OPINIONI

Asilo nel bosco: altro che selva oscura, qui splende forte il sole

Su DINAMOpress abbiamo recentemente pubblicato “Una selva molto oscura”, articolo di dura critica nei confronti delle esperienze di homeschooling e pedagogia alternativa come l’Asilo nel Bosco. Una risposta da parte di chi lavora in una di queste strutture

Sono da anni impegnato nelle lotte sociali, contro i poteri forti che opprimono e sfruttano, con le mani nel fango insieme ai settori popolari che non si arrendono, resistono e quotidianamente costruiscono il proprio riscatto. Faccio anche parte da anni dell’Asilo nel Bosco (Ostia Antica) e sono rimasto stupito dalla lettura dell’articolo di Michele Dal lago e Angela Pavesi Una selva molto oscura. Il neoliberismo comunitarista delle scuole parentali e libertarie, pubblicato nella sezione “opinioni” di DINAMOpress. Non scrivo per rispondere agli autori, ma per permettere alle persone che hanno letto di capire meglio chi siamo e cosa facciamo e di farsi la loro opinione, con la speranza che si alimenti, su un tema così centrale come l’educazione, un dibattito ricco e plurale che faccia crescere tutti.

 

Procedo per punti:

Per iniziare a parlare di scuola può essere utile avere chiaro quali sono gli attuali assetti del sistema per ogni specifica fascia di età. Per la fascia 0–6 (nidi e scuole dell’infanzia), per esempio, che è fuori dall’obbligo scolastico, il sistema pubblico ad oggi offre una quota largamente insufficiente di posti (già questa potrebbe essere una battaglia da riprendere). Per la scuola dell’obbligo, è prevista per legge, la possibilità da parte dei genitori di educare e anche “istruire” i figli organizzandosi fuori dalla scuola statale. Infatti l’art. 30 della nostra costituzione recita: «È un diritto dovere dei genitori, istruire ed educare i figli (…)».

Attenzione, anche per i genitori che scelgono questa strada, rimane sempre la relazione con una scuola dello stato con la quale le famiglie condividono il percorso formativo e nella quale bambini e ragazzi faranno un esame alla fine di ogni anno scolastico (questa è l’educazione parentale, l’homeschooling che viene descritto).

 

Senza esprimere nessun giudizio e nessuna valutazione questo è, obiettivamente, il quadro formale che abbiamo davanti. Utile intanto per capire in che mare stiamo nuotando, prima ancora di ragionare su dove vogliamo andare.

 

Quando si parla di asili nel bosco, scuole libertarie, homeschooling non si parla di una sola cosa, ma di tante cose diverse. Non si tratta di esperienze con un unico approccio e un’unica visone dell’educazione e del mondo. Con buona pace di chi non ce l’ha ancora fatta a capire che il mondo e la società sono complesse, bisogna stare attenti a quello che si dice: per fare una critica non c’è altra strada che fare nomi e cognomi e aprire un discorso meno nebuloso e decisamente più corretto e più trasparente. Il fatto che ci sia così tanta diversificazione, oltretutto richiede un grande sforzo anche nel cogliere “i tratti generali dei fenomeni”.

 

Immagine di Wokandapix da Pixabay

 

Vedo ad esempio una grande contraddizione: ci sono tante o poche famiglie che si organizzano fuori dalla scuola statale? Se sono poche, l’allarmismo di alcuni sarebbe ancora più ingiustificato. Se sono tante, visto che organizzarsi fuori dalla scuola pubblica vuol dire in linea di massima per un genitore mettere ancora più tempo e più impegno nell’educazione dei figli, bisognerebbe chiedersi: quali sono le ragioni profonde che li spingono a queste scelte? E forse bisognerebbe porsi queste domande pensando che dietro e dentro queste scelte ci sono vite reali, gioie e problemi, intenzionalità che non conosciamo e che non possiamo metterci sul piedistallo e giudicare, ma dobbiamo innanzitutto comprendere.

