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Anna Perenna: vocazione sovversiva sotto  Sant‘Euclide

Continuiamo a esplorare Roma nascosta seguendo le fontane, i boschetti, le feste di primavera e i sabba di streghe che ruotano attorno ai miti e alla scoperta degli oggetti rinvenuti alla Fonte di Anna Perenna

Piazza Euclide, con le sue fastidiose bande di pariolini con motorini e minicar truccati non gode certo buona fama. Ospita pure due brutture assolute, la stazione del metro Flaminio-Prima Porta e la chiesa del Sacro Cuore Immacolato di Maria, vulgo Sant’Euclide, con sommo gaudio del padre della geometria e dei suoi seguaci euclidei e non euclidei. Ma non sempre fu così.

Un tempo vasti boschi coprivano l’area fra l’Auditorium, piazza Euclide e villa Glori, a strapiombo sul Tevere e l’Acqua acetosa. Alle Idi di marzo vi si celebrava una festa della primavera e dell’inizio anno, con tanta affluenza di folla che i congiurati repubblicani scelsero quella data per assassinare Cesare nella distrazione generale, come ci narra Ovidio che nei Fasti, III vv. 523  ss. ci ha lasciato una vivida descrizione.

 

Come in molti altri riti analoghi, l’arrivo dell’anno nuovo era segnato da una carnevalesca inversione dei ruoli: gli abitanti della città sciamavano fuori porta, uscivano dalle case in muratura per allestire capanne di canne e frasche (come facevano gli Ebrei per la festa di Sukkot, che ricordava il loro nomadismo dopo l’esodo dall’Egitto), i rigidi costumi erano derogati: regnavano licenza e trasgressione. La plebe si ubriacava sbracata a coppie sui verdi prati (plebs venit ac virides passim disiecta per herbas potat, et accumbit cum pare quisque sua), ogni bicchiere tracannato vale un anno di vita – altro che passatella! Cantano canzoni apprese a teatro e danzano in circolo le ragazze a capelli sciolti (diffusis comis) intonando canti scurrili (cantent obscena). Al ritorno barcollano strafatti e sono chiamati fortunati. Annare perannareque commode (passare un buon anno dall’inizio alla fine) era un augurio corrente, riferisce Macrobio.

Epicentro della baldoria è infatti la limpida fontana dedicata ad Anna Perenna. Chi era costei? Ovidio propone tre ipotesi ed etimi correlati – cosa abituale nel repertorio mitologico. Una sorella di Didone, profuga in barcone per persecuzione politica (iussa fugit ventoque ratem committit et undis) prima a Malta e poi nel Lazio, accolta affettuosamente da Enea fino al punto da destare la gelosia di Lavinia (“prima le donne laziali”, furialiter odit / et parat insidias et cupit ulta mori) e quindi rapita e nascosta nelle sue acque dal fiume Numicio, amne perenne latens, donde il nome e le grandi tavolate di festeggiamento. Vabbè, Ovidio fa a gara con Virgilio e inventa un’etimologia plausibile a orecchi romani.

Seconda versione, boccaccesca ante litteram. Marte raggira la vecchia dea Anna con la scusa che condividono lo stesso mese sacro, marzo, e la prega di fare da mezzana. Anna finge di consentire e invece si traveste con un velo e va a letto con Marte. Arrivati al dunque, il dio ci resta malissimo e la gelosa Venere si fa grandi risate: per questo le ragazze intonano antichi frizzi e canti osceni (inde ioci veteres obscenaque dicta canuntur). Buona spiega, che si riallaccia a molteplici tradizioni fiabesche (Propp insegna) in cui vecchiaia e travisamento esorcizzano la paura dell’organo femