ROMA
Casapound raccoglie fondi su buonacausa.org
Nei giorni scorsi sulla piattaforma buonacausa.org è apparso un progetto di raccolta fondi dal nome «Supporta Area 121», la nuova occupazione di Casapound a Ostia contro cui nelle ultime settimane si sono animate proteste della cittadinanza
Sulla piattaforma per crowdfunding buonacausa.org è apparso nei giorni scorsi un progetto che ha l’obiettivo di raccogliere 10 mila euro. Si chiama «Supporta Area 121». Secondo i promotori servirebbe a mettere insieme dei fondi per «un’associazione vicina alle famiglie in emergenza abitativa» che a Ostia sostiene 20 nuclei occupanti di uno stabile precedentemente abbandonato. Il progetto è registrato da Valerio Grimaudo. Stesso nome e cognome di uno dei candidati al consiglio municipale del X municipio, quello del litorale romano, presentato da Casapound Italia (Cpi) nel 2017.
Area 121, infatti, è la nuova occupazione dell’organizzazione neofascista intorno cui da più di un mese Cpi ha compattato le forze. Nelle ultime settimane si sono alzate proteste e condanne contro quello che rischia di diventare un nuovo fortino dei fascisti del terzo millennio, lasciati agire indisturbati in pieno lockdown in un territorio completamente militarizzato per scongiurare assembramenti e uscite di casa. L’occupazione è stata realizzata in un’area militare di proprietà del ministero della Difesa e gestita dall’aeronautica militare.
Il 27 maggio a poche centinaia di metri dalle unità abitative di via delle Baleniere sono scese in piazza l’Associazione nazionale partigiani d’Italia (Anpi) e molte realtà antifasciste del territorio. Oltre 300 persone hanno protestato dietro lo striscione: «Fuori i fascisti. Casa per tutti/e».
Ovviamente Cpi non ha rivendicato direttamente l’occupazione. Nonostante i suoi membri locali siano sempre lì intorno, facciano da portavoce con i media e le istituzioni e durante la manifestazione antifascista abbiano chiamato i rinforzi da Roma, presente anche il fondatore Gianluca Iannone, l’organizzazione continua a dire che si tratta di un’occupazione abitativa di 20 famiglie italiane. Da tutti i video diffusi dalla stessa Cpi e dalle informazioni che circolano in quartiere si sa che non sono più di quattro le persone in emergenza abitativa che vi abitano dentro (non è chiaro se a tempo pieno o soltanto in alcuni momenti della giornata).
Secondo la rete Ostia Antifascista: «Gli sciacalli di Casapound, con la scusa dell’emergenza abitativa, stanno sfruttando le difficoltà economiche in cui versano le famiglie presenti in quello stabile, prendendo possesso di uno spazio enorme, di oltre 7.000 mq con l’intento di farlo diventare il più grande centro di raduno neo-fascista di Roma».
Anche il presidente dell’Anpi provinciale di Roma Fabrizio De Sanctis ha denunciato ripetutamente i tentativi di strumentalizzazione del disagio sociale portati avanti dai fascisti.
Lo spazio occupato, del resto, più che a uno scopo abitativo sembra rispondere ad altre funzioni. I metri quadri abitabili sono ridotti. A parte una villetta di due piani in muratura (in cui è difficile credere che possano risiedere 20 famiglie), le altre unità sono in lamiera e sono state saccheggiate di tutto nel corso degli anni. Secondo diversi vicini l’area è piena di amianto. Lo spazio all’aperto, invece, è enorme.
Che dietro le famiglie, o gli individui, che hanno difficoltà a trovare una casa si nasconda il ben più grande progetto di un polo di aggregazione, del resto, è scritto anche nel testo che presenta la raccolta fondi su buonacausa.org: «Il progetto è ambizioso, vogliamo creare uno spazio libero e aperto: un punto di riferimento per il quartiere».
Quali riferimenti abbia in testa Casapound è facile capirlo. Il gruppo è stato protagonista a livello nazionale di aggressioni e violenze e lo stesso è accaduto sul litorale romano. Qui, però, si aggiunge una caratteristica peculiare: le accuse di collusioni con il clan degli Spada. Luca Marsella, eletto al consiglio municipale del X municipio nel 2017, disse di essere «orgoglioso» di una foto con Roberto Spada, condannato all’ergastolo per mafia a settembre 2019 insieme ai familiari Carmine e Ottavio.
Scorrendo la presentazione della piattaforma che ospita il crowdfunding, invece, si legge: «Il team di BuonaCausa è ispirato dall’idea che in un mondo regolato da sterili logiche di business, si possa utilizzare la tecnologia dell’informazione per creare valore sociale, in maniera responsabile, etica e trasparente». Abbiamo quindi contattato il team per capire quale «valore sociale» possa venire fuori da un centro di aggregazione neofascista. Ci è stato risposto che il portale è un «semplice strumento che permette di avviare in piena autonomia un progetto di raccolta fondi» e non «deve né può entrare nel merito delle idee, gli indirizzi o le tendenze di chi opera sulla nostra piattaforma».
Il progetto non violerebbe la policy della piattaforma perché non presenta riferimenti diretti ad alcuna organizzazione politica (punto 6 delle linee guida: «Non fa riferimento a movimenti politici tout court e/o a ideologie estremiste e/o a idee che offendano il buon costume. In particolare sono da evitare riferimenti politici – loghi, sigle, slogan -, finanziamento di campagne elettorali e di attività di propaganda politica»). La decisione di escludere questo tipo di soggetti sarebbe maturata cinque anni fa proprio a causa del profilo di Casapound che all’epoca fu chiuso.
Uscita dalla porta, rientrata dalla finestra quindi. Ben coperta dietro alcune persone in emergenza abitativa. Così accanto ai progetti di raccolta fondi per gli ospedali in Rojava o per le spese legali dei manifestanti arrestati durante il G8, da qualche giorno c’è una «buona causa» in più: il finanziamento del progetto di uno spazio neofascista nel cuore di Ostia.