 

Fatte queste premesse, racconto la mia esperienza all’Asilo nel Bosco di Ostia Antica, per mettere, come si suol dire, “i piedi nel piatto”. Qualcuno ci vorrebbe dipingere come una realtà contro la scuola pubblica.

 

E allora perché la maggior parte dei maestri dell’Asilo nel Bosco e della Piccola Polis sono spesso in prima fila alle manifestazioni per la scuola? Perché fra i primi dopo il lockdown abbiamo risposto all’appello di Priorità alla Scuola? Perché, visto che ci interesserebbe costruire una piccola isola felice tutta per noi, siamo stati fra gli animatori della giornata “Apriti Scuola e l’8 giugno 2020” siamo stati al fianco di genitori e maestri di tante scuole fra Garbatella, piazza Vittorio, Centocelle?

Perché abbiamo partecipato alle audizioni e al confronto con la Regione Lazio in merito alla riforma dei servizi educativi 0-6 anni? E cerchiamo di confrontarci e di spingere le istituzioni a migliorare la scuola per tutte e tutti? La realtà è che siamo quotidianamente impegnati a lavorare per una scuola migliore per tutte e tutti con decine di collaborazioni con scuole statali, con un reciproco scambio, sia nel territorio del X Municipio dove siamo collocati e anche in tante altre città e luoghi disseminati per il paese. Non sono parole, ma fatti.

Ci è stato dato persino dei neoliberisti. Ma allora se siamo neoliberisti perché lo scorso anno dopo il lockdown totale, quando da molte parti si cominciava a gridare che bisognava dare maggiore attenzione ai bisogni di bambine bambini, ragazze e ragazzi e si discuteva di attivare quantomeno delle attività estive, siamo stati fra i pochi che hanno posto alla Regione Lazio il tema di non erogare solo “voucher” individualizzati alle famiglie, ma di mettere in campo risorse in grado di sostenere le scuole e le comunità territoriali? Per un welfare reale e dal basso?

 

Per fortuna ho ancora la lettera che abbiamo inviato allora al governatore della Regione Lazio Zingaretti. Ma al di là di questi fatti inconfutabili, cerchiamo di andare oltre.

 

La nostra è un’associazione vera che discute e ragiona in forme di condivisione assembleari e orizzontali, che vive di auto-organizzazione. Quello che in un’altra associazione è l’esecutivo, da noi è la sede della “giunta del buon governo” parafrasando ed evocando quanto di meraviglioso e potente è stato realizzato e conquistato nelle comunità autonome del Chiapas. Soprattutto la nostra realtà vive di solidarietà reale e mutualismo vero, si contribuisce al funzionamento della struttura mettendo ciascuno in base alle proprie possibilità, senza mai escludere nessuno: nessuna bambina e bambino e nessuna famiglia, mai. La partecipazione e l’inclusione sono le nostre bandiere.

 

Immagine da commons.wikimedia.org

 

Siamo stati accusati anche di applicare una pseudo-pedagogia e di non capire che i bambini e i ragazzi hanno bisogno di fare il loro personale cammino verso il mondo. Non è così. Personalmente ho iniziato a lavorare con i minori nel 1999, come educatore sociale e già avevo fatto per alcuni anni l’accompagnatore in diversi centri estivi. Tutto il gruppo delle maestre e dei maestri dell’Asilo nel Bosco e della Piccola Polis è un gruppo superformato sia dal punto di vista teorico che sotto il profilo pratico. Non basta conoscere le importanti personalità della storia della pedagogia, bisogna anche sudare con bambini e adolescenti in carne ed ossa. Soprattutto si tratta di un gruppo di maestre e maestri animato da una immensa passione per l’educazione, il che porta tutte e tutti a continuare permanentemente a formarsi e aggiornarsi.

 

Sappiamo bene, poi, quanto è importante per i bambini avventurarsi e crescere nella relazione con altre figure adulte (i maestri) e soprattutto fra pari. Quanto sia importante aprirsi al mondo e alle esperienze. Per questo una delle cose più importanti e preziose che proponiamo quotidianamente è fare esperienza del mondo nel mondo.

