MONDO
Chubutazo, grande vittoria contro l’estrattivismo in Argentina
Dopo una settimana di proteste e dura repressione, nella provincia del Chubut, nella Patagonia argentina, le mobilitazioni popolari impongono il ritiro della legge, approvata la settimana scorsa, che avrebbe concesso immense aree della regione a progetti di estrazione mineraria
La società in mobilitazione ha vinto: il governatore Mariano Arcioni ha approvato un nuovo progetto che annulla la legge sulla zonificazione mineraria votata la settimana scorsa. Mentre molti media si sono dedicati a discutere storicamente sull’anniversario del dicembre 2001, ignorando il conflitto in Chubut in pieno 2021, nella provincia patagonica si è data una storica mobilitazione sociale: blocchi stradali, assemblee in tutta la provincia, scioperi generali delle due correnti del sindacato CTA e vari settori della CGT contro il progetto delle mega miniere nella pronvincia.
Nel 2019 era successa la stessa cosa nella provincia di Mendoza, e quella rivolta, il Mendozazo, ha obbligato gli stessi deputati provinciali che avevano votato l’imposizione del progetto minerario a votare contro la settimana successiva. Come racconta Viviana Moreno a lavaca: «Fanno sempre la stessa cosa, provano a far passare queste leggi nel mese di dicembre, credendo che la gente non se ne accorge perché sta pensando alle feste e alle vacanze di fine anno».
Lo scorso lunedì 20 il governatore Mariano Arcioni aveva lasciato intendere che sarebbe stato possibile ratificare una sospensione dell’applicazione della legge di zonificazione mineraria votata sospettosamente da 14 deputati la settimana scorsa.
Ma le assemblee hanno rifiutato la proposta di sospensione. La società chubutense reclamava l’annullamento totale del progetto di zonificazione che permetterebbe le mega miniere sull’altopiano.
Così la mattina del 20 dicembre sono iniziati i blocchi stradali sulla Ruta 3, sulla Ruta 40, mobilitazioni in ogni città e località della provincia, sciopero generale della CTA, proteste nei locali del commercio e da parte del personale dei supermercati, senza contare anche le proteste di docenti e lavoratori e lavoratrici dell’amministrazione pubblica.
La possibilità di una sospensione fatta trapelare dal governatore ha provato ancora più indignazione, in una provincia che si è riversata nelle strade reclamando l’annullamento della stessa. Le mobilitazioni, come quelle di Esquel, si sono dirette alla capitale Rawson, dove erano stati presentati due progetti di legge per il suo annullamento, da votare al parlamento provinciale.
Inoltre, un giudice ha presentato un esposto collettivo per impedire gli abusi di violenza istituzionale commessi dalla polizia, che ha sequestrato e picchiato i manifestanti, organizzato cacce all’uomo nei quartieri popolari di Rawson e Trelew, ed ha probabilmente infiltrato i cortei degli ultimi giorni creando disordini e incendi per giustificare la successiva repressione e criminalizzazione di tutti coloro i quali si sono da tempo opposti pacificamente alle miniere.
Una immagine della situazione: il consiglio deliberante della città di Puerto Madryn è stato il primo ed unico ad aver approvato, in coordinazione con il governatore Arcioni e le multinazionali, la legge di zonificazione. Gustavo Sastre, il sindaco, ha annunciato il veto all’approvazione del Consiglio. Sastre è il fratello dell’attuale vicegovernatore Ricardo Sastre. La casta politica cominicava la ritirata. Il sindaco favorevole alle miniere ha twittato: “Come dirigente devo riconoscere il comportamento dei miei concittadini che sono scesi a protestare in forma pacifica”. “In momenti come questi, bisogna prendere delle decisioni che permettano mantenere la pace sociale. Porremo il veto sull’ordinanza che avrebbe regalato fondi alla nostra città”. Il governatore del Chubut Arcioni risponde con un tweet: “Abbiamo deciso di derogare la legge e lanciare un referendum provinciale per ascoltare tutte le voci del popolo”.
Le voci del popolo si sono già espresse durante gli ultimi 19 anni di proteste contro le mega miniere, a cominciare da Esquel, fin dalle assemblee popolari del 2002 e poi con il referendum del 2003, quando l’81% della popolazione ha detto no al progetto minerario El Desquite, della Meridian Gold.
Quelle gesta hanno contagiato tutto il territorio della provincia fino alle storiche mobilitazioni di questi ultimi giorni, che ripetono ancora una volta la stessa volontà di sempre, sintetizzata nelle frasi come: «No è no», oppure «L’acqua vale più dell’oro». Comunque sia, è stata dimostrata la potenza della società in movimento di fronte all’apparato politico, giudiziario, poliziesco e mediatico con cui hanno provato a piegare una comunità che continua a non dare legittimità sociale al modello estrattivista.
Articolo pubblicato sul media indipendente argentino Lavaca
Immagine di copertina e nell’articolo: da Lavaca