasso ecologico». 

Se per un verso questa è una presa d’atto del privilegio bianco di cui parlano i critici di XR, per altro è un’affermazione che sembra ancora confondere, nella sua componente inglese, quali sono le cause e chi sono le vittime del cambiamento climatico. La confusione più grande sembra ancora riguardare questo “noi” collettivo e corale, transnazionale, che il movimento costruisce e che mira a costruire, che a tratti, tuttavia, ancora echeggia un “noi” di stampo neoliberale, un noi che si ritiene parte del problema e che è dunque spronato ad agire – individualmente – assumendosi le responsabilità di una situazione globale. Fino a quando il movimento inglese non avrà preso le distanze in maniera netta e allo stesso tempo articolata da logiche in realtà mirate a che non si produca conflitto – la logica che dà un peso eccessivo agli stili di vita individuali, dalla differenziata alle lampadine a basso consumo, e che non interroga i sistemi di produzione di ciò che gli individui, la parte finale della catena, utilizzano – continuerà a esserci il problema di chi sono i soggetti di questa lotta. Quello che emerge molto chiaramente dalle critiche a XR è che non esiste alcuna umanità generica, universale, neutra – la specie “uomo” che avrebbe causato il surriscaldamento del pianeta. Le lotte sono il frutto di alleanze tra soggetti specifici e situati, che nominano soggetti altrettanto specifici che alimentano un ordine e un sistema e che sono la causa della crisi climatica. Un “noi” davvero inclusivo potrà costruirsi probabilmente solamente lungo questa direttrice, che nomina chiaramente i legami tra crisi climatica e capitalismo e inoltre consente ai singoli soggetti di nominarsi in prima persona, senza che altri lo facciano per loro includendoli in un “noi” per certi versi ancora troppo indefinito e per questo escludente.  

Foto di copertina di Extinction Rebellion Scotland