MONDO

Commovente notizia in Argentina, ritrovato il nipote numero 133

L’annuncio del ritrovamento del Nieto 133 ha commosso l’Argentina: pubblichiamo il comunicato dell’organizzazione delle Abuelas de Plaza de Mayo che ricostruisce la vicenda del nipote ritrovato pochi giorni fa cercato da 46 anni dalla famiglia Santucho, che ha una grande storia di lotta e resistenza ed è stata duramente colpita dal Terrorismo di Stato (alcun* dei familiari esiliati vivono tuttora a Roma), e dalle organizzazioni per i diritti umani

Con immensa gioia le Abuelas de Plaza de Mayo comunicano la restituzione del figlio di Cristina Navajas e Julio Santucho, nipote della Abuela Nélida Navajas, figura fondamentale della stessa organizzazione per i diritti umani Abuelas. Nélida ci ha lasciati nel 2012 senza aver mai potuto abbracciare il nipote tanto anelato, ed è stato suo nipote Miguel “Tano” Santucho, a continuare la ricerca familiare assieme alle Abuelas.

Il nipote 133 si è incontrato con suo padre, i suoi fratelli e la sorella, e una enorme famiglia che è stata duramente colpita dal terrorismo di Stato ma che ha anche una grande storia di lotta. Questo nuovo caso è il risultato di una società che, dopo quaranta anni di democrazia (si celebra quest’anno il quarantesimo anniversario del ritorno alla democrazia in Argentina, ndt), continua ad esigere la verità su quanto accaduto ai desaparecidos e con alle centinaia di bambini e bambine appropriate, e continua a scommettere sulla costruzione di memoria, verità e giustizia, affinché questi crimini così orrendi non si ripetano mai più.

La storia

Cristina nacque nel mese di settembre del 1949, nella città di Buenos Aires. Ottenne il diploma di maestra alla Scuola Normale N°1 e poi studiò Sociologia all’Università Cattolica Argentina. Lì conobbe Julio, il minore della famiglia Santucho. Entrambi militavano nel Partito Rivoluzionario dei Lavoratori. Cristina militava ad Avellaneda (Municipio dell’area metropolitana di Buenos Aires, ndt) e ricoprì diversi incarichi nel partito.

Nel momento in cui fu sequestrata, era docente delle scuole del Partito, dove insegnava Storia della Rivoluzione Latinoamericana. Nella casa paterna dei Santucho – una famiglia tradizionale di Santiago del Estero (provincia del nord occidente dell’Argentina, ndt), il clima era caratterizzato da una grande partecipazione politica tra i dieci fratelli e sorelle. I dibattiti ideologici furono superati quando Mario Roberto Santucho (comandante del PRT ERP, la guerriglia marxista argentina, assassinato il 19 luglio 1976, ndt), il settimo figlio maschio, mise d’accordo la maggior parte dei fratelli che cominciarono la loro militanza nel Partito Rivoluzionario dei Lavoratori (PRT) e nell’Esercito Rivoluzionario del Popolo (PRT-ERP). Julio era il decimo figlio, e per lui si prospettava una carriera religiosa. Iniziò gli studi, ottenne la laurea in teologia e stava quasi per diventare prete, quando conobbe Cristina nei corridoi della facoltà. Nel 1972 si sposarono, nel 1973 ebbero il loro primo figlio, Camilo, e nel 1975 Miguel.

Cristina fu desaparecida, incinta, il 13 luglio del 1976. L’operativo del sequestro avvenne in un appartamento della famiglia Santucho, in Avenida Warnes 735, dove stava vivendo la cognata Manuela con suo figlio di un anno appena, Diego. Cristina si trovava li con i suoi figli per caso. Con lei si trovava un’altra compagna di militanza, Alicia D’Ambra, anche lei incinta di un bambino che stiamo ancora cercando.

Una patota (così venivano chiamate le squadra armate di sequestratori durante la dittatura, ndt) sequestrò le tre donne e lasciò soli i tre bambini nell’appartamento. Una vicina avvisò Nélida su quanto era avvenuto, ma nessuno si avvicinò ad aiutarli. Nélida andò a prendere i bambini con Jorge, suo figlio minore, e già dall’entrata del palazzo sentì i pianti e le urla dei suoi nipoti. Lì incontrò una borsa con dentro una lettera che Cristina non era riuscita ad inviare a Julio, dove gli raccontava di avere avuto un ritardo e di essere convinta di essere incinta. Così, Nélida seppe che sua figlia stava aspettando il terzo figlio. Più avanti, grazie alle testimonianze di alcuni sopravvissuti, ebbe la certezza che la gravidanza di Cristina era stata portata a termine.

