ITALIA
Climate Strike: verso un autunno di lotta ecologista
Il primo sciopero del clima avviene a due giorni dalle elezioni politiche e in un paese profondamente colpito dalla crisi climatica. Un primo momento di lotta verso un autunno dove il conflitto ecologista sarà fondamentale
Il movimento ecologista si appresta ad affrontare l’autunno di mobilitazioni in uno scenario per molti versi drammatico ma non privo di spiragli di lotta aperti.
Va riconosciuto anzitutto un fattore: l’estate ha visto svolgersi una quantità estremamente significativa di campeggi ecologisti in tutto il paese, da Torino a Taranto, da Ostuni alle Alpi Apuane, passando per Venezia.
La centralità della lotta climatica è emersa per la pluralità di appuntamenti, la varietà dei contesti geografici in cui le iniziative hanno avuto luogo, il numero significativo di partecipanti di ogni età e la capacità di intersecare la tematica ecologista con altre lotte e con altri assi paralleli di potere come genere, classe, razza. Mobilitazioni significative ci sono state anche nei territori dove piani del governo intendono costruire rigassificatori, cioè Piombino e Ravenna. Un secondo fattore è altrettanto evidente: la gravità dell’emergenza climatica.
Ormai il nostro paese è a tutti gli effetti travolto dalle sue conseguenze, in primis la grave crisi idrica e le temperature eccezionali che abbiamo vissuto durante l’estate. Più recenti vi sono stati i nubifragi nella provincia di Pesaro Urbino, anticipati da altri eventi simili ad agosto.
Molti studiosi stimano che l’autunno potrebbe essere contraddistinto da ulteriori accadimenti di questo tipo per la combinazione tra l’acqua del Mediterraneo, eccezionalmente surriscaldata che provoca precipitazioni e il terreno inaridito a causa della siccità prolungata, che rende molto più difficile assorbire le stesse precipitazioni.
Secondo l’istituto europeo per il clima Copernicus è stata l’estate più calda degli ultimi 30 anni, ben più calda della famosa estate 2003. Non va poi dimenticato il crollo di parte del ghiacciaio della Marmolada nel mese di Luglio, e in generale la situazione di profonda sofferenza idrica delle montagne che sono pure la nostra principale fonte di approvvigionamento di acqua dolce.
La crisi climatica non fa più solo danni ingenti, miete sempre più vittime, e non solo per i disastri: le stime finora fatte per il mese di luglio parlano di una significativa crescita della mortalità attribuibile alle ondate di calore.
ELEZIONI CLIMATICHE?
In un paese “normale”, una situazione del genere sarebbe al centro del dibattito politico, e invece, nonostante la campagna elettorale per le elezioni, la crisi climatica non è quasi mai stata oggetto di un dibattito serio e strutturato, complice anche un apparato mediatico che si ostina a negarla e a chiamare maltempo eventi atmosferici che nulla hanno a che vedere le irregolarità del meteo.
Il problema della nostra dipendenza strutturale dal gas russo è emerso in modo inequivocabile a causa della crisi Ucraina ma le alternative proposte dalla classe dirigente in questi mesi sono interamente focalizzate sul reperimento di altro gas fossile, mentre nulla o quasi è stato proposto per accrescere la nostra quota di energie rinnovabili.
Il combinato disposto di crisi climatica e crisi energetica è un ulteriore fattore che permette di oscurare la gravità della situazione, perché più cresce la preoccupazione collettiva rispetto alle forniture di gas, più si tralascia il pesante impatto climatico di questo fossile.
Eppure, secondo uno studio recente, si potrebbe rinunciare del tutto al gas a favore delle rinnovabili in un arco di tempo limitatissimo, soli tre anni. Nessuno ammette che la politica energetica del paese è costruita in linea con le strategie della compagnia di stato per eccellenza, Eni, che ha nel gas il suo asset di sviluppo maggiore, e nessun governo lo metterà in discussione.
Molti partiti hanno voluto proporsi in quanto capaci di risolvere la crisi energetica. Per questa ragione i rigassificatori sono stati difesi a spada tratta da quasi tutto l’arco dei candidati, mentre la destra ha nuovamente agitato la bandiera del nucleare, retoricamente aggettivato come “sicuro”. La contraddizione lampante tra gli extraprofitti fatti dalle multinazionali del fossile e la crescita esponenziale delle bollette con conseguenze pesanti per le fasce più povere del paese è rimasta sottaciuta, quasi a non voler disturbare nessuna lobby o multinazionale, né a fomentare proteste.
Vi sono stati alcuni momenti in cui i temi ecologisti promossi da parti del movimento, sono riusciti a fare da capolino nella campagna smuovendo un po’ le acque. Il caso più eclatante è stata la discussione inerente jet privati. Si è alzato il velo su uno dei tanti legami tra questione di classe e questione ecologista, dimostrando il peso ecologico insostenibile dei jet privati anche in un paese piccolo come il nostro.
