MONDO
In Chiapas il secondo incontro internazionale delle Donne che Lottano
Dal 26 al 29 dicembre in Chiapas, le donne zapatiste invitano le donne che lottano nel mondo al Secondo Incontro Internazionale. “E chissà, compagna e sorella, che impariamo non solo a gridare di rabbia, ma trovare anche il modo, il luogo ed il tempo per gridare un mondo nuovo.”
Alle donne che lottano in tutto il mondo
Sorella, compagna, donna che lotta:
Ti salutiamo da donne, indigene e zapatiste, quali siamo.
Forse ricordi che nel Primo Incontro ci eravamo dette che dovevamo restare vive. Ma vediamo che la mattanza e la sparizione di donne continuano. Di tutte le età e di tutte le condizioni sociali. Ci uccidono e ci fanno sparire perché siamo donne. Inoltre, ancora ci dicono che è colpa nostra per come ci vestiamo, perché andiamo dove andiamo, perché a quell’ora e in quel posto. E poi, tra i malgoverni non manca chi, uomo o donna, se ne esce con la stupidaggine di dire che allora non dobbiamo uscire di casa. Secondo questo pensiero, le donne devono restare rinchiuse nelle proprie case, non devono uscire, non devono studiare, non devono lavorare, non devono divertirsi, non devono essere libere.
È evidente che il sistema capitalista e patriarcale è come un giudice che ha detto che siamo colpevoli di essere nate donne e pertanto la nostra punizione per questo crimine è la violenza, la morte o la sparizione.
Costa molto, sorella e compagna, metterlo in parole, perché è una malvagità enorme a cui non può essere dato un nome. E se ora si dice«femminicidio» o come la chiamino, non cambia nulla. Le morti e le sparizioni continuano. E poi le nostre famiglie, le nostre amicizie, i nostri conoscenti devono lottare perché non ci ammazzino o ci facciano sparire un’altra volta, quando lasciano impuniti i colpevoli o dicono che siamo state sfortunate o, peggio ancora, dicono che ce la siamo cercata.
Scusa, sorella e compagna, ma questa è una grande stupidaggine. Dobbiamo ancora lottare contro la discriminazione in casa, per strada, a scuola, sui luoghi di lavoro, sui mezzi pubblici, con conoscenti e con sconosciuti, e poi dicono che cerchiamo la morte. No, ma ci violentano, ci uccidono, ci squartano, ci fanno sparire.
Quelli che parlano così sono maschilisti o donne con la mentalità maschilista.
Dunque, compagna, sorella, siccome l’accordo che abbiamo fatto nel Primo Incontro era restare vive, ora dobbiamo rendere conto di che cosa abbiamo fatto o non abbiamo fatto per rispettare questo accordo.
Per questo convochiamo questo Secondo Incontro Internazionale delle Donne che Lottano con un solo tema: la violenza contro le donne. E questo tema diviso in due parti: Una di denuncia ed un’altra su che cosa facciamo per fermare questo massacro contro di noi.
Quindi, ti invitiamo, sorella e compagna, a riunirci e tirare fuori tutta la nostra rabbia e dire chiaramente tutto quello che stanno facendo ovunque. Quello che vediamo è come spezzettano il nostro dolore: una violentata in un posto, una percossa in un altro, una desaparecida lì, una assassinata più là. Fanno così perché noi pensiamo che sia un problema che riguarda un’altra donna in un’altra parte del mondo, che non ci riguarda, che non è così grave, che i malgoverni lo risolveranno.
Ma non è così, invece ci tocca da vicino, è grave, molto grave, e i malgoverni non fanno niente, fanno solo vuote dichiarazioni che perseguiranno non gli assassini, i violentatori, i sequestratori, ma le donne che con rabbia hanno rotto le vetrine o imbrattato una pietra. Questo è il sistema capitalista patriarcale, sorella e compagna. Le cose stanno così, vale più un vetro o una parete imbrattata che la vita di una donna.
Questo non può continuare, davvero. Senti, anni fa, prima della nostra sollevazione e l’inizio della guerra contro l’oblio, qua nelle proprietà valeva più un pollo che la vita di un indigeno. Non si può credere? Sì, così dicevano i padroni. Ora a noi donne dicono di peggio, perché piagnucolano e si scandalizzano per un vetro rotto ed una scritta sul muro che dice la verità.
La verità è che non solo ci violentano, assassinano e ci fanno sparire. Sì, anche questo, ma non dobbiamo comportarci come se non succedesse niente, ben educate e obbedienti. Ci attaccano talmente tanto che sembra che sia un affare del sistema. Se ci sono più donne assassinate o scomparse o violentate, ci sono più profitti.
Forse è per questo che la guerra contro le donne non si arresta. Perché, è incredibile che ogni giorno ci siano donne sparite o assassinate ovunque, mentre il sistema va avanti tranquillamente, felice, preoccupato solo dei soldi.
