MONDO

Ayotzinapa: appuntamento con la storia

Esattamente quattro anni fa, il 26 settembre 2014 nelle montagne dello stato messicano di Guerrero, 43 studenti furono attaccati mentre tornano in un bus da un evento politico e vennero fatti scomparire. Negli ultimi anni è il caso più grave di desaparecidos nel paese. Dopo 4 anni le famiglie ancora cercano giustizia. Un contributo per Dinamopress dal Messico.

4 anni. 48 mesi. 1460 giorni che le famiglie cercano i loro 43 figli e un accenno di giustizia da parte delle istituzioni messicane. Fin dalle prime ore è stato subito chiaro alle famiglie che avrebbero dovuto trasformarsi in investigatori per capire cosa fosse successo, in attivisti militanti per mantenere viva attenzione e memoria e perfino in alpinisti per organizzare da soli le campagne di ricerca nelle montagne del sud messicano. 1460 notti insonni, senza successo ma non invano. Mentre il governo messicano scommetteva sull’oblio, la lotta di Ayotzinapa è diventata un esempio e una speranza per le migliaia di famiglie messicane riunite nelle centinaia di collettivi di “familiares en busqueda” [familiari in ricerca], che punteggiano il Messico in lungo e in largo come i fori di proiettile che restano sul muro dopo l’esecuzione.

 

Il Messico conta oltre 40.000 desaparecidos dal 2006 a oggi, persone che non sono né morte né vive. Lutti congelati per chi resta.

 

Da quando è cominciata la ricerca infaticabile delle famiglie dei ragazzi della scuola Normal Rural di Ayotzinapa, qualcosa si è mosso anche tra i bastioni dell’impunità messicana. Benché il governo liquidi qualsiasi responsabilità sostenendo che i 43 ragazzi siano stati bruciati nella discarica di Cocula da narcotrafficanti, è ormai scientificamente e giuridicamente incontrovertibile che ciò non è mai accaduto. La battaglia legale intrapresa dalle famiglie di Ayotzinapa ha messo in luce due aspetti complementari dell’attuale situazione messicana: la grave e profonda crisi di diritti umani nel Paese e la completa incapacità e collusione delle istituzioni che dovrebbero farsene carico.

La strategia legale delle vittime punta a ricostruire la verità, trovare i ragazzi scomparsi e ottenere che il caso venga trattato come una sparizione forzata. Lo Stato ha risposto fornendo una spiegazione sommaria e basata sul solo crimine organizzato, supportata da una gestione viziata della scena del crimine e delle prove, nonché frammentando il caso in diversi tribunali. Grazie alla collaborazione dell’équipe forense argentina, tristemente specializzata nella ricostruzione di scenari tragici, alle organizzazioni di diritti umani e alla collaborazione del Gruppo interdisciplinare di esperti internazionali, coordinato dalla Commissione Interamericana per i Diritti Umani, la versione ufficiale del caso è stata demolita.

Il ricorso alla tecnologia satellitare ha permesso di rintracciare piste telefoniche che hanno evidenziato l’esistenza di reti di macrocriminalità estese fino a Chicago e direttamente implicate nel caso. Un’altra indagine fondamentale è stata svolta dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, il quale ha dimostrato il ricorso alla tortura durante l’investigazione gestita dalla Procura Generale della Repubblica. Sono state queste ultime accuse a permettere che il caso venisse trasferito nella sua interezza al primo tribunale collegiale del diciannovesimo circuito con sede a Reynosa, Tamaulipas, [stato del nord del paese, ndr] per  verificare la legalità e imparzialità delle investigazioni portate avanti dalla Procura.
Dopo 4 anni di marce, comunicati, proclami, riunioni, assemblee, minacce, dichiarazioni, lacrime e speranza, lo scorso maggio il tribunale di Tamaulipas, e quindi per la prima volta un tribunale messicano, ha finalmente sentenziato la parzialità, inefficienza e incapacità della Procura Generale messicana nell’investigare il caso, trovando prove di tortura, detenzione arbitraria e altre irregolarità gravi. Con la stessa sentenza ha, quindi, ordinato al governo la creazione di un meccanismo indipendente quale una Commissione per la Giustizia e la Verità, che si occupi di portare avanti nuove linee di investigazione, con assistenza tecnica internazionale e partecipazione diretta delle famiglie.

 

Un precedente unico e una speranza nel cuore delle migliaia di familiari alla ricerca dei propri cari.

 

Il governo di Peña Nieto ha presentato oltre 200 ricorsi, promossi da 10 diverse istituzioni dello stato, per invalidare la sentenza. Non si era mai vista prima una tale solerzia nello studio e applicazione delle leggi. Un ulteriore colpo al cuore, per chi da anni chiede giustizia e ottiene come risposta bugie a scoppio ritardato, vedere tanta energia ed efficienza nella macchina statale, arroccata a difesa di se stessa. Un’autodichiarazione di colpevolezza spudorata e paradossale: lo Stato che scaccia le mosche moleste con la sua coda di paglia. E finalmente il 20 settembre, a una settimana esatta dal 4° anniversario della notte di Iguala, [località dove sono scomparsi i ragazzi, ndt] lo stesso tribunale ha emesso una sentenza definitiva, respingendo tutti i ricorsi e confermando all’unanimità l’esecutività della sentenza.

 

A tre mesi dall’effettiva istallazione del nuovo governo guidato da López Obrador, lo scenario per il caso Ayotzinapa offrirebbe un’opportunità per dare un segnale vero di cambiamento. Il caso Ayotzinapa si configura come un vero e proprio appuntamento con la storia e il modo in cui si risolverà determinerà il punto cruciale nella storia dello stato di diritto messicano.

 

Anni di indagini indipendenti hanno dimostrato senza ombra di dubbio la collusione dei più alti quadri del mondo militare e politico, arrivando a profilare la responsabilità penale internazionale dello stesso Presidente della Repubblica. In questa direzione senz’altro procederebbe l’indagine eventualmente aperta dalla Commissione di investigazione per la Giustizia e la Verità prevista dalla sentenza del tribunale di Tamaulipas, che andrebbe, quindi, ad attaccare il cuore dello Stato, le viscere nere e tortuose del narcogoverno messicano. Aldilà delle promesse di pacificazione nazionale, questo è il banco di prova al quale si dovrà sottomettere il governo di Morena (MOvimiento de REgenaración NAcional) per dare un segnale e perché la rigenerazione del paese non rimanga solo nel nome del partito.

 

Per seguire la campagna mediatica nei giorni dell’anniversario di Ayotzinapa segui gli hashtag #AyotziEsEsperanza  #Ayotzinap4 #43×43.