ROMA

Luca mangiacotti

Autodeterminazione. Pensata, agita, voluta, condivisa!

Nudm insieme al Coordinamento delle Assemblee delle Donne dei Consultori sarà in piazza Esquilino a Roma alle ore 17 contro il patriarcato e per un aborto libero e sicuro. Il 22 giugno di quarantacinque anni fa viene occupato un reparto inutilizzato nella clinica ostetrica e ginecologica del Policlinico Umberto I, rendendo concreto il diritto all’aborto, difendendo i diritti di tutte le donne

Dopo 1 mese dall’approvazione della legge 194 e dopo riunioni e confronti, il 22 giugno 1978 al Policlinico Umberto 1, le lavoratrici e lavoratori del Collettivo insieme al collettivo femminista di San Lorenzo (poi collettivo Simonetta Tosi in suo ricordo),  decidono di occupare un reparto chiuso al II piano della clinica Ostetrica e Ginecologica per iniziare a praticare una legge dello stato voluta e strappata dalle donne con anni di mobilitazioni, lotte e un referendum stravinto sull’ autodeterminazione e il diritto alla libertà di scelta sulla maternità  che, oltre ad essere stata un prodotto di mediazione fra i partiti che non rispettava e svuotava quanto richiesto, non veniva neanche applicata.

La sera del 21 con un compagno medico, Enzo Maiorana, in servizio al Pronto Soccorso e con 4 donne che dovevano abortire vengono fatte le accettazioni, intanto le compagne, per garantire loro un posto letto, riaprono il reparto del prof. Valle, completamente funzionante anche se chiuso da mesi, con camera operatoria, stanza degenze e letti. Molto materiale sanitario viene recuperato da tutto l’ospedale e grazie alla preparazione professionale di 2 compagne femministe vengono sistemati, in camera operatoria, tutti gli strumenti necessari per effettuare l’aborto con il metodo Karman, ovvero con l’aspirazione, per garantire alle donne interventi non violenti come il raschiamento.

Tutto è pronto e si inizia ad organizzarsi per rendere finalmente concreto il diritto all’aborto.

Dalla mattina del 22 si rende pubblica l’occupazione sia dentro che fuori il Policlinico: un  enorme striscione accoglie all’entrata della clinica con scritto “Diritto all’aborto…per non abortire più”, si diffondono volantini nell’ospedale, nei quartieri, nelle scuole, si contattano giornalisti e Radio Onda Rossa è costantemente in diretta per chiamare alla prima assemblea pubblica nell’androne della clinica. Intanto le lavoratrici e le compagne femministe organizzano turni per la sala operatoria, per l’accoglienza, per le pulizie.

Duro risveglio per l’allora rettore dell’università Ruberti, il presidente degli Ospedali Riuniti Ranalli e tutti i baroni universitari che si ritrovano protagoniste le donne nell’attuare, verificare, controllare i loro diritti di scelta e di benessere, visto che, coinvolgendo tuttu u lavoratoru, si attraversano gli ambulatori, i reparti degenza, le sale parto chiedendo quell’umanizzazione e qualità necessaria per fare della sanità pubblica un diritto universale, visto che specialmente l’università era ed è un luogo dove il privato e gli interessi del profitto sulla salute comandano.

La mobilitazione cresce di ora in ora…i nemici sono stati proprio presi in contropiede: una legge dello stato attuata con una occupazione “illegale” all’interno di una struttura sanitaria pubblica, gestita direttamente da chi doveva usufruirne, con personale sanitario volontario e compagne femministe che anche prima della legge praticavano l’aborto … il Policlinico diventa così il primo ospedale che applica la legge 194!!!

Le 4 donne hanno abortito e immediatamente se ne presentano tante altre che giravano fra consultori ed ospedali senza ricevere risposte e senza poter risolvere il loro problema. In 3 mesi di occupazione si fanno in regime diurno, ovvero senza giorni di ricovero, 500 interventi con il metodo Karman (nello stesso periodo al San Camillo 63 con raschiamento e al San Giovanni 19 con tre giorni di ricovero); ogni giorno c’è una assemblea pubblica per allargare la lotta e contaminarci con le altre realtà del mondo del lavoro, delle scuole e dei quartieri ed una riunione tecnica-operativa per i turni di lavoro e la divisione dei compiti che, oltre all’aspetto sanitario, all’accoglienza ed agli incontri dopo l’aborto sui metodi anticoncezionali, deve organizzare gli incontri politici con funzionari sanitari regionali ed universitari per ottenere personale strutturato, materiale, canali per ricerche e visite specialistiche che si rendono necessarie sui bisogni delle donne che vengono accettate per abortire secondo il loro benessere complessivo.