La notte stessa dell’operativo, Nélida ricevette una chiamata dalla figlia, che si presume fosse nella sede del Coordinamento Federale. Successivamente, fu vista presso Automotores Orletti, un centro clandestino di tortura agli ordini del SIDE (Servizi Segreti), nel quartiere di Floresta, nella città di Buenos Aires, dove passarono molte delle vittime del Plan Cóndor. Le tre donne furono detenute meno di un mese ad Orletti, ma furono torturate brutalmente, specialmente Manuela e Cristina, per essere parte della famiglia Santucho. Il giorno dell’operativo in cui cadde Mario Roberto “Roby” Santucho, quando fu sequestrata la sua compagna Liliana Delfino – anche lei incinta – venne ricordato dai sopravvissuti come un giorno di crudeltà senza precedenti. Il 13 agosto le tre detenute furono portate al centro clandestino Proto Banco, dove rimasero fino al 28 dicembre 1976.

Vi sono testimonianze di un’altra detenuta che conferma, ancora una volta, la gravidanza di Cristina e la sua enorme forza. Entrando al centro clandestino la misero in fila e lei a chi aveva a fianco disse subito: “Sono Cristina Navajas, militante del PRT-ERP, cognata di Roby Santucho e sono incinta”. Il messaggio aveva l’implicito obiettivo di segnalare la determinazione affinché suo figlio nascesse e la richiesta di continuare a cercarlo.

Il destino successivo fu il centro clandestino Pozo de Banfield. Cristina entrò in questo centro in uno stato avanzato della gravidanza. Secondo la testimonianza della sopravvissuta Adriana Calvo, si presume che Cristina rimase a Pozo de Banfield fino al 25 aprile 1977. Adriana arrivò lì il 15 aprile di quell’anno. Aveva appena dato alla luce sua figlia Teresa in un’auto della polizia, mentre la trasferivano da un centro clandestino ad un altro, il Quinto Commissariato di La Plata. Adriana raccontò che tutte le detenute volevano tenere la sua bebè, che lei passava di cella in cella per farla tenere a tutte. Raccontò anche la forza delle sue compagne di detenzione e anche che, quando le guardie cercarono di toglierle la bambina, le detenute composero una muraglia umana per impedirglielo. A Cristina le avevano già rubato il figlio.

La ricerca

Julio seppe del sequestro di sua moglie il giorno successivo, quando chiamò suo cognato Jorge per il suo compleanno. Immediatamente, iniziò le pratiche per far uscire i suoi figli dal paese (Julio si trovava in quel momento a Roma, ndt). Suo nipote, Diego, era già stato consegnato alla famiglia paterna, con cui rimase a vivere. Camilo e Miguel lasciarono l’Argentina con due militanti che si fecero passare per una coppia. Susana Fantino, compagna del Partito, simulò di essere la madre dei piccoli, e anni dopo iniziò una relazione con Julio e nel 1980 nacque la loro figlia Florencia. Intanto Nélida cercava in tutti i modi notizie della figlia. Si rivolse a tutti i contatti che aveva, politici, religiosi, militari. Non ottenne mai nessuna informazione per queste vie.

Non sapeva nemmeno se cercare un nipote o una nipote, ma solo che sarebbe dovuta nascere nel mese di febbraio del 1977. Ma non perse mai la speranza. Si unì alle Abuelas de Plaza de Mayo e mise la sua intelligenza e rigorosità a disposizione della ricerca collettiva. Andò in giro per il mondo quando le Abuelas cercarono un metodo scientifico che permettesse identificare i proprio nipoti in assenza dei genitori. Ha rappresentato l’Associazione delle Abuelas in occasione di innumerevoli incontri nazionali e internazionali, sempre accompagnata da suo figlio Jorge.

Miguel tornò per la prima volta in Argentina nel 1985, quando Nélida era segretaria delle Abuelas. Fu lì che comprese perché sua nonna era parte delle Abuelas de Plaza de Mayo. Nel 1993 si trasferì finalmente in Argentina ed ebbe la possibilità di ricostruire la storia della sua famiglia decimata dalla dittatura perché impegnata nelle lotte per la trasformazione sociale. Tra arrestati, assassinati ed esiliati, i Santucho arrivano a quasi venti persone colpite dalla repressione, di cui dieci desaparecidos e un bambino/a di cui siamo ancora alla ricerca.

