ITALIA

Atenei in mobilitazione per la Palestina: «Fuori la guerra dalle Università»

Oggi 9 aprile è la giornata di mobilitazione nazionale contro il bando del Ministero degli Esteri per la cooperazione accademica con Israele. Appuntamenti, assemblee e mobilitazioni in decine di atenei

Comunicato del comitato estensore della lettera per la sospensione del bando del MAECI sulle mobilitazioni di oggi e contro la militarizzazione della ricerca e la cooperazione istituzionale con Israele

Oggi si terranno in decine di città italiane manifestazioni contro gli accordi di collaborazione universitaria e di ricerca tra Italia e Israele, in seguito a settimane di mobilitazione in tutti gli atenei d’Italia. Queste iniziative hanno preso il via da una lettera che, come docenti, tecnolog3, ricercator3 e personale TA delle università e degli enti di ricerca, abbiamo pubblicato lo scorso febbraio, per chiedere con urgenza al Ministero degli Affari Esteri e per la Cooperazione Internazionale (MAECI) la sospensione del bando per progetti di cooperazione industriale, scientifica e tecnologica tra Italia e Israele per rischio di dual use e violazione del diritto internazionale e umanitario. 

Nella lettera sottolineiamo come tale bando rischi non solo di violare il diritto internazionale ma anche di esporre le nostre istituzioni all’accusa di non aver adempiuto al dovere inderogabile di prevenzione di genocidio, come previsto dalla Convenzione per la Prevenzione e Punizione del Crimine di Genocidio. A oggi, le morti causate dall’esercito di Israele a Gaza hanno superato la mostruosa cifra di 33.000. Abbiamo assistito all’agghiacciante assedio dell’ospedale Al Shifa. Israele sta utilizzando il cibo come arma di guerra impedendo l’entrata degli aiuti umanitari e uccidendo sistematicamente i cooperanti palestinesi e internazionali. Diversi paesi, sotto la spinta dell’opinione pubblica, hanno annunciato l’interruzione dell’invio di armi a Israele e il ripristino dei finanziamenti all’Agenzia per i Rifugiati Palestinesi UNRWA.

Ipocritamente l’Italia, gli Stati Uniti e altri paesi hanno invece continuato a inviare armamenti, contravvenendo anche alla risoluzione dello Human Rights Council dell’ONU, e a mantenere il blocco dei finanziamenti all’Agenzia per i Rifugiati Palestinesi.

Oggi la nostra lettera ha raggiunto le 2500 firme, e si è tradotta in mozioni rivolte ai senati degli atenei e ai CdA degli enti di ricerca perché prendano posizione contro la partecipazione al bando del MAECI. Come è noto, la Scuola Normale Superiore di Pisa, le Università di Torino, Bologna e Bari e il CNR hanno aderito agli appelli adottando delibere critiche del bando o sospendendo la loro partecipazione a esso. Ma sappiamo che il bando è solo la punta dell’iceberg del più ampio problema delle commistioni tra università, industria bellica e complicità con il sistema di occupazione e apartheid in Palestina. 

Sebbene oggi si ponga con grandissima forza, la questione della collaborazione universitaria con istituzioni di ricerca implicate nella sistematica violazione di diritti umani, sociali e civili – come lo sono  le università e i centri di ricerca israeliani – dovrebbe sempre accompagnare la nostra professione. A oggi, non esiste alcuna istituzione israeliana che si sia dissociata dalla linea governativa e non abbia sostenuto la continuazione dell’attacco militare contro Gaza. Le colleghe e i colleghi che hanno osato dissentire sono state prontamente punite dalle loro istituzioni con sospensioni, licenziamenti e, nel caso della collega Shalhoub-Kevorkian della Hebrew University, come è ormai noto, persino con la detenzione temporanea e la confisca temporanea del passaporto.

Nella nostra lettera chiediamo di sospendere il bando del MAECI, ma siamo coscienti del fatto che altre collaborazioni con istituzioni israeliane, ben più lucrose, esistono nel contesto dei bandi Horizon Europe e dei consorzi tra i politecnici e le facoltà scientifiche.