Moltu medicu, specialmente i/le più giovanu, vengo al repartino ad imparare dalle compagne non solo il metodo Karman ma anche come ascoltare e relazionarsi a chi si rivolge al servizio sanitario. Molte lavoratrici del Policlinico e di altri ospedali si offrono come volontarie, dopo aver svolto il proprio lavoro, per ricoprire i turni e per l’organizzazione complessiva e anche molte donne, dopo aver abortito, si rendono disponibili per condividere i loro vissuti e questa esperienza di autogestione.

Una vera esplosione di idee, una fatica che porta energie e positività, una risposta reale ai nostri bisogni dove si dimostra che la sanità pubblica può e deve rispettare diritti, libertà, umanità, qualità e ascolto ai bisogni/desideri di salute.

Passano i giorni e come la lotta si potenzia anche i nostri nemici si organizzano per riprendersi gestione e potere dentro e fuori il Policlinico, impauriti del significato politico e complessivo di questa lotta.

Vengono effettuati con grossi schieramenti di polizia e blindati 3 sgombri: l’1 luglio; il 25 settembre e il 26 settembre, con 5 fermi ed 1 arresto; ma visto che le compagne e le donne ad ogni sgombro rientravano al repartino occupato, dal 26 settembre il reparto viene presidiato per 24 ore su 24 da polizia e guardie giurate per un anno.

Chiaramente la repressione viene accompagnata da una informazione tossica di tutti i quotidiani (eccetto Lotta Continua) e l’Unità come il PCI sono i più attivi per denigrare la lotta, le rivendicazioni, le conquiste. In questo quadro si introduce pure l’UDI e nelle riunioni al Governo Vecchio, dove partecipano anche le compagne occupanti, si scatenano duri confronti perché alcune non accettano l’autogestione e il rifiuto di qualsiasi bandiera e partito, e scelgono di trovare una alleanza con i funzionari sanitari nel tentativo di far nascere anche al San Camillo un reparto per le IVG ufficializzato e non occupato. Intanto altre realtà femministe partecipano all’occupazione e a tutte le mobilitazioni contro gli sgombri.

Dopo alcuni mesi dall’ultimo sgombro e dal presidio poliziesco il repartino IVG viene trasferito dal centro della clinica al piano terra con una entrata secondaria (per salvaguardare la privacy o imporre un senso di vergogna??!!), viene assegnato personale strutturato, si mantiene il Karman, si fanno gli interventi solo 2 giorni a settimana per un massimo di 8 a settimana e qualche aborto farmacologico con la RU 486 al mese.

Le compagne mantengo i rapporti con il personale in servizio al repartino e quando nel 2017 questo servizio rischia di chiudere (il responsabile, uno dei pochi medici NON obiettori, stava andando in pensione) le/i lavoratori del Cobas sanità e la rete IO DECIDO (che dopo pochi mesi diventerà NUDM), con cortei per tutto il policlinico e incontri/richieste alla direzione generale e sanitaria, si riesce ad ottenere l’assunzione di una medica e un altro responsabile non obiettore del servizio (al Policlinico c’è una obiezione del 90%!)

Almeno il repartino IVG non viene chiuso…anche se, chi lo ha attraversato in quei 3 mesi, ne ha tutto un altro ricordo… e questa è memoria… OGGI RIPOTENZIARE gestione e controllo da parte del movimento Transfemminista, delle donne e delle loro assemblee nei consultori come nei reparti IVG e in tutte le strutture sanitarie che coinvolgono prevenzione, scelta e salute delle donne e libere soggettività…continua ad essere un obiettivo irrinunciabile per tuttu noi.

Immagine di copertina di Luca Mangiacotti