ITALIA

Bologna è una regola!

Bologna ha risposto numerosa alle contestazioni contro la campagna elettorale della destra in Emilia Romagna, inondando le strade della città in modo determinato e imprevedibile

Bologna ha risposto all’avvio di campagna elettorale della destra in regione nel modo migliore possibile: quello, cioè, non prevedibile. Migliaia di persone hanno mostrato di avere ben chiara la portata della sfida, scendendo in strada e superando le previsioni dei migliori commentatori.
La città viva e plurale, aperta e solidale, femminista e ecologista ha risposto numerosa, determinata e in maniera molteplice alla Lega e alla sua propaganda d’odio, di muri e confini, di violenza fascista, razzismo, nazionalismo, sessismo e patriarcato.
In tantissim@ abbiamo riempito le strade della nostra città rendendo politicamente, socialmente e culturalmente inospitale il PalaDozza. A discapito delle sparate di Salvini dei giorni precedenti, al PalaDozza c’era più di qualche seggiolino vuoto, nonostante numerosi pullman cammellati provenienti da fuori regione.
Per le strade della città eravamo sicuramente più di loro.
Fuori dal PalaDozza, infatti, c’erano migliaia di persone che hanno scelto di mettere il corpo e l’intelligenza a servizio della sfida collettiva per la resistenza all’avanzata della destra, ma, soprattutto, per l’affermazione della società migliore che ogni giorno si costruisce.
“Il corteo dei centri sociali”, classico bersaglio mediatico ormai da decenni di propaganda, era un corteo di oltre 5000 persone. Queste persone hanno affermato che per continuare a costruire un mondo migliore è necessario il conflitto. Più democrazia c’è nei centri sociali, negli spazi dell’accoglienza, nei progetti mutualistici, nelle scuole e nelle università, più conflitto riusciamo a praticare insieme. Più conflitto c’è nella società, più spazi ci sono per l’ampliamento della democrazia diretta. Soprattutto migliaia di giovani e giovanissimi hanno risposto a questa sfida. Alla violenza sociale contro le donne, i migranti e le forme di vita su questa terra, in migliaia hanno risposto prendendo la testa del corteo e resistendo agli idranti della polizia e rendendo l’appuntamento un fatto di appartenenza al mondo che si ribella e che non resta inerme di fronte alle transizioni.
Il flashmob “6000 sardine contro Salvini” è stato anch’esso un momento straordinario. Letteralmente: fuori dall’ordinario. Pur essendo il flashmob una modalità ormai nota, la sua politicità è stata in questo caso evidente. Grazie al tam tam social e mediatico, la piazza ha superato di gran lunga l’obiettivo annunciato che era quello di riempire il Crescentone di Piazza Maggiore. Si è innescato nella settimana precedente al 14 un processo che ha ecceduto le aspettative degli organizzatori, 4 giovani bolognesi, ed ha investito completamente il campo della politica istituzionale. Tutte le forze politiche che si contendono la regione con la Lega erano in quella piazza. Che ora quella piazza riesca a dare una nuova spinta a queste forze politiche per recuperare il terreno perso in due mesi di campagna elettorale, è tutto ancora da vedere. Le istituzioni presenti in piazza, dopo i selfie di ieri, sono chiamate ad una reale discontinuità con le politiche della Lega e delle destre.
Elemento evidente della giornata di ieri è che ancora una volta è la società che si auto-organizza con diverse forme a riempire le piazze di migliaia di persone, non certo il ceto politico, che deve invece ascoltare quelle piazze, se vuole davvero vincere contro le destre.
Non ci salverà sicuramente l’attuale governo PD-M5S, che sbandiera discontinuità rispetto alle politiche salviniane, celando il vero intento di “cambiare per non cambiare nulla”. Le leggi sicurezza rimangono immutate, gli accordi criminali con la Libia vengono rinnovati, il mondo del lavoro è sempre più precarizzato e impoverito, le disuguaglianze e le discriminazioni aumentano, le retoriche securitarie ed escludenti sono la traccia comune che guida le politiche governative.
Non possiamo restare a guardare, o, peggio, farci normalizzare con richiami all’ordine e tentativi di disciplinare conflittualità diffuse, che invece sono da potenziare, fare esplodere e comporre insieme in un attacco più complessivo, a partire dalle alternative concrete e cooperative che possono svilupparsi nelle nostre città.
Le nostre vite ribelli, autodeterminate e libere non si fanno disciplinare da retoriche securitarie, ingabbiare da politiche discriminatorie, dividere da diseguaglianze sociali. Non cediamo alla paura e alla rassegnazione. C’è bisogno di agire rotture e costruire percorsi di movimentazione sociale con rivendicazioni e prospettive radicali, aperti a quei pezzi di società che ieri hanno riempito le strade di Bologna, praticando azioni dirette e scandendo parole chiare.
In strada c’era la Bologna che agisce solidarietà – così tanto criminalizzata -, che coopera e cospira, costruisce mutualismo, rifiuta i decreti sicurezza, accoglie e non discrimina; che non vuole più accettare sfruttamenti e ricatti, decide liberamente sui propri corpi, vive l’università studiando per vivere in un mondo migliore e per lottare contro il mondo peggiore, che naviga il Mediterraneo per sfidare insieme ai/alle migranti i confini e disobbedire a ordini illegittimi e affermare il diritto alla fuga dai lager libici, mette al centro la libertà di movimento e dei movimenti, lotta contro patriarcato e omolesbotransfobia e pratica femminismo, che vuole liberarsi da smog e tossicità e affermare giustizia climatica.
Questa Bologna è partigiana e non rimane indifferente. Lo hanno dimostrato le persone che fianco a fianco sono rimaste sotto l’acqua della polizia avendo cura che nessun@ restasse indietro ed esultando ai fuochi lanciati in risposta agli idranti. Una serata di sana tensione trasformatasi nelle passioni più belle, quelle dello stare insieme.
La foto di copertina è di Sara Forni