 

Nella vita reale. Per esperienza diretta. Attraverso la Cooperazione. Sperimentando e costruendo Autonomia. Noi crediamo che sia fondamentale la capacità di esplorare e conoscere la realtà attraverso il proprio sguardo critico, costruendo nessi originali, non solo ripetendo. I bambini della nostra scuola primaria e secondaria, per farvi un esempio (Covid permettendo), non solo si mettono in movimento sul territorio, ma in tutta la città. In tutta Roma con le sue immense meraviglie e anche con tanti altri aspetti (per esempio quelli sociali), che possono aiutare a conoscere il mondo reale e generare un proprio punto di vista. Solo così si prende parte al mondo, ci si prepara a essere soggetti attivi, che non subiscono lo “status quo” ma sono in grado di immaginare scenari nuovi, di trasformare.

Un’ultima puntualizzazione è necessaria rispetto al ruolo dei genitori. Quando nominiamo la partecipazione dei genitori, parliamo di dialogo e collaborazione fra maestri e genitori nella crescita e nell’apprendimento delle bambine e dei bambini, delle ragazze e dei ragazzi. Ci fa orrore pensare (come sembra evocare il sopracitato articolo), che i minori debbano essere educati dallo stato, cosa che fa tornare alla mente totalitarismi e pagine della nostra storia che non devono mai più ripetersi. Quello che bisogna realizzare è condivisione nel rispetto di ruoli diversi. Collaborazione fra maestre/maestri e genitori e fra comunità intere che diventino consapevolmente educanti. Per noi questo dialogo e questo processo è essenziale.

 

Per questo abbiamo elaborato e mettiamo in pratica una serie di strumenti e di possibilità che favoriscono concretamente lo sviluppo di queste fondamentali collaborazioni. Inoltre ci sono sempre delle figure dedicate e competenti anche per il supporto genitoriale, per chi si trova a passare un momento più delicato della propria vita e ha bisogno di sostegno e supporto nel portare avanti il suo delicato compito educativo.

 

Da noi i genitori partecipano insieme ai maestri e a tutti alla vita della scuola, prendendosi cura degli spazi e della sua vita complessivamente intesa. La vita di una scuola non deve essere ristretta all’orario e allo spazio curricolare. La scuola deve essere presidio sociale, luogo di incontro, aggregazione, cooperazione sociale ed educativa, crescita umana ed espressione e lo deve sempre di più, il più possibile, proprio per rompere la gabbia delle solitudini e dell’individualismo in cui questo sistema vuole relegarci. Solo così, attraverso la cooperazione il processo educativo, da individuale torna ad essere qualcosa che alimenta la sfera del “comune”, torna a essere responsabilità e avventura collettiva.

Spero che queste coincise e dirette puntualizzazioni possano servire ai lettori che non conoscono direttamente quello che facciamo e che proponiamo, per avvicinarsi a una comprensione meno distorta. Oltre questo, ritengo anche importante sviluppare (o quantomeno abbozzare) alcuni ragionamenti e riflessioni per spingere “in avanti” e in positivo il dibattito. Lo faccio con il mio spirito proletario, che mi porta sempre a guardare la concretezza dei problemi, a partire dai soggetti in carne ed ossa e da quello che esprimono. Può un dibattito sull’educazione e sulla scuola prescindere da una lettura e da una comprensione di come stanno bambine e bambini, ragazze e ragazzi? Partiamo da alcuni dati istituzionali, che mi hanno molto colpito.

 

Alcuni anni fa è stata creata una commissione ministeriale per rilevare il livello di benessere e malessere nelle scuole italiane, attraverso un’analisi che ha interessato un ampio campione di preadolescenti e insegnanti.

