DIRITTI
Come mandare tre minorenni al CIE
Prosegue l’operazione del Comune di Roma contro i ragazzi stranieri ospiti dei centri per minori non accompagnati.
Questa settimana nuovi controlli a tappeto. Mentre la settimana scorsa tre minorenni sono finiti al CIE di Ponte Galeria. Per essere infine riaffidati al centro che li aveva in carico, dopo un calvario durato giorni. La testimonianza dei tre ragazzi.
Vedi anche: Non giocate con le nostre vite (28-03-2013)
La pasqua ha solo rimandato di un giorno l’implacabile macchina messa in moto dal Comune di Roma: i malcapitati della settimana saranno visitati oggi (mercoledì 3 aprile), ammesso che non cedano alla tentazione di allontanarsi dal centro, spaventati da quanto subito dai ragazzi sottoposti a controlli prima di loro. Le voci girano veloci e la storia dei ragazzi finiti al CIE ormai, nei centri per minori, la sanno tutti.
Un’operazione voluta in primis dal Comune di Roma, su cui ricade l’onere dell’accoglienza ai minori senza famiglia. E sui cui ricade innanzitutto il dovere di tutela: per lo Stato italiano, il tutore legale dei minori non accompagnati è il sindaco della città. Ma evidentemente Alemanno li considera “figliastri” e se ne vuole sbarazzare.
Non si tratta di qualche caso isolato: a quanto pare, negli accordi stretti con l’ospedale militare del Celio si prevede di sottoporre ad accertamenti medici forzosi fino a 800 ragazzi. Tutti giovanissimi stranieri, da considerarsi colpevoli a priori: è il teorema dei “finti minori”. Un teorema che aleggia in città da tempo, a fronte di un oggettivo abbassamento dell’età dei nuovi flussi migratori, in particolare dal Bangladesh, che andrebbe indagato e compreso meglio. Nuovi giovanissimi migranti per i quali Roma non è più città di transito, come nel caso dei minori afgani o iraniani, che da anni transitano “a frotte” in città senza che il Comune o le autorità muovano un dito. Eppure i traffici di cui sono vittime sono ben noti, e le rotte altrettanto. Ma ora che Roma è diventata la meta finale per nuovi flussi di ragazzi soli, la musica cambia.
Come da noi già denunciato, nel corso delle ultime settimane è stata avviata una procedura speciale che, stando agli elementi raccolti, il Comune di Roma preparava da mesi e che si va a inserire in un’indagine penale condotta dalla Procura di Roma per contrastare il traffico dei migranti e il loro sfruttamento. È inoltre emerso che le modalità della nuova visita di accertamento dell’età sarebbero state concordate anche con il Tribunale per i Minorenni, con il quale sarebbe stato stipulato un protocollo per consentire che i minori già dichiarati tali da una struttura ospedaliera pubblica vengano sottoposti a una nuova visita senza che nei confronti del singolo ragazzo sia stato emanato un ordine della magistratura: viene considerato sufficiente quello emanato dalle forze dell’ordine, su impulso del Comune di Roma.
Un’indagine investigativa che prevede la denuncia per reati molto gravi delle presunte vittime del traffico stesso: vittime che, dopo essere state denunciate, non vengono neppure ascoltate o interrogate ma sono oggetto di un ordine di espulsione immediata. Con tutto ciò che ne consegue, tanto per i diretti interessati quanto in conseguenza dell’effetto paura che questa operazione sta scatenando tra i circa duemila ragazzi stranieri in carico ai centri per minori non accompagnati di Roma.
Tre minorenni al CIE: la testimonianza raccolta da Yo Migro
Amin (nome di fantasia) ci chiama la sera del 28 marzo. È molto agitato: ci dice che i suoi amici sono in pericolo, sono in carcere. Cerchiamo di capire. È stato chiamato dai ragazzi espulsi dal centro. Immaginiamo non si tratti propriamente di carcere, ma del CIE di Ponte Galeria. Stabiliamo un contatto telefonico diretto con uno dei ragazzi trattenuti. Comunicare è quasi impossibile: non parla italiano o altre lingue veicolari. Ci passa un uomo adulto: conferma che i ragazzi sono lì a Ponte Galeria, reclusi come lui. Uno dei tre ragazzi è stato portato un’altra volta in ospedale per accertamenti. Gli altri due sono disperati. Non sanno perché si trovano lì. Le parole pronunciate al telefono sono comunque inequivocabili: carcere – perché? – aiuto!
Questi i fatti così come riferiti dai tre ragazzi*
Lunedì 25 marzo 2013
I ragazzi, accompagnati dall’assistente sociale del centro, si recano in autobus presso degli uffici siti di via Merulana. Hanno un colloquio individuale con 5 persone non meglio identificate e vestite in borghese, in presenza di un mediatore e della responsabile del centro. Ai ragazzi viene chiesto quando e come sono arrivati in Italia, dove vivono e di confermare la propria data di nascita. Vengono informati che, in caso di conferma della minore età, saranno sottoposti a visita medica il giorno dopo. Tornano al centro in autobus, accompagnati dall’assistente sociale.
Al rientro, la responsabile del centro gli dice che fanno ancora in tempo ad andarsene.