Nel 1995 Miguel si unisce all’organizzazione HIJOS (organizzazione per i diritti umani che riunisce i figli di desaparecidos, ndt), e comincia a sentire la necessità di cercare suo fratello o sua sorella, e decide di fondare la commissione Hermanos dentro la sua organizzazione per accompagnare le Abuelas nella ricerca dei bambini appropriati dai militari. Magari per questo sua nonna Nélida vide in lui l’eredità della sua lotta, ed un giorno, simbolicamente, gli consegnò tutta la documentazione che aveva raccolto negli anni, prima di morire, il 2 maggio del 2012. Miguel era un nipote assiduo nel partecipare alle attività delle Abuelas, ma con la morte di sua nonna si avvicinò ancora di più all’organizzazione. Iniziò a partecipare alla Commissione Direttiva e al lavoro militante quotidiano, rappresentando l’istituzione, dando conferenze, visite guidate nella Casa per l’Identità e mettendo il suo cuore e la sua azione al servizio della causa.

La sua ricerca

Il nipote 133 si è avvicinato alle Abuelas spontaneamente. Era stato registrato come figlio da un membro delle forze di sicurezza e da una infermiera, il 24 di marzo 1977 (anniversario del golpe militare in Argentina). Fin da giovane, ha avuto dubbi sulla propria identità, era stato cresciuto come figlio unico con una sorella di venti anni maggiore che non viveva più con loro. Fu lei a confessargli che non era veramente figlio di quelli che si dicevano suoi genitori. In due diverse occasioni, affrontò l’appropriatore per sapere la verità, ma l’uomo ha sempre sostenuto di essere il suo vero padre biologico.

Ci volle tempo per riunire tutte le informazioni e prendere la decisione di avvicinarsi alle Abuelas, ma con molto coraggio ci riuscì. Dopo essersi presentato, come da protocollo, presso la CONADI – Commissione Nazionale per il Diritto all’Identità, portò avanti la ricerca documentaristica per poter, finalmente, realizzare alla fine di aprile di quest’anno il test del DNA presso la Banca Nazionale di Dati Genetici che ha confermato la sua vera identità.

La restituzione

Il 26 luglio, il nipote 11 è andato all’appuntamento presso la CONADI dove gli è stato comunicata la sua vera identità di figlio di Cristina e Julio, e solo allora sono state fatte le corrispondenti notifiche alla famiglia Santucho sparsa per il mondo. Cristina aveva espresso la volontà chiedendo che cercassero suo figlio. Nélida ha onorato questa volontà in modo straordinario ed è morta senza mai smettere di cercare sua figlia e suo nipote. Oggi tutte noi, le sue compagne, i nipoti e le nipoti, i fratelli che – come Miguel el Tano – sono in prima fila nella ricerca dei propri cari appropriati, rendiamo onore a Nélida e a tutte le Abuelas che non hanno mai perso la speranza di incontrare i propri cari. E ovviamente, rendiamo onore alle nostre figlie. Continueremo a cercare il figlio di Alicia D´Ambra, quello di Liliana Delfino e tutti i nipoti e le nipoti che ci mancano.

Perché ogni restituzione è un atto di riparazione per le famiglie, di verità e giustizia per la società, di memoria per le future generazioni. E’ la riaffermazione che la società argentina ha deciso di non dimenticare e sostenere le politiche pubbliche che rendono possibile conoscere la verità su quanto avvenuto durante l’ultima dittatura civico militare.

L’origine di ogni appropriazione di bambini ci ricorda quanto può essere violento e assassino lo Stato al servizio dell’oppressione e del terrore, ma le restituzioni rendono evidente il valore della vita democratica, dei diritti conquistati e delle libertà ottenute. Tutti e tutte, ogni giorno, dobbiamo difendere, sostenere e garantire la nostra democrazia, sradicando l’odio, il negazionismo, la costruzione dell’altro come nemico, mettendo al centro l’amore e il bene comune come orizzonte di lotta. Benvenuto Nipote 133, sei un trionfo della nostra democrazia!

Città di Buenos Aires, 28 luglio 2023

Immagine di copertina e articolo pubblicato da Abuelas de Plaza de Mayo. Traduzione di Alioscia Castronovo per Dinamopress