ROMA
Caravaggio, dall’occupazione alle case popolari
Si conclude oggi la storica occupazione nel quartiere di Tor Marancia. Nei due palazzoni per uffici abitavano sin dal 2013 ben 105 nuclei, tra famiglie e single: tutte le persone di Caravaggio hanno avuto l’assegnazione di una casa popolare
A rischio sgombero già da prima della pandemia, gli stabili di proprietà della famiglia Armellini, più volte sotto indagine per evasione e abusi edilizi, salutano oggi tutte e tutti gli occupanti, in partenza verso San Basilio, Tor Bella Monaca, Primavalle, Trullo, Tufello, Prima Porta, Serpentara…
«Entro venerdì scorso tutte le persone di Caravaggio hanno avuto l’assegnazione di una casa popolare. Un’operazione che è andata in porto e che non può non essere raccontata come un successo», esordisce l’attivista dei Movimenti per il diritto all’abitare Luca Fagiano, che poi prosegue: «Sgomberi e deportazioni non dovevano accadere prima, ma dopo Caravaggio non devono accadere più. Caravaggio è un messaggio per chi ha ancora tanta lotta davanti. Per chi deve ancora combattere sul fronte della casa».
Dopo di lui, è il turno al microfono di Anna, occupante tra le più combattive che su DINAMOpress abbiamo intervistato nei giorni più caldi della vicenda. Anna trattiene a fatica le lacrime e definisce Caravaggio «Un seme fiorito qua che deve però continuare a farlo in tutta la citta: nessuna persona deve essere più sgomberata, nessuna persona deve più dormire per strada».
Le case necessarie sono state trovate soprattutto dalla Regione Lazio (circa un’ottantina) e in misura molto minore dal Comune di Roma, che ha sempre rifiutato di riconoscere l’alloggio come riconoscimento di un percorso di lotta e non si è voluto interfacciare direttamente alla vertenza, ma solo attraverso la mediazione del Municipio VIII.
«Erano anni che non venivano consegnate così tante case, questo dimostra che le case ci sono», insiste Anna. Concorda anche Margherita dei Blocchi Precari Metropolitani: «Non vogliamo mai più sentir parlare alloggi di risulta, ma di case popolari, di un patrimonio che doveva essere assegnato ed è stato lasciato a marcire per troppo tempo. Quel patrimonio c’è e andava usato. Senza distinzioni: casa per tutti».
Margherita ricorda anche le molte altre criticità cittadine, a partire dal caso di Carlos, sessantenne residente a San Lorenzo sotto sfratto dopo che, per anni, il proprietario dell’appartamento in cui vive gli ha affittato con un contratto irregolare. Ribadisce allora l’attivista che «non c’è nessuna differenza tra questi luoghi sotto attacco e tra le persone che rischiano sfratti e sgomberi: c’è un movimento e i risultati si ottengono».
Conclusa la conferenza stampa, durante la quale hanno preso parola anche sindacalisti di Asia Usb, rappresentanti di associazioni e organizzazioni solidali come Nonna Roma e anche abitanti del quartiere per un commosso saluto, Caravaggio viene definitivamente abbandonato da tutte le persone che lo abitavano.
Tra sorrisi increduli, gioiose pacche sulle spalle e lacrime trattenute a fatica, dalle finistre viene calato un ultimo striscione. Recita: «Caravaggio prende casa. La lotta paga».
L’esperienza del Caravaggio deve essere un primo passo per mettere fine agli sgomberi senza alternativa: non si può più ridurre la questione abitativa a mero problema di ordine pubblico. Roma è piena di case vuote e di persone che ne hanno bisogno.
Immagine di copertina: BPM