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Brasile, confermata la condanna a Lula: l’ex presidente verso il carcere

Emesso il mandato di arresto per Lula, in testa nei sondaggi elettorali, dopo che il Tribunale Supremo Federale ha respinto la richiesta di habeas corpus su pressione dei militari che avevano minacciato, in caso di sentenza favorevole a Lula, l’intervento delle forze armate. Mobilitazioni in tutto il Brasile in difesa dell’ex presidente.

Giovedì all’alba il Tribunale Supremo Federale del Brasile ha deciso il rifiuto dell’habeas corpus presentato dagli avvocati di Lula da Silva nell’ambito del proceso giudiziario per cui è stato condannato in secondo grado a 12 anni e un mese di carcere. Così come previsto, il margine di voto è stato minimo: sei contro cinque. Il voto decisivo è stato quello della presidentessa del Tribunale, Carmen Lucia, che ha rotto l’equilibrio.

Ora la difesa di Lula potrà presentare ricorso entro il 10 aprile per chiedere la sospensione della pena fino al momento in cui saranno analizzate le dichiarazioni che hanno portato alla condanna in secondo grado, essendo stata appellata la condanna. Senza dubbio però, la possibilità che Lula venga portato in carcere sono maggiori perché il giudice Sergio Moro ha avuto il via libera per dichiararlo in arresto. D’altra parte, sebbene questo non impedisce formalmente la possibilità di candidarsi allle elezioni presidenziali di ottobre, la decisione sarà però nelle mani del Tribunale elettorale. E secondo la legge brasiliana, nessuna persona condannata per un delitto può candidarsi.

La decisione del Tribunale Supremo Federale è avvenuta in un clima teso segnato da azioni e dichiarazioni pubbliche della destra brasiliana contro la possibilità che Lula resti in libertà.

Alla persecuzione giudiziaria contro il leader del Partido de los Trabajadores (PT) che va avanti da vari mesi, si sommano anche l’assassinio della consigliera di sinistra di Rio de Janeiro, Marielle Franco, metà marzo; l’assalto a colpi di armi da fuoco contro la carovana dell’ex presidente nello Stato di Paraná la settimana scorsa e le dichiarazioni pubbliche di diversi militari che hanno minacciato di intervenire con la forza nel caso in cui il dirigente del PT non fosse stato incarcerato e si presenti come candidato alle elezioni di ottobre.

“Non ho dubbi che solamente ci resta il ricorso alle forze armate”, ha affermato il generale Luiz Gonzaga Schroeder Lessa di fronte alla domanda su cosa sarebbe sucesso in caso di sentenza favorevole a Lula.

Nella stessa direzione il generale Paulo Chagas ha sostenuto nel nome di un grupo di militari che il suo “obiettivo principale” è difendere la legge e “assicurare dietro le sbarre il capo di una organizzazione criminale già condannato a dodici anni di carcere”. Ha inoltre attaccato lo stesso Tribunale Supremo Federale per aver permesso a Lula di muoversi liberamente per il paese “dicendo bugie, predicando l’odio e la lotta di classe”.

Mentre il Tribunale stava deliberando migliaia di persone sono scese in piazza per sostenere Lula con lo slogan “In difesa della democrazia”. Uno dei punti del concentramento è stato il Sindacato dei Metallurgici di cui l’ex presidente è stato dirigente e da cui si è poi catapultato nella vita politica. A Rio de Janeiro la manifestazione si è svolta di fronte al Consiglio Comunale. “Mai avrei immaginato che nel ventunesimo secolo avremmo dovuto fare una manifestazione per denunciare l’avanzata fascista” ha dichiarato il consigliere del PT Reimont Luiz Otoni.

“Noi che lottiamo per costruire una società libera dal machismo, razzismo, fascismo e odio, dobbiamo mobilitarci contro questa ondata che ha assassinato Marielle, che ha attaccato Lula e che uccide e continua ad uccidere lavoratori senza terra” ha aggiunto. Prima che fosse emessa la sentenza, la segretaria della Central Única de los Trabajadores (CUT), María Eduarda Fernandes, aveva avvertito che in caso di sentenza negativa occorre “radicalizzare la lotta”.

“Vogliamo ridare vita al processo democratico nel paese, non sappiamo quanto questo oggi sia possibile, ma non ci fermeremo e saremo nelle strade e nelle piazze lottando” ha assicurato.

Articolo pubblicato su NOTAS periodismo popular. Traduzione a cura della redazione di DINAMOpress.