EUROPA

Atene: una grande manifestazione antirazzista a due anni dall’accordo Ue-Turchia

Migliaia di persone, migranti, rifugiati, attivisti, spazi sociali e associazioni hanno attraversato le strade del centro della capitale greca in occasione della giornata internazionale contro il razzismo

Ad aprire il corteo lo spezzone dell’Hotel City Plaza, hotel occupato da quasi due anni da piu di 300 migranti,rifugiati e attivisti greci e internazionali. All’interno del corteo ateniese, inoltre, un grande spezzone costituito dal Campo autogestito di Lavrio ha denunciato i bombardamenti di Afrin e denunciato le violenze di Erdoğan.

La manifestazione è partita dalla piazza centrale di Omonia ed è giunta sino agli uffici delle Nazioni Unite dove diversi interventi hanno definito le stesse « un’organizzazione criminale » che non soltanto ostacola la libertà di movimento di tutte e tutti ma è anche responsabile delle morti di centinaia di persone. Proprio ieri, infatti, 16 persone hanno perso la vita al largo dell’isola di Agathensi, mentre cercavano di raggiungere la Grecia dalla Turchia.

Queste morti sono conseguenza dell’odiato accordo tra l’Unione Europea e la Turchia che compie due anni proprio il 18 marzo di quest’anno. In occasione della giornata di mobilitazione, dalla Grecia è stato diffuso un appello internazionale per azioni diffuse e coordinate in tutta Europa. Così mentre ad Atene migliaia di persone mostravano il volto dell’autorganizzazione e della solidarietà, l’antirazzismo e la presa di parola diretta di migranti e rifugiati, in Germania, in Francia, in Inghilterra tanti e tante sono scesi in piazza contro gli accordi dell’Unione Europea.

Se l’accordo con la Turchia ha intrappolato sulle isole greche migliaia di migranti e rifugiati, quello firmato più recentemente con la Libia ha implementato le forze della guardia costiera libica, riducendo il numero di sbarchi sulle coste italiane, e aumentando quello delle morti nel Mediterraneo.

Sono solo alcuni esempi delle politiche criminali che l’Unione Europea adotta nell’ambito delle migrazioni, attraverso la contestata definizione di “paese terzo sicuro”, usata come dispositivo per delegare ed esternalizzare il controllo delle frontiere a paesi terzi definiti sicuri sulla base di criteri del tutto opportunistici che non tengono in alcun modo conto delle vite di quanti e quante provano ad attraversare il mare.

Molti e molte di loro ieri si sono riversati nelle strade delle principali capitali europee, al grido di “open the borders”  e  “open the islands” .

 

Foto di Mario Lolos