EDITORIALE

Così, Toni, ti ricordiamo. Immenso

Ci ha lasciato Toni Negri, militante comunista e operaista, filosofo materialista, amico e compagno di tante e tanti di noi. Ci ha insegnato l’esercizio della libertà

Una vita singola è grande, quando splende dei fatti di un mondo, quando complica, dentro di sé, la storia nella quale ha preso forma. È il caso di Toni Negri, militante comunista e operaista, filosofo materialista, amico impareggiabile di tutti noi. Ci ha lasciati poche ore fa, lasciando un vuoto enorme, un abisso, che solo la prassi potrà aiutarci a superare.

Con Toni Negri, molte e molti di noi hanno imparato a fare inchiesta, per conoscere il lavoro precario nelle metropoli contemporanee; hanno imparato a leggere Lucrezio e Spinoza, Marx e Foucault; hanno imparato a fare riviste, a contaminare lotte e riflessione teorica; a vivere da comunisti, ovvero col tempo che non basta mai, a emozionarsi senza fine quando le onde e le maree salgono, con la vita – quella normale – che bussa alla porta, sempre impietosa. E poi, Toni ci ha insegnato a ridere della tragedia; perché la storia è tragedia, ma per questo è anche rivoluzione, dismisura, comune.

Ha vissuto il Novecento tutto, e fino in fondo, Toni Negri. La guerra, la perdita del fratello, la militanza cattolica, quindi quella socialista e i “Quaderni rossi”, la reinvenzione del marxismo ai cancelli delle grandi fabbriche del Nord: a Marghera, a Torino, a Milano. A differenza di molti della sua generazione, capisce che il Sessantotto cambierà il mondo, decide quindi di farsi trascinare e di vivere il cambiamento: da Potere Operaio ai collettivi milanesi di “Rosso”. Quindi la furia repressiva, della DC senz’altro, ma anche e tanto del PCI. Dopo quattro anni di carcere preventivo, la fuga in Francia, la ricostruzione faticosa di una vita libera, di una nuova speranza di lotta, di concetti capaci di afferrare il tempo col pensiero. È così che, proprio a Parigi, tra la fine degli anni Ottanta e gli inizi degli anni Novanta, l’affermazione del postfordismo viene indagata nel dettaglio, alla ricerca di una teoria politica all’altezza del salto di paradigma.

Tornato in Italia alla fine dei Novanta, continuando a scontare la furia repressiva tra carcere e semilibertà, la vita di Toni si incontra con la nostra. Ancora per capire il lavoro vivo, per organizzarne pazientemente le lotte, per non prendere sul serio le mode e dedicarsi alle questioni che contano. Fino a Genova, fino al movimento per la pace, fino alla ripresa dei movimenti studenteschi, fino alle insurrezioni francesi, fino alla marea femminista.

Quanta curiosità, Toni. Inquieto, non sapeva stare troppo fermo. Finalmente libero dalla repressione, ha amato viaggiare e conoscere per una seconda volta il mondo tutto, dal Brasile alla Cina. Il suo spinozismo era uno stile di vita: combattere la tristezza, favorire gli incontri gioiosi, affermare la gloria della vita comune. Così, Toni, ti ricordiamo. Immenso, perché sapevi (e dicevi) che la morte non esiste. Sapienza antica, epicurea; consapevolezza che solo vivendo, mossi (o posseduti, ma fa lo stesso) dal desiderio di vivere e di pensare, si può essere eterni.     

Stringiamo in un abbraccio pieno d’amore Judith, Anna, Francesco e Nina

Foto di copertina di Tano D’Amico