ROMA
Cacciati da casa
Roma.La città della rendita cresce fagocitando l’abitare e farne fossili edilizi
La cronaca dello sgombero e delle mobilitazioni successive.
Il Palazzo di Tor Teste, fino a ieri occupato da famiglie dello Tsunami tour torna, da oggi, ad essere un “fossile edilizio”. Condannato a questo destino dalla città della rendita. Quella città che prospera sopra la città dove viviamo. Quella che considera il territorio, e la stessa nostra vita, merce.
Quella che riesce a fare cassa tenendo gli edifici vuoti. Li abbandona, li manda in rovina, non se ne cura. Tanto quegli infissi divelti, quei vetri infranti, quegli infiniti corridoi bui, quelle caldaie scoppiate, quegli ascensori bloccati, non intaccano in nessun modo il valore patrimoniale del bene. Un numero.
La proprietà di turno, se ne frega e porta quel bene, per lei un oggetto, nei propri bilanci. Per continuare le proprie scorribande finanziarie. L’immobiliarismo serve alla finanza e viceversa.
Tutto all’interno di un preciso ordine che si regge anche sull’ abbandonare sagome di cemento. Sono frecce che si depositano sul terreno, scoccate da un arco, retto dal potere della finanza, e da una corda tesa dal potere immobiliare. Servono per rendere lo spazio di Roma tutto interamente disponibile alle forme di sfruttamento.
Solo una cosa può contravvenire a quest’ordine. Che qualcuno decida di varcare quelle soglie Qualcuno tra i tanti che la casa non ce l’hanno. Che dalla casa sono stati cacciati perché non possono pagarne l’affitto. Che, da sempre, in graduatoria per una casa pubblica sono desolatamente solo numeri di un bilancio assolutamente passivo senza che nessuno (Regione, Comune) si preoccupi di portare i libri in tribunale di fronte all’evidente fallimento. Che non trovano né lavoro né casa.
Che vogliono un’alternativa alla loro vita schiacciata in umilianti e impossibili coabitazioni. Che, studenti, vogliono ribellarsi alla dittatura del posto letto diventato, oggi in alcune zone cittadine, l’unità di misura, dell’abitare.
Le occupazioni del 6 dicembre e quelle poi del 6 aprile questo hanno fatto. Facendolo hanno posto alla città di Roma la domanda precisa, dell’abitare. Un tema dimenticato dal Piano Regolatore di Veltroni, annichilito dal Sindaco Alemanno.
Chi abita lo Tsunami tour, chi ha deciso di vivere quell’onda, sono oltre tremila cittadini romani. Tanti, quanti quelli di un nuovo insediamento edilizio. Solo che questo quartiere non c’è. Abitano dentro e fuori quello che il Piano regolatore prevedeva. Non sono abusivi in quanto vogliono abitare la città, essere insieme sotto il nostro stesso cielo, non vogliono trovarsi sempre in transito nel posto sbagliato.
Ci fanno capire che costruire case per lasciarle poi vuote è il mezzo per cancellare le tracce della loro esistenza e di quella di tutti. Impossibile riconoscerli come abitanti di un luogo. Non esiste nessun toponimo in grado di nominarli.
L’unica forma di riconoscimento è stata proprio nell’aver varcato quelle soglie volutamente serrate. Aver dimostrato tangibilmente di che cosa è fatta Roma: costruire tanto e consumare territorio.
Questo il Messaggero non può tollerare né, tanto meno, può tolleralo il suo padrone. A questa domanda di abitare sarebbe gradito ricevere una risposta da chi in queste ore ci parla di volere una città differente.
Differente da cosa?
Tutte le foto in questo articolo ci sono state donate dal fotografo e lettore Stefano Prospero Spataro.