ROMA
Cosa c’è dietro le minacce di sgombero di centinaia di spazi sociali romani
Dal Salva-Roma al commissario Tronca, passando per Marino. Il comunicato della Rete per il Diritto alla Città: meccanismi, strumenti e scopi dell’attacco agli spazi sociali.
La crisi economico-finanziaria in cui siamo immersi da anni e la conseguente logica del debito sono diventati gli alibi attraverso i quali imporre, a diversi livelli, poteri tecnici e polizieschi. Di fatto siamo alla cinica attuazione dell’aforisma di Friedman secondo cui “lo shock serve a far diventare politicamente inevitabile ciò che è socialmente inaccettabile”.
Le politiche monetariste e di austerità diventano lo strumento mediante il quale scaricare gli effetti sui cittadini. I vincoli di bilancio diventano prioritari rispetto alla garanzia dei diritti fondamentali.
Con la costituzionalizzazione dell’obbligo del pareggio di bilancio si arriva addirittura da una formale legittimazione di tale involuzione culturale e politica.
Si restringono i parametri del patto di stabilità interno facendo diventare gli Enti Locali i luoghi sui quali far precipitare la crisi.
Si costruiscono meccanismi predatori attraverso l’imposizione di piani di rientro dal debito. In questa direzione agisce il decreto “Salva Roma”.
Si realizza, così, la cosiddetta “trappola” del debito. Un debito per gran parte illegittimo creato dalla progressiva finanziarizzazione dell’economia e della società.
Ciò che era socialmente inaccettabile, ovvero privatizzazioni dei servizi, vendita del patrimonio pubblico, restringimento degli spazi di democrazia, diviene politicamente inevitabile anche perchè interiorizzato da gran parte delle forze politiche che governano sia a livello nazionale che locale.
Le ammnistrazioni che si sono succedute al governo della città di Roma non hanno minimamente preso le distanze da questo approccio. Anche l’esperienza di Marino e della sua Giunta ha perseguito pedissequamente il disegno di austerità impostogli dal Governo Renzi, dimostrando la netta subalternità all’ideologia oramai dominante. Nonostante ciò, i poteri forti hanno deciso di staccare la spina avviando un nuovo ciclo di sottrazione, formale e sostanziale, degli spazi di democrazia. Roma, quindi, diventa l’ennesimo caso eclatante in cui, dopo EXPO, si sperimentano pratiche di eccezionalità giuridica, che vanno dalla creazione di status emergenziali ai super poteri commissariali, passando per dispositivi di controllo prefettizio. Quest’ultimo, peraltro, lontano ad accompagnare Roma fino alle prossime elezioni di giugno quanto piuttosto volto a disegnare attraverso il recente DUP la completa faccia che Roma dovrà assumere per i prossimi anni: privatizzazione dei servizi pubblici e cancellazione definitiva di quegli spazi sociali che si oppongono a questa logica proponendo un modello alternativo basato sulla gestione partecipativa e condivisa dei beni comuni. Così, in fase pre-elettorale, siamo di fronte ad un’accelerazione dei processi di privatizzazione mentre altre lettere di sgombero continuano a sopraggiungere agli spazi.
Ed è stata, in realtà, proprio l’amministrazione Marino a dotarsi dell’infame strumento della delibera 140 “la cosiddetta delibera Nieri”, poi modificata in delibera sull’alienazione del patrimonio pubblico n. 6 del 2015 dell’assessora Cattoi per cancellare la storia mutuale e sociale di più di 800 spazi a Roma. Uno strumento legislativo per cui dietro l’alibi della regolarizzazione e legalizzazione si nasconde un pericolosissimo dispositivo con cui eliminare esperienze, anche decennali, di autogestione e offerta di servizi soprattutto in quartieri periferici, abbandonati dalle istituzioni, e che da anni costruiscono argini al degrado sociale, culturale ed ambientale.
In questo quadro la rete per il Diritto alla Città rivendica la valorizzazione di tutti questi spazi, rivendicando l’immediata revoca della delibera 140. E chiarendo fin da subito la non disponibilità a subire dall’alto un nuovo processo legislativo ad opera di chi avrà la sfortuna di governare una Roma dilaniata da una delle peggiori giunte, persino peggio del fascista Alemanno considerando il numero di sgomberi e di minacce di sgomberi che questa città ha avuto nella storia, ma cercando di costruire dal basso un processo che metta al centro la valorizzazione dell’uso comune degli spazi comuni, che metta al centro un cambio di paradigma a partire dalle tante sperimentazioni sociali, di costruzione di cultura indipendente, di tentativi di reinventare la quotidianità, lavoro, convivialità che a Roma si danno per arginare la deriva individualista imposta dalla solitudine competitiva a cui vorrebbero sottoporci.
Ribaltare l’approccio sin qui avuto dall’amministrazione capitolina esigendo l’autonomia di questi spazi mediante il riconoscimento della loro legittimità e autodeterminazione, anche attraverso il riconoscimento giuridico della comunità occupante, cosi come successo recentemente all’ex-asilo filangeri di Napoli. Portare solidarietà e costruire semi di resistenza e di attacco alle tante iniziative pubbliche di confronto che nella città si stanno costruendo, a partire dalla riunione cittadina indetta nelle prossime ore a Casale Falchetti e all’assemblea pubblica di martedì 26 ad Esc. Con la coscienza che i meccanismi di ricomposizione e coesione trovano base solida se in grado di ri-pensare alla trasformazione sociale nella sua totalità, mettendo al centro della riflessione ed azione il tema generale della riappropriazione sociale, provando a rendere più forti e far intrecciare le singole vertenze aperte sui temi dei beni comuni e dei servizi pubblici locali, attraverso un approccio “sistemico” alla comunità locale, capace di mettere radicalmente in discussione la questione del debito locale, del patto di stabilità interno e il “mantra” del “i soldi non ci sono”.
Continuare a proseguire il percorso e mobilitazione contro privatizzazioni, sgomberi e distacchi, e più in generale contro le pericolosa espansione della sfera d’influenza dei grandi interessi finanziari sulla città.
Rete per il Diritto alla Città