MONDO
Argentina, il governo Macri chiama l’FMI
Trentamila milioni di dollari in cambio di una nuova iniezione di politiche ultra-liberiste. Lo ha annunciato ieri il Presidente argentino. Intanto, le piazza si scaldano
«Ho deciso di dare inizio alle negoziazioni con il Fondo Monetario Internazionale per ottenere sostegno finanziario» ha annunciato ieri il presidente Mauricio Macri in una conferenza stampa tenuta all’ora di pranzo locale. La decisione arriva a fronte di una nuova impennata del dollaro, che aveva sfiorato la crifra record di 23,66 pesos. Il peso argentino è la moneta che a livello globale si è svalutata di più durante i primi mesi del 2018. L’Argentina, intanto, scala rapidamente la classifica dei Paesi più indebitati al mondo.
Macri ha affermato: «le nostre politiche dipendono dal finanziamento estero. Così, a fronte di una situazione globale complessa, per evitare una nuova crisi come quelle che tante volte abbiamo vissuto, ho parlato con Christine Lagarde per trovare un accordo che ci consenta di realizzare un programma di sviluppo e crescita del Paese nell’interesse di tutti gli argentini». Il riferimento alle crisi passate suona beffardo, visto che le soluzioni proposte rappresentano, seppur in un differente contesto, una significativa continuità con le politiche economiche che nel 2001 affossarono l’Argentina (circolano in queste ore le prime pagine dei giornali e le dichiarazioni degli allora ministri e presidentele cui risonanze ritroviamo simili in maniera impressionante nelle parole di Macri di ieri ).
Intanto, la vita quotidiana di milioni di persone diventa sempre più difficile. I licenziamenti nel settore pubblico e nelle fabbriche colpiscono decine di migliaia di lavoratori e (soprattutto) lavoratrici. Aumentano i costi dei servizi. Si abbassano i salari. Continua l’attacco frontale ai sindacati e il tentativo di smantellamento del sistema sanitario e di quello educativo.
Il prestito dell’FMI, che secondo diverse fonti si aggirerebbe attorno ai 30mila milioni di dollari, prevederà, come sempre in questi casi, delle dure contropartite: una riforma del mercato del lavoro basata su maggiore flessibilità e libertà di licenziamento; la privatizzazione delle pensioni; l’approvazione di nuovi tagli alla spesa pubblica; la garanzia di continuità delle politiche di aggiustamento strutturale. L’FMI, che già a ottobre scorso, giusto poche settimane prima della rivolta di dicembre contro la riforma delle pensioni, aveva rimesso piede a Buenos Aires per imporre le sue ricette economiche nella veste di revisore dei conti, torna adesso ufficialmente a dettare la politica economica nel Paese.
Mentre Macri annunciava le negoziazioni con la direttrice del Fondo Monetario Internazionale, a Buenos Aires, sotto la pioggia battente, movimenti sociali e lavoratori dell’economia popolare scendevano in strada. Le mobilitazioni, che seguono quelle che il Primo Maggio hanno lanciato un percorso di unificazione per la nascita del Sincadato unitario dell’economia popolare, si sono svolte in diversi punti della città e in particolare sotto l’Obelisco. I diversi cortei sono arrivati al Congresso per chiedere l’approvazione delle leggi elaborate dai movimenti e presentate da alcuni deputati dell’opposizione sull’emergenza alimentare, l’urbanizzazione dei quartieri popolari e le nuove misure di sostegno alle cooperative di lavoro.
Oggi, sono previste manifestazioni da parte di tutti i sindacati contro l’aumento del costo di luce, acqua, gas e dei mezzi pubblici (il cosiddetto tarifazo). Diversi cortei sfileranno durante la giornata sotto il Congresso. Per giovedì, invece, è stato annunciato lo sciopero del settore pubblico, delle scuole e delle università, nell’ambito della negoziazione sull’adeguamento salariale all’inflazione, che il governo vuole mantenere sotto il 15% (con oltre il 25% di inflazione).
Si mobilita anche il movimento femminista che da settimane è in piazza per l’aborto legale, per maggiori finanziamenti all’educazione sessuale, per la prevenzione e il sostegno alle donne vittime di violenza. Il movimento ha lanciato per il prossimo 3 giugno la terza grande manifestazione Ni Una Menos, che si annuncia un appuntamento moltitudinario che mette al centro la denuncia della relazione strutturale tra indebitamento, tagli alla spesa pubblica e moltiplicazione delle violenze contro le donne.
In agitazione è anche il settore dei trasporti: dall’altro ieri sera, le linee della metropolitana sono in subbuglio per le proteste dei lavoratori che richiedono l’aumento salariale. Per diverse ore i tornelli sono rimasti aperti, proprio in occasione di un nuovo rincaro record dei biglietti: da 7, 5 a 11 pesos, con un + 46% (un anno fa il costo del biglietto era di 4 pesos). L’aumento è stato sospeso da un provvedimento giudiziario dopo un reclamo presentato da due deputati dell’opposizione.
Al momento, anche grazie a proteste e mobilitazioni, il Congresso sta discutendo un progetto di legge firmato dall’opposizione che ha l’obiettivo di ristabilire le sovvenzioni per il consumo di luce, acqua e gas e contenere la crescita di biglietti e bollette, che nei primi mesi del 2018 sono quintuplicate. Macri, però, ha già annunciato il veto sull’eventuale legge che si propone il blocco di questi provvedimenti antipopolari che colpiscono le singole famiglie, ma anche cooperative e piccole e medie imprese.
Uno scontro duro e diffuso sembra avvicinarsi. Già da oggi in piazza e al Congresso cominceranno a misurarsi le forze in campo. Seppure mobilitazioni ampie e moltitudinarie caratterizzano da almeno due anni la vita quotidiana dell’Argentina di Macri, le dichiarazioni del Presidente e le misure che ne deriveranno potrebbero tornare ad infiammare davvero un Paese già provato da dure politiche neoliberali.