ITALIA
Progetto Cool City, intervista ad Alexander Valentino
A Napoli nasce un progetto ecologico per usare le risorse, come l’acqua, senza abusarne e nel rispetto dell’ambiente. Ripensando l’idea e la struttura delle città, nell’ottica di convivere con i cambiamenti climatici in atto e con un pianeta surriscaldato
Il Progetto Cool City nasce con l’obiettivo del recupero delle acque disperse della città metropolitana di Napoli, e di un loro riuso per salvaguardare la biodiversità, rinaturalizzare la città e contrastare i cambiamenti climatici a livello urbano. Pubblichiamo questa intervista ad Alexander Valentino, architetto co-fondatore dell’Osservatorio Nomade e di Laboratorio Architettura Nomade, attivista nel campo dell’inclusione delle popolazioni Rom e coordinatore del progetto Cool City.
Cos’è Cool City e come nasce?
La storia della città di Napoli è intrisa delle sue acque. La sua nascita, il suo sviluppo e la sua forza si sono potute realizzare grazie alla varietà e all’abbondanza delle acque presenti sul suo territorio. I racconti della città e del suo popolo, i disegni, i quadri, le mappe ci parlano, insieme alle cento fontane a secco, della presenza e abbondanza di quest’acqua.
Come mai noi non la vediamo? Dove è nascosta?
La risposta è che oggi quest’acqua viene gettata via, in fogna o al mare, in barba a qualsiasi logica. Cool City è un progetto multidisciplinare che vede il coinvolgimento di enti, università, gruppi e singoli professionisti, comitati, associazioni e cittadini attivi che mira a riportare in superficie quest’acqua per farla scorrere e irrigare la nostra città, un po’ come faceva un tempo.
Come pensate di realizzare questa idea?
Il progetto è strutturato oggi soprattutto per approfondire la conoscenza dell’acqua presente sul territorio esteso della città di Napoli, diciamo del golfo, quindi le acque fluenti che raggiungono la costa, da Castellammare a Baia per intenderci. Strano ma vero, non c’è alcuna documentazione recente a riguardo. Gli ultimi studi seri e completi hanno quasi cent’anni. La nostra ricerca mira a dare nuove prospettive di utilizzo di questa risorsa, in un’ottica di recupero del rapporto ancestrale che il territorio napoletano aveva con le sue risorse naturali. Attraverso l’acqua proponiamo una rigenerazione ambientale e sociale per un maggior comfort cittadino.
In che modo la riqualificazione delle acque sotterranee di Napoli contrasterebbe il cambiamento climatico?
Cool City propone di declinare l’impiego dell’acqua in varie modalità, alternative all’uso potabile, per perseguire la ri-naturalizzazione; la conservazione e l’aumento della biodiversità; ma anche per un suo utilizzo per l’irrigazione agricola; per l’uso in reti duali al fine di risparmiare le risorse idriche ad uso potabile, nell’industria, in condomini, autorimesse etc; per i lavaggi, anche delle strade come accade ad esempio a Madrid o Parigi; attraverso il ruscellamento superficiale di queste acque, quindi sostenendo la progettazione di aree blu e aree verdi è possibile abbassare anche di 8-10° le alte temperature. Da qui li titolo del progetto Cool City per una progettazione ai fini del rinfrescamento climatico.
Napoli è conosciuta nel mondo per essere una città caotica e congestionata dal traffico, sporca e inquinata, come pensate di realizzare concretamente queste visioni?
I cambiamenti climatici in atto ci spingono a pensare come potremo vivere in futuro. La città di Napoli è stata per millenni un esempio di armonia tra natura e uomo. Se vogliamo continuare a vivere in questi territori, anche nelle lunghe estati quando le temperature raggiungono i 40/45/48/50° C (fa paura solo nominarle queste temperature), dobbiamo trovare delle soluzioni che ce lo consentano.
Io sono dell’opinione che dobbiamo agire subito per prepararci a convivere col nostro territorio anche con queste prospettive. Immaginare come ciò sia possibile è necessario per la sopravvivenza di questa città. Se nelle nuove città di fondazione si progetta nell’ottica di convivere con i cambiamenti climatici in atto e con un pianeta surriscaldato, qui a Napoli noi possiamo immaginarci un restauro urbano per consentire una vita nella Napoli del futuro, anche in condizioni climatiche estreme. Se Napoli è stata una delle più belle e confortevoli città del mondo e oggi, diciamo, che non è proprio il massimo, non possiamo immaginarci che tra 50, 100, 150 anni Napoli possa ritornare ad essere una bella e confortevole città, anche d’estate?