Il ruolo di istituti di ricerca come il Technion, per citare un caso famoso, nella produzione e sperimentazione di armi d’avanguardia è ben noto e altrettanto nota è l’attenzione riservata a questo istituto dall’Italia. Molti altri esempi della sistematica complicità del sistema universitario e di ricerca israeliano con le violazioni dei diritti umani dei palestinesi li abbiamo riportati nella nostra risposta alla Ministra Bernini, pubblicata sull’Huffington Post nel marzo del 2024. La settimana scorsa, le testate giornalistiche +972 e Local Call hanno pubblicato una lunga inchiesta, ripresa in Italia dal quotidiano Il Manifesto, sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale nell’industria bellica israeliana, mostrando come questa sia la causa “tecnica” di un numero di vittime così elevato a Gaza oggi.

Vogliamo sottolineare come il sistema bellico Lavender, generato e operativizzato dall’intelligenza artificiale, sia stato presentato presso l’Università di Tel Aviv durante le giornate dedicate all’intelligenza artificiale, organizzate nel 2023 dall’ateneo stesso, e come a presentarlo sia stato invitato il comandante del centro segreto di Scienza dei Dati e AI dell’Unità 8200 dell’esercito israeliano, il colonnello Yoav, come anche riportato dal quotidiano israeliano Haaretz. La normalizzazione da parte dell’Università di Tel Aviv del sistema Lavender e dei software a questo correlati e del loro modo di operare è un altro esempio della interconnessione sistemica tra gli atenei e l’esercito israeliani.

Foto di rajatonvimma, da Wikicommons

L’estensione di tale interconnessione, tuttavia, va oltre Gaza e il plausibile genocidio in corso. Come abbiamo scritto a marzo, alcuni centri di ricerca israeliani con cui alcuni atenei italiani collaborano, come la  divisione ricerca e innovazione della Israel Aerospace Industries (IAI) e della Elbit Systems, sono anche implicati nella costruzione della barriera al confine tra Messico e Stati Uniti. Ci chiediamo quindi quale è la posizione che, come educatrici, educatori, ricercatrici, personale che amministra progetti e le strutture che li rendono possibili, dovremmo prendere circa il collaborare con e normalizzare il lavoro di chi sistematicamente nega e cancella l’umanità di altri esseri umani, siano questi palestinesi o migranti.

La potenziale partecipazione, diretta o indiretta, a un sistema che disumanizza “gli altri” è un problema che inquina la ricerca pubblica italiana in maniera strutturale.

Di fronte al plausibile genocidio in corso a Gaza ma anche di fronte a Frontex o agli enormi interessi di Leonardo, che sono investiti nell’industria bellica israeliana e che determinano il sostegno del nostro governo a regimi dittatoriali come quello egiziano -–  sostegno che rende ipocrita la retorica governativa sui diritti umani e sugli sforzi per assicurare alla giustizia gli assassini di Giulio Regeni – pensiamo che non si possa fare altro che opporsi.

Il 10 aprile il bando MAECI scadrà, ma la profonda connivenza del nostro governo e dei nostri atenei con il plausibile genocidio in atto a Gaza non vedrà una soluzione di continuità se non sotto la pressione di chi studia, lavora e fa ricerca nelle infrastrutture accademiche e di ricerca del nostro paese. Per questo, oltre alla partecipazione alle mobilitazioni di oggi, invitiamo la comunità accademica a un’assemblea nazionale online che si terrà il 17 aprile alle 17 per discutere come rilanciare le iniziative volte a interrompere i legami tra ricerca pubblica italiana, istituzioni israeliane e industria militare, e per costruire veri ponti di pace attraverso la creazione di canali di cooperazione e supporto alla popolazione palestinese.

Sentiamo forte la responsabilità etica del nostro lavoro all’interno della società.

Foto in copertina di rajatonvimma, da Wikicommons