Può essere che se continuiamo a restare vive, a non essere violentate, gli affari crollino. Bisognerebbe analizzare se mentre sale il numero di donne violentate nel mondo, salgono anche i profitti dei capitalisti. Tante picchiate, tante scomparse, tante assassinate, uguale a tanti milioni di dollari o di euro o della moneta che sia.
Perché sappiamo bene che il sistema risponde solo a ciò che colpisce il suo profitto. E sappiamo bene anche che il sistema fa profitti dalle distruzioni e dalle guerre. Pensiamo che le violenze che subiamo, le nostre morti, siano un guadagno per il capitalista. E le nostre vite, le nostre libertà, la nostra tranquillità, siano una perdita di denaro per il sistema.
Allora vogliamo che tu venga e che faccia la tua denuncia. Non perché l’ascolti un giudice o un poliziotto o un giornalista, ma perché ti ascolti un’altra donna, altre donne, molte donne che lottano. E così, compagna e sorella, il tuo dolore non sia solo, ma si unisca con altri dolori. E da tanti dolori che si uniscono non esce solo un dolore molto grande, ma esce anche una rabbia che è come un seme.
E se questo seme cresce in organizzazione, allora il dolore e la rabbia si fanno resistenza e ribellione, come diciamo qua, e la smettiamo di sperare che a noi non tocchi la disgrazia, ma ci mettiamo a fare qualcosa, primo per fermare questa violenza contro di noi, poi per conquistare la nostra libertà in quanto donne.
Questa è la nostra esperienza nella nostra storia come donne, come contadine, come indigene e come zapatiste. Nessuno ci darà la pace, la libertà, la giustizia. Dobbiamo lottare, sorella e compagna, lottare e fregare il Prepotente. L’invito a discutere della Violenza contro le Donne non è solo per denunciare, ma anche per dire che cosa si fa o che cosa si è fatto o che cosa si può fare per fermare questi crimini.
Sappiamo, perché l’abbiamo sentito e visto negli interventi del Primo Incontro, che ci sono molte forme o modi di lottare delle donne. Sappiamo che alcune dicono che è meglio il loro modo piuttosto che la maniera di altre. Sta bene che si discuta anche senza essere pienamente d’accordo.
Ma il problema che vediamo noi zapatiste, è che per poter discutere e litigare tra noi su chi è più femminista, per prima cosa dobbiamo essere vive. E ci stanno ammazzando e facendo sparire. Quindi l’invito a questo incontro è su un solo tema: Violenza contro le donne, diviso in due parti: denuncia e proposte su come fare per fermare questa guerra.
Non è che dobbiamo concordare di lottare tutte nello stesso modo, perché ognuno ha i suoi modi, le sue geografie ed i suoi tempi. Ma dobbiamo ascoltare i diversi modi, perché ci daranno idee su come fare, su cosa è utile o no.
Il sistema vuole che gridiamo solo di dolore, di disperazione, di angoscia, di impotenza. Ora si tratta di gridare insieme ma di rabbia, di coraggio, di indignazione. Ma non ognuna per conto suo, spezzettate come quando ci violentano, ammazzano e fanno sparire, ma unite, benché ognuna nel suo tempo, il suo luogo ed il suo modo.
E chissà, compagna e sorella, che impariamo non solo a gridare di rabbia, ma trovare anche il modo, il luogo ed il tempo per gridare un mondo nuovo.
Sorella e compagna, per come stanno le cose, per poter essere vive, dobbiamo costruire un altro mondo. Il sistema è arrivato fino a questo: possiamo vivere solo se lo ammazziamo. Non sistemarlo un poco, o fare buon viso, chiedergli di comportarsi bene, che non sia così cattivo. No. Distruggerlo, ammazzarlo, farlo sparire, che non rimanga niente, nemmeno la cenere. Così la vediamo noi, compagna e sorella, o il sistema o noi. Così lo vuole il sistema, non noi in quanto donne.
Ti invitiamo dunque il 26 dicembre 2019, giornata di accoglienza dei partecipanti. I giorni 27, 28 e 29 dicembre 2019, sono i giorni degli incontri, per parlarci ed ascoltarci. Il 29 dicembre 2019 sarà il giorno di chiusura.
Il luogo è il Semillero che ora si chiama “Huellas del Caminar de la Comandanta Ramona”, del Caracol Torbellino de Nuestras Palabras, della zona Tzots Choj (nella comunità di Morelia, MAREZ 17 de Noviembre), lo stesso luogo del Primo Incontro.
L’arrivo è nel caracol dove saranno consegnati i cartellini di riconoscimento ed il programma e da dove le compagne choferas ti porteranno al Semillero dove non sarà permesso l’ingresso agli uomini, che siano buoni o regolari, nessuno. Cioè, gli uomini non potranno neppure sbirciare da lontano la nostra riunione perché il Semillero è protetto dalle montagne.
Gli uomini possono restare nel caracol ad aspettare mentre ci riuniamo noi donne, ma solo se sono accompagnati da una donna che si renda responsabile che non facciano stronzate. Questo posto lo chiameremo «misto», cioè potranno restarci uomini e donne che lo vorranno.