Ma come si realizza tutto ciò?
Napoli è stata costruita insieme al suo acquedotto sotterraneo. I palazzi, i quartieri, gli spazi fuori terra sono stati realizzati solo dopo aver infrastrutturato gli spazi sottoterra. Questa macchina idraulica che capta le acque discendenti dal Vesuvio e dal nolano, le sorgenti locali e le falde acquifere può essere certamente riutilizzata.
Durante questi tre anni di ricerche abbiamo trovato evidenza di canali dimenticati pronti all’uso e abbiamo trovato delle portate notevoli di acqua, limpida, buona, anche se non sempre potabile, buttata in fogna. Ci sono evidenti elementi del progetto per Cool City già lì, nascosti, pronti all’utilizzo. Attraverso un progetto pilota, crediamo di poter dimostrare la validità della proposta e i risparmi energetici che riporterebbe in termini di miliardi di euro annui, se realizzati sul territorio vasto della città di Napoli.
Quali sono gli obiettivi a medio termine di Cool City?
A medio termine puntiamo alla realizzazione di un atlante delle acque di Napoli e del suo Golfo. Una raccolta dettagliata di carte storiche, dipinti, fotografie e scritti che hanno raccontato di queste acque, e nuove mappe, documenti anche scientifici che ci spiegano della particolare predisposizione dei nostri territori ad accogliere questa preziosa risorsa. Professionisti, esperti della materia e del territorio ci sostengono nella ricerca e partecipano all’ATLAS. Interviste a testimoni oculari arricchiranno il volume con il racconto delle esperienze vissute con l’acqua di Napoli: chi si è tuffato dal ponte della Maddalena (Che cos’è? Dove si trova? Ma come ha fatto a tuffarsi? Si domanderanno tutti); chi invece in punto di morte voleva bere ancora un bicchiere di acqua ferrata del Chiatamone (e dove si prende?); perché il Poggio Reale non è il cimitero né il carcere. Insomma, racconti e storie inedite, quasi inaudite.
Il vostro progetto è stato presentato all’ultima Biennale di Architettura di Venezia nel Padiglione Coreano, collaborate con varie università statunitensi, cosa vi manca per trovare un sostegno locale che vi permetta di realizzare i vostri progetti? Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dovrebbe attenzionare proprio progetti di questo tenore, quali sono gli ostacoli che impediscono una attenzione del progetto Cool City da parte delle autorità competenti?
Certamente una questione fondamentale è la confusione legislativa che non prevede pochi enti titolati a occuparsene: innumerevoli tra assessorati all’ambiente, all’urbanistica, ai lavori pubblici, al Ciclo Integrato delle Acque, al Sottosuolo, al Demanio, di Regione, Comuni, poi ci sono gli Enti di Bonifica, gli acquedotti, gli Ambiti Distrettuali…ecc., non si finisce più.
Fino a quando avevamo come sindaco Luigi De Magistris potevamo comprendere gli ostacoli politici che impedivano un finanziamento della Regione Campania o del Governo Nazionale, ma con l’attuale sindaco queste beghe non esistono più. Sembra che oggi non ci sia al momento alcun interesse a promuovere progetti sostenuti dalla cittadinanza attiva. Eppure, la Commissione Europea ritiene la partecipazione della popolazione locale indispensabile per la realizzazione di progetti urbani e sociali.
Da oltre tre anni proponiamo di presentare Cool City ai responsabili della Regione Campania ma non ci hanno mai dato alcuna opportunità. Io non credo ci sia un vero interesse da parte della politica italiana di perseguire gli obiettivi che le istituzioni europee richiedono, il cambiamento ecologico, probabilmente non riescono neanche a comprenderlo, non hanno alcuna cultura in merito.
Qual è il ruolo della società civile napoletana per il vostro lavoro di ricerca?
È proprio questo il punto forte di Cool City, i cittadini napoletani. Tutti sono entusiasti per Cool City. Ci mostrano le loro mummare (le giare di terracotta utilizzate fino al 1973 per trasportare le acque della città), le fotografie scattate dai loro nonni con l’acqua che scorreva, i racconti di quando pescavano nel Sebeto o quando sguazzavano nella lava dei Miracoli. Sono molti coloro che riconoscono le emozioni scaturite dalle nostre acque, grazie proprio a quello che l’acqua di Napoli ha suscitato agli artisti del passato, giunto a noi attraverso le loro opere. Direi che Cool City è un progetto dedicato ai cittadini napoletani e senza di loro non avrebbe senso portarlo avanti.
Immagine di copertina da wiki commons