L’account twitter e instagram Jet dei ricchi ogni giorno sforna cifre, calcoli, mappature proporzioni per dimostrare che un provvedimento semplice quale il divieto di sorvolo del paese per tratte brevi da parte dei jet privati ridurrebbe in modo incredibile il nostro peso climatico. Ovviamente la nutrita schiera di giornalisti e pensatori liberali ha guardato inorridita alla proposta che avrebbe il merito di affrontare la questione climatica, di riconoscere la sua dimensione di classe e al tempo stesso rifiutando proposte che invece colpiscono in modo lineare la popolazione.
Questo intreccio tra lotta climatica e lotta di classe in altri paesi europei è già un dato concreto, basti pensare al gruppo Tyre Estinguisher che sta spopolando in Regno Unito con azioni dirette contro i SUV, o alle azioni in Francia per fermare l’irrigazione di campi da golf.
LO SCIOPERO DEL 23 SETTEMBRE E LE MOBILITAZIONI A VENIRE
La battaglia ecologista che si dovrà combattere dopo il 25 settembre non sarà per nulla agevole, a prescindere dalla composizione del parlamento, nel frattempo però lo sciopero internazionale per il clima del 23 settembre permetterà un primo momento allargato di conflitto e di protesta.
Sul sito di Fridays For Future si aggiornano quotidianamente le città che saranno in sciopero, un numero sempre maggiore di città nel frattempo sta cercando forme per cui lo sciopero mattutino possa coinvolgere anche fasce sociali diverse da quella studentesca, diventando un vero e proprio spazio di conflittualità allargato per tutta la giornata.
Le richieste al centro dello sciopero sono esplicitate nella agenda climatica con la quale il movimento ha tentato di provocare i partiti durante la campagna.
Un primo appuntamento oltre il giro di boa delle elezioni politiche è già stato costruito, e avrà luogo sabato 22 ottobre a Bologna, promosso dal percorso cosiddetto della convergenza tra il collettivo di fabbrica GKN e Fridays for Future, che aveva già costruito un corteo molto partecipato il 26 marzo scorso a Firenze.
Nell’appello di convocazione è stato specificato che Bologna è stata scelta come luogo per la manifestazione per le sue molteplici contraddizioni di città governata da sempre dal centro-sinistra ma promotrice di una economia ecologicamente devastante, oltre che di scelte urbanistiche contro il clima, da ultimo il nuovo passante autostradale.
L’appuntamento di Bologna vuole essere una naturale prosecuzione del 23 settembre e nel percorso di convergenza si è unita una importante aggregazione di movimento, gli Stati Genderali LGBTIA+ e Disability, coalizione cresciuta attraverso una serie di incontri nazionali a seguito dell’affossamento del ddl Zan, che ha prodotto un documento comune con il Collettivo GKN.
«Ci avete affossat* bocciando l DDL Zan, tanto quanto approvando il Jobs Act. Ci avete attaccato sui diritti sociali e siete stati immobili su quelli civili […] Non c’è ribaltamento di rapporti di forza sociale se non cambiano rapporti di forza fra generi. Dentro questa convergenza, possiamo aspirare a combattere insieme le arretratezze interne alla nostra classe. Dentro questa convergenza, il movimento transfemminista LGBTQIA+ può coltivare l’estremo bisogno di essere sempre meno rituale, più radicale e di massa. In un mondo che affonda nella guerra, nella crisi idrica e nello sfruttamento, chi è doppiamente oppresso affonda due volte e più rapidamente. Non sappiamo quanto tempo ci rimane.»
La giornata di Bologna poi vuole essere replicata a Napoli in una data di novembre ancora da definire ma sulla quale già emergono le prime anticipazioni in termini di contenuti che verranno affrontati.
In questo autunno cresceranno pure campagne e mobilitazioni in reazione alla crisi energetica anche su stimolo di altri paesi, come la campagna NON PAGHIAMO, che, sulla scia di Don’t Pay Uk vuole rifiutare la prassi per cui a pagare il costo della crisi energetica siano le classi meno abbienti tramite la bolletta, a partire da una critica ecologista al modello neoliberale.
Va riscontrato che pure nella frammentazione della proposta, riuscire a proporre percorsi di mobilitazione intersezionale che non attendano i risultati di una tornata elettorale già nota come disastrosa è di per sé un fatto nuovo. Troppo spesso i movimenti si sono impantanati ad attendere il primo provvedimento del “nuovo governo” per costruire conflitto.
L’autunno ecologista sembra voler dribblare questa tipica empasse e vuole costruire mobilitazioni oltre gli appuntamenti canonici, tanto più che questi ultimi, con una COP a Novembre in Egitto, non saranno numerosi.
Dalle forme di aggregazione intersezionali che si determineranno e dalla capacità di farsi ispirare da movimenti internazionali ne deriverà forse il livello di impatto e la capacità di costruire conflitti duraturi nei mesi impegnativi che ci attendono.
Immagine di copertina di Patrizia Montesanti