ROMA
Antonello e la città
Nel giorno di una ricorrenza memorabile se ne va uno dei ribelli di Roma. La città perde uno dei suoi più importanti narratori.
È difficile relazionarsi e avere a che fare con quell’evento connaturato alla nostra vita fin dalla nascita. Nominarlo, evocarlo oltre l’arte e la poesia. Quando viene all’improvviso e si porta via un compagno, un amico. Noi che, impegnati tutti i giorni a vivere, a lottare, a dare un senso alla quotidianità, spesso ci dimentichiamo della potenza di un vuoto e di una mancanza importante.
Difficile parlarne, prendersi un momento e non aver paura di evocare l’assenza. Ognuna/o potrà dire di avere i suoi frames di Antonello, urbanista, architetto, scrittore, redattore, cantore dei luoghi della città e quanto altro ancora: quella volta che mi consigliò per la tesi, quelle cene nel quadrante San Lorenzo e Prenestino-Casilino, quella recensione commissionata, quegli scambi cinefili, i resoconti parigini da nonno, gli aneddoti raccontati “quella volta che mentre passeggiavamo con David Harvey a San Lorenzo, parlavamo di Carlo Cattaneo”. Le assemblee, le iniziative, le riunioni di redazione in cui, sempre presente e attivo, si metteva di tanto in tanto a chiacchierare ad alta voce coinvolgendo Augusto prima che qualcuno dicesse necessariamente: “mo vi divido”…
Eh sì, personalmente l’ho incrociato per la prima volta politicamente in quel progetto editoriale di informazione indipendente bellissimo che è DinamoPress, redazione metropolitana e transnazionale, dalle piazze, alla rete e viceversa, esperimento di cooperazione e mutualismo. Antonello “Costretto” anche a iscriversi alla piattaforma social per essere più connesso con il desk, e sì, ci regalava anche lì i suoi bozzetti. Sempre presente, una vita dalla parte giusta, in trincea, aperto ad ogni nuova sfida con l’entusiasmo di chi osa e ama ancora apprendere mentre regala esperienza.
La scommessa del crowdfunding e del sito nuovo che non ha fatto in tempo a vedere, l’ultimo libro appena uscito, che quando ne parlava gli brillavano gli occhi come un bambino. Un dedalo di racconti che si intrecciano nei luoghi e nelle epoche della città che Antonello amava esplorare insieme alla compagna della vita, Rossella.
Per l’Antonello poeta dell’urbanistica e dell’architettura, la città diventa immediatamente scenario narrativo, ma anche laboratorio di pratiche politiche, “opera collettiva” per eccellenza determinata dalla fitta trama d’interazioni tra soggetti, sia nella contesa per gli spazi sia nei processi di significazione e rappresentazione, in un filone di pensiero attento al ruolo di un’architettura sempre in relazione con l’individuo e con la comunità.
La città stessa come “locus” della memoria collettiva di chi la abita e come la memoria legata a dei fatti e a dei luoghi.
Il tema cruciale tra architettura e trasformazioni delle città posto al centro di un metodo di indagini costruito sull’approfondita conoscenza dei progetti interpretati nel farsi insediamento come fatto originale, storicamente determinato e profondamente legato alle matrici della cultura materiale.
Al di là di ogni visione da archistar, ogni opera architettonica letta attraverso un suo linguaggio, un suo progetto, che non si può ridurre a una funzione o a una forma.
La città raccontata ed esplorata ancora, nei testi, nelle passeggiate nei quartieri gentrificati e in quelli dormitorio, tracciando mappe collettive per scoprire insieme come abitarla la città, al di là della nuvola tossica della speculazione edilizia che la divora.
Continueremo a leggerla e raccontarla la città, con lo sguardo di chi la ama, e di chi l’ha amata, nonostante le sue contraddizioni. E prima o poi andremo ad avventurarci anche in quei luoghi così lontani, che chissà se esistono veramente come scritto nell’ultimo libro.
Una cosa già detta mille volte si può dire ancora, al di là di questa vita spesso stronza: chi ha compagni non muore mai.