In questo luogo, dove possono stare gli uomini, forse potrebbe presentarsi una commissione di donne zapatiste proveniente dal luogo dell’incontro per raccontare loro quello che si sta denunciando nel Semillero, perché si sappia ovunque. E che provino un po’ di vergogna perché lo raccontino ad altri uomini, e dicano loro la cosa principale, cioè che non ci aspettiamo che capiscano, o che si comportino bene, e la smettano con le stronzate, ma che in primo luogo ci organizziamo per difenderci, e poi per cambiare tutto, Tutto, TUTTO.
Vi diciamo un’altra cosa, compagne sorelle, stiamo rivedendo quello che non abbiamo fatto bene nel Primo Incontro. Per questo vogliamo farlo nello stesso luogo, per vedere se possiamo correggere i nostri errori.
Un’altra cosa di cui ci siamo rese conto del Primo Incontro è che nel processo di registrazione e programmazione c’è stato un certo favoritismo nei confronti delle osservazioni che erano più in linea con il pensiero di coloro che hanno collaborato con la registrazione e la programmazione, e che alcune donne e attività erano state escluse. Ciò è accaduto perché chi collaborava alla registrazione e alla programmazione ha dato priorità alle attività di quelle che la pensavano allo stesso modo e quindi non c’era tempo o spazio per le altre.
Quindi, perché non accada che alcune donne valgano più di altre, faremo tutto noi donne indigene zapatiste, dall’inizio alla fine, cioè dalla registrazione alla programmazione.
Non l’abbiamo mai fatto, ma non siamo mai state nemmeno choferas e lo abbiamo imparato. Forse verrà male ed il programma non sarà perfetto, ma è perché stiamo imparando e non perché alcune donne ci stanno simpatiche perché la pensano come noi, mentre altre ci piacciono meno.
Quindi, ci stiamo organizzando e suddividendo i compiti affinché tutto sia completamente organizzato da noi. Così, quando tu manderai la tua mail (ti diremo poi l’indirizzo di posta elettronica e quando cominceranno le iscrizioni), saprai che sarà una di noi, donne indigene zapatiste, che aprirà la tua mail e riporterà il tuo nome e la tua organizzazione, gruppo o collettivo se ne hai, o solo individuale; e ti risponderemo affinché tu sappia che il tuo nome sarà nella lista. E se nella tua mail dirai che farai qualcosa, lo metteremo nel programma. Per questo ti chiediamo che quando ti registrerai, lo farai in lingua spagnola, perché la nostra lingua è di radice maya e sappiamo un po’ di spagnolo, ma di altre lingue del mondo non ne sappiamo niente. E se ci sbagliassimo e non registrassimo il tuo nome, non c’è problema, perché ti potrai registrare al tuo arrivo e ti daremo il tuo cartellino del Secondo Incontro Internazionale delle Donne che Lottano.
Dunque, ora conosci luogo e data. Così ti puoi già organizzare per venire o mandare qualcuno o incaricare qualcuno che ti racconti quello di cui abbiamo parlato. Così, benché sei lontano, saprai che il nostro dovere di donne che lottano è che non si spenga la luce che ti abbiamo dato. Perché non è solo per illuminare, ma può servire anche per bruciare il maledetto sistema capitalista patriarcale.
Per ora è tutto, sorella e compagna. Presto ti daremo l’indirizzo di posta elettronica e ti diremo quando comincerà la registrazione. Ma sai già la cosa più importante: i giorni 26, 27, 28 e 29 dicembre 2019, nello stesso luogo del Primo Incontro, che è da dove ti scriviamo queste parole e da dove ti mandiamo un abbraccio, cioè…
Dalle montagne del sudest messicano.
Coordinamento delle Donne Zapatiste per il
Secondo Incontro Internazionale delle Donne che Lottano:
Zona Selva-Fronteriza:
Marisol
Yeni
Mirella
Neri
Yojari
Arlen
Erica
Mariana
Mayder
Cleyde
Evelin
Alejandra
Nayeli
Zona Altos de Chiapas:
Yessica
Zenaida
Lucía
Teresa
Fabiola
Flor
Gabriela
Lidia
Fernanda
Carla
Ofelia
Zona Selva Tzeltal:
Dalia
Rosalinda
Marina
Carolina
Alejandra
Laura
Ana
Cecilia
Julia
Estefanía
Olga
Eloisa
Zona Tsots Choj:
Gabriela
Elizabeth I
Maydelí I
Elizabeth II
Guadalupe
Leydi
Lauriana
Aliz
Ángeles
Maydelí II
Karina
Jhanilet
Fabiola
Mariela
Daniela
Yadira
Yolanda
Marbella
Elena
Elissa
Zona Norte de Chiapas:
Diana
Ximena
Kelsy
Jessica
Ana María
Marina
Valentina
Yadira
Elizabeth
Messico, Settembre 2019
Tratto da: enlacezapatista