EUROPA
“Ciao Francia!”: una chiamata ai cittadini francesi d’Italia
La situazione in Francia e le preoccupazioni dovute alle risposte sempre più autoritarie del governo ha spinto alcuni francesi residenti in Italia a lanciare questo appello: «in occasione dell’inaugurazione della mostra Ciao Italia, dichiariamo il nostro rifiuto del “Ciao Francia” proposto dal governo Macron»
Il fossato tra il popolo francese e il suo governo ha preso una dimensione abissale negli ultimi mesi. Allo stesso tempo si è diffusa una coscienza popolare della coesistenza di due corpi estranei uno all’altro nello stesso paese: uno dei due è costituito da un’élite deterritorializzata, simbolizzata dalla figura del presidente Macron.
Mentre i motivi di preoccupazione crescono ogni giorno in Francia, il silenzio dei francesi e delle francesi all’estero rischia di raddoppiare questo “Ciao Francia” lanciato al popolo dalla classe dirigente nel paese. Le reazioni dei cittadini francesi all’estero sono state finora minime: da segnalare, i raduni di Atene e New York a dicembre. I francesi d’Italia, che l’espatrio può – comprensibilmente – mettere a distanza o in disparte della situazione metropolitana, sono chiamati, ognuno, a interessarsi della sorte fatta ai loro compatrioti. Sono chiamati a rifiutare l’indifferenza e a non accettare questo “Ciao Francia”.
Un punto sulla situazione in Francia
Il richiamo di alcuni fatti recenti dovrebbe bastare a far rigettare l’indifferenza di fronte al irrigidimento continuo della politica repressiva condotta attualmente contro il movimento dei Gilets Jaunes. Con questa politica, è lo Stato di diritto ad essere minacciato.
- l’accrescimento esponenziale dell’integrazione di misure di emergenza nel diritto comune, nella continuità delle diverse legislazioni “anti-terrorismo” precedenti. Ultimo episodio in data, la legge “anti-casseurs” porta una serie di restrizioni al diritto di manifestare, tra cui il divieto o la penalizzazione della dissimulazione del viso – usata dai partecipanti principalmente per proteggersi dai gas lacrimogeni.
- la persistenza dei metodi di intimidazione e la moltiplicazione degli annunci bellicosi. L’esecutivo non esita più oramai a minacciare (e mettere in atto) di ricorrere alle forze armate («Sentinelle»), di rinforzare l’arsenale (gas incapacitante, marcatore chimico che lascia delle tracce durevoli sulla pelle e i vestiti, spiegamento di carabine di precisione e della cavalleria blindata, ) e ad ammettere pubblicamente l’eventualità di morti che bisognerà assumersi. Ne risulta un ricorso alle forze armate senza precedenti in Francia metropolitana dai grandi scioperi del 1947-1948.
- ostacoli inquietanti al diritto di manifestare e la moltiplicazione degli arresti arbitrari: sui 8400 fermi attuati dall’inizio del movimento dei Gilets Jaunes, a novembre 2018, numerosi sono stati messi in custodia (garde à vue) prima delle manifestazioni e senza capo d’accusa.
- gravi ostacoli alla libertà di stampa, che hanno impedito ai giornalisti di fare il loro lavoro. Numerosi casi di ferite sugli addetti alla stampa inflitte dalle forze dell’ordine sono state segnalati e alcuni professionisti hanno informato il pubblico dei rischi della legge «anti-casseurs».
Il costo umano della risposta repressiva
L’ostinazione del governo nel rispondere con la forza della polizia al problema politico, denunciato anche da diversi sindacati di polizia come France Police – policiers en colère e Vigi – Ministère de l’intérieur, porta ogni settimana a un bilancio umano più drammatico. Tuttavia, i rappresentanti politici e la stampa persistono nella denuncia ampiamente asimmetrica delle violenze.
A giorno d’oggi uno dei conteggi realizzati dichiara 567 segnalazioni di vittime del «mantenimento del ordine», tra cui 1 persona uccisa da una bomboletta di gas lacrimogeno, 5 persone con la mano strappata da granate GLI F4, 22 persone che hanno perso l’occhio per colpa di proiettili di fucili LBD (fucile sparatore di proiettili di gomma) o di granate stinger, 1 persona che ha perso definitivamente l’udito in seguito a la deflagrazione di una granata e 227 feriti alla testa. Queste cifre allarmanti, alle quali dobbiamo aggiungere le 11 persone morte in incidenti legati alle mobilitazioni, e 18 suicidi nella polizia nazionale, non possono lasciare indifferenti… tanto più che questa politica repressiva è stata condannata da diverse organi, tra cui il Parlamento europeo, Amnesty International, la Ligue des Droits de l’Homme, l’Alto Commissariato delle Nazione Unite per i diritti umani (Michelle Bachelet, ex-presidente del Cile), un collettivo di 350 universitari/accademici, un insieme di 53 organizzazioni della società civile e, non senza ironia, da… i signori Erdogan e Salvini.
Le autorità francese persistono a non riconoscere ufficialmente l’uso eccessivo e illegale delle forze del ordine: il presidente considera che «repressione, violenze poliziesche, queste parole sono inaccettabile in uno Stato di diritto» (7 marzo 2019 a Gréoux-les-Bains), mentre sono queste cose, e non queste parole, che dovrebbero essere giudicate inaccettabili.
La responsabilità dei francesi d’Italia
Anche i francesi in Italia hanno una loro responsabilità. Qua, in Italia, la percezione locale della situazione francese oscilla tra:
- un semplice ricalco delle versioni diffuse dal governo francese e amplificate dai grandi media, che mette sistematicamente in rilievo i danni e gli atti di violenza. Non è raro vedere qui, in Italia, il movimento dei gilets jaunes essere sospettato di confusione, di tendenze rosso-brune;
- e un impadronirsi da parte di formazioni populiste, che danno luogo ad un effimero tentativo dei gilets jaunes italiani e, soprattutto, a una sfilza di manovre di comunicazione da parte del governo italiano.
Questi due poli della recezione italiana dell’attualità francese devono spingere i francesi residenti in Italia a farsi sentire. Innanzitutto, perché non valga di nuovo il vecchio detto secondo il quale chi tace acconsente, mentre la negazione e l’omissione sono un mezzo che utilizza spesso la retorica del esecutivo francese.
La fuga sistematica e il silenzio testardo sono diventati arme politiche nuove, di cui la misteriosa efficienza inviterà, ormai, ad usarne e abusarne. (Sandra Laugier & Albert Ogien)
Questo testo, inviato alla redazione di DINAMOpress, è scritto da francesi che vivono e lavorano a Roma. (citoyens.francais.italie@protonmail.com).
I dati sulla repressione della polizia francese riportati nel testo, non sono aggiornati alle ultime giornate di mobilitazione, all’Atto XXIII, XXIV e al Primo Maggio, nel quale a Parigi è stato messo in opera il nuovo dispositivo repressivo “mobile” del nuovo prefetto Lallement.