 

«Quando abbiamo cominciato ad analizzare i dati, ci siamo agitati tutti», racconta la professoressa Daniela Lucangeli (Cinque Lezioni Leggere sull’Emozione di Apprendere). Come darle torto: il 27% degli studenti sta così così (non bene); il 73% sta male e, all’interno di questo gruppo, il 60% sta male stabilmente. Fra le cause rilevate di questo malessere, vi è certamente il carico “prestazionale” cito ancora una volta la professoressa Lucangeli: «(…) ai ragazzi viene chiesto di memorizzare procedure e regole in grande quantità anziché di far proprie delle conoscenze (…); e ancora (….) abbiamo riconosciuto traiettorie emotive che sono collegate a emozioni di continuo Alert», in particolare la noia e il senso di colpa.

 

Immagine di Igor Ovsyannykov da Pixabay

 

Del resto i ricercatori, ai massimi livelli e ben prima dell’emergenza Covid-19, stavano lanciando un gigantesco allarme, parlando di una vera e propria “pandemia” dei disturbi dell’umore in particolare nelle fasce pre-adolescenziali e adolescenziali: un’emergenza di proporzioni mai conosciute prima. A questo si aggiunge ora, ad aggravare il quadro, tutto quello che sta accadendo nella società e nella scuola dentro l’attuale contesto di pandemia da Covid -19. Quale presente e quale futuro stiamo costruendo per e con le nuove generazioni? A me questa domanda appare incredibilmente urgente. E dovrebbe spingerci a costruire insieme un immenso sforzo, non solo per arginare, ma per cambiare davvero direzione.

 

Tornando alla scuola. È vero che non c’è mai fine al peggio. Ma a forza di arroccarci sulla difesa di questo e di quello, mentre continuamente chi ci ha governato ci ha tolto quello che i nostri nonni e i nostri padri e madri avevano conquistato, nelle mani c’è rimasta soltanto la polvere delle macerie (e questo vale non solo per la scuola, ma anche per la salute, la casa, il lavoro, il salario e il reddito, la qualità della vita dei nostri luoghi).

 

Dobbiamo immaginare, costruire e lottare per un presente (e quindi per un futuro) radicalmente diversi. E mi dispiace per chi vuole credere che la scuola che abbiamo davanti agli occhi sia istituzione di un nuovo mondo.

Questa scuola è istituzione di questo mondo e di questo sistema. Ciò non vuol dire che di quello che c’è bisogna buttare tutto via. Il mondo è complesso dicevamo all’inizio e semplificare troppo può portare “distorcere” e persino “falsare” la realtà. Dentro la scuola statale ci sono tantissime e tantissimi meravigliose e meravigliosi maestre e maestri e noi lo sappiamo bene, perché con molti di loro cerchiamo quotidianamente di tessere fili di benessere e di cambiamento. Riconosciamo, inoltre, il valore e vogliamo una scuola gratuita e accessibile a tutte e tutti, che sia anche luogo di incontro fra diversità.

Per esempio la scuola sta aiutando certamente ad arginare i rischi legati a uno dei nostri più pericolosi nemici di questo strano tempo: il razzismo. Io che sono protagonista insieme ad altri delle lotte per il diritto all’abitare lo so bene. Ma tenersi la scuola statale, gratuita e accessibile a tutte e tutti, non vuol dire tenercela così com’è.

 

Vuol dire partire da queste basi per cambiarla. Cambiare radicalmente il modo e le forme dell’apprendere, guardare al benessere delle bambine e dei bambini, delle ragazze e dei ragazzi, metterci al servizio e alimentare il sapere critico e la libertà di pensiero.

 

Quella che dobbiamo costruire è una scuola che non sia soltanto pubblica in quanto statale, ma in cui ci sia una reale partecipazione di chi la vive! Una scuola pubblica e comune, che rompa le gabbie dell’individualismo e della passivizzazione, del “pensiero unico del mercato”. Ma qualcosa mi dice che tutto ciò non cadrà dal cielo, se lo vogliamo lo dobbiamo costruire, ce lo dobbiamo conquistare. Ben oltre le parole, come sempre, conteranno i fatti. Che aspettiamo, ci mettiamo a lavoro?

 

L’autore è attivista del movimento per il diritto all’abitare romano e insegna all’Asilo del bosco di Ostia Antica.

Immagine di copertina da commons.wikimedia.org