Martedì 26 marzo 2013
I ragazzi sono condotti in autobus all’ospedale militare del Celio. Sono accompagnati dalla responsabile del centro, dall’assistente sociale e da un’altra persona. All’ospedale del Celio vengono chieste loro le generalità, in presenza degli stessi 5 individui del giorno prima. Questa volta i cinque sono in divisa: sulle uniformi c’è scritto “Roma Capitale”. Ci sono poi tre medici e un mediatore sociale. I ragazzi firmano un documento di cui non conoscono il contenuto. Alla loro richiesta di chiarimenti, il mediatore risponde che non può dire altro.
La visita si svolge in presenza dei 3 medici. I ragazzi vengono denudati e l’osservazione si concentra su dentizione e peluria. Vengono sottoposti ai raggi X del polso. Dopo un paio d’ora di attesa, vengono portati all’Ufficio Immigrazione della Questura di Roma per il fotosegnalamento. Il trasporto avviene a bordo di due vetture della Polizia Locale di Roma Capitale. Verso sera, sempre le stesse due vetture li portano all’U.O. di Sicurezza Pubblica della Polizia Locale di Roma Capitale, in via Vincenzo Bonifati 93/95 a Ponte di Nona. Firmano dei documenti di cui non capiscono il contenuto e gli viene intimato di ripresentarsi presso quegli stessi uffici la mattina seguente.
Da Ponte di Nona vengono portati al centro per minori a ritirare gli effetti personali. Gli agenti entrano nel centro. Ogni ragazzo è portato da un agente nella propria stanza e “invitato” a sbrigarsi a prendere le sue cose e andarsene. Questo avviene tra le nove e le dieci di sera. È tardi, il centro per minori è pieno: la scena si svolge davanti a tutti. I ragazzi passano la notte in strada. Qualcuno dei loro coetanei riesce, di nascosto, a portargli delle coperte.
Mercoledì 27 marzo 2013
I tre ragazzi cercano di tornare da soli, come da ordini, all’unità di polizia locale a Ponte di Nona. Non riescono a ritrovare il posto (gli uffici sono stati difficili da individuare anche per l’avvocato e gli operatori di Yo Migro, con tanto di automobile e mappe). Passano un’altra notte in strada. Sono a digiuno: non hanno un soldo in tasca.
Giovedì 28 marzo 2013
I ragazzi, grazie alle indicazioni telefoniche di un coetaneo, riescono a raggiungere gli uffici di Ponte di Nona. Qui firmano dei documenti di cui non conoscono il significato e sono riportati all’Ufficio Immigrazione, dove vengono prese ancora una volta le impronte. Riescono a capire che sorge qualche problema tra gli agenti della polizia di Roma Capitale e quelli dell’Ufficio Immigrazione. Ciascun ragazzo viene condotto in una stanza, dove due agenti della Questura gli chiedono l’età e documenti che la comprovino. I ragazzi esibiscono il referto della prima visita medica di accertamento dell’età. Quella a cui si erano sottoposti, come da prassi, all’atto dell’emersione in Italia e della conseguente presa in carico in quanto minori non accompagnati.
Le due volanti della Polizia Locale di Roma Capitale li portano al CIE di Ponte Galeria.
A Ponte Galeria, un medico chiede loro ancora una volta l’età e l’esibizione di attestazioni al riguardo. I ragazzi mostrano il referto. Uno dei 3 viene riportato a Roma, in un altro ospedale, e sottoposto ancora ai raggi X. Ricondotto a Ponte Galeria, passa la notte con gli altri due.
Venerdì 29 marzo 2013
I tre ragazzi sono riportati all’Ufficio Immigrazione, forse in presenza di un avvocato. Qui il ragazzo sottoposto ai raggi X la sera prima viene riconosciuto minore e ricondotto al centro di accoglienza. Gli altri due sono invece portati a loro volta in ospedale per nuovi accertamenti. Il responso dell’ospedale pare sia per entrambi di 18 anni spaccati. I ragazzi vengono reclusi al CIE per la seconda notte consecutiva, dopo un passaggio all’Ufficio Immigrazione dove viene loro permesso di avere il primo contatto diretto con l’avvocato dell’associazione Yo Migro.
Sabato 30 marzo 2013
In mattinata sono condotti dinanzi a un giudice, in presenza di un avvocato d’ufficio, senza preavviso d’udienza. Non capiscono molto di quanto accade, tranne che saranno riportati al centro per minori. Qualche ora dopo una macchina della Guardia di Finanza li riconsegna al centro di accoglienza. Il centro rilascia loro una dichiarazione di ospitalità accompagnata da certificato di nascita e non più, come avviene di solito, dal referto della prima visita medica: quella che ne aveva accertato in prima istanza la minore età.
*Testimonianza raccolta il 1 aprile 2013 a Roma dagli operatori dell’A.p.s. Yo Migro con l’assistenza di un mediatore linguistico. Ci chiediamo cosa ne sarebbe stato dei ragazzi, se non fossero riusciti a stabilire un contatto l’esterno.
Il parere del dott. Carlo Bracci, di Medici contro la Tortura, sui metodi di rilevazione dell’età. Intervista realizzata con la collaborazione di Esc Infomigrante
Per maggiori informazioni: segreteria@yomigro.org
Associazione di promozione sociale Yo Migro – Orgoglio Meticcio
Tra le attività settimanali di YoMigro presso il centro sociale Strike di Roma, la scuola di italiano per stranieri, lo sportello di consulenza amministrativa e legale e il centro di orientamento sanitario “Ambulanti”.