ROMA
Batti il 5! Libertà di movimento, diritto di residenza dentro e oltre la pandemia
Venerdì 9 aprile alle ore 12 in via Petroselli di fronte all’Anagrafe centrale verrà presentata la campagna lanciata da molte associazioni, movimenti, giuristi, ricercatori universitari, deputati, senatori e amministratori locali per ottenere l’abolizione dell’articolo 5 della Legge Renzi-Lupi che impedisce di ottenere la residenza se si abita in immobili occupati
Sembra scontato pensare che il luogo in cui una persona ha la dimora abituale rappresenti la sua residenza. È lì, infatti, che abita e svolge in maniera continuativa la propria vita personale, dunque risiede. Eppure dal maggio 2014 alle migliaia di persone che da anni vivono nelle case occupate è negato il diritto a vedersi riconoscere la residenza in quell’immobile. È negato persino il diritto a fare domanda per l’allaccio alle utenze.
Lo prevede il famigerato articolo 5 della legge nota come Renzi-Lupi approvata per stabilire “misure urgenti per l’emergenza abitativa”. Una norma ingiusta e spietata con i più deboli, perché senza residenza non si può avere la carta d’identità, non si ha diritto al voto, non ci si può iscrivere al centro per l’impiego né aprire una partita Iva, non si può chiedere la tessera sanitaria per accedere alle prestazioni mediche e non si può fare domanda per l’assegnazione di un alloggio di edilizia popolare. La residenza è obbligatoria per il rinnovo del permesso di soggiorno e per il patrocinio legale, che così viene negato a chi viene da altri paesi. Senza residenza non si esiste!
Eppure, secondo i principi generali del nostro ordinamento, la residenza è un diritto soggettivo, previsto dall’art. 43 del Codice civile, che la indica «nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale».
Alla pubblica amministrazione spetta il compito di accertare semplicemente che questa condizione materiale sussista, ossia che la persona dimori effettivamente nel luogo dichiarato. Oggi invece l’iscrizione anagrafica è negata sistematicamente a specifiche categorie di persone, venendo impiegata come uno strumento di selezione della popolazione meritevole di accedere ai servizi e ai diritti di cittadinanza.
Data l’importanza che assume avere la residenza in un Comune il nostro ordinamento ha previsto con il D.P.R. n.223/1989 che anche una persona senza alcuna dimora possa chiedere la residenza stabilendola nel luogo del proprio domicilio ovvero nel Comune in cui la persona vive di fatto e, in mancanza di questo, nel Comune di nascita.
Oppure come previsto dalla Circolare Istat n.29/1992 fissare la residenza in una via fittizia, deliberata dall’amministrazione, territorialmente non esistente ma equivalente in valore giuridico. A Roma le procedure sono diverse per ogni municipio e la questura non riconosce la residenza fittizia per il rinnovo dei permessi di soggiorno e, in molti comuni, l’Inps rifiuta di attribuire il Reddito di Cittadinanza a persone iscritte come senza fissa dimora.
Con la crisi dovuta alla pandemia la situazione si è aggravata.
Mentre si invitavano le persone a restare a casa, ben sapendo che molte persone una casa non ce l’hanno, si consentiva ai gestori di procedere con i distacchi delle utenze, privando chi occupava una casa per non restare in mezzo alla strada di beni indispensabili come acqua ed elettricità.
La situazione difficile che tutti noi stiamo vivendo per chi abita nelle occupazioni è ancora più drammatica.
Adesso basta! È ora di abolire definitivamente la vergogna dell’articolo 5 – hanno deciso diverse associazioni, movimenti, giuristi e ricercatori universitari, oltre a deputati, senatori e amministratori locali.
Per questo è stato lanciato un appello al quale si può aderire scrivendo a movimentoabitareroma@gmail.com
La presentazione della campagna avverrà nel corso di una conferenza stampa presso la sede dell’Anagrafe centrale romana in via Petroselli venerdì 9 aprile alle ore 12.
Immagini dalla pagina Facebook di Blocchi Precari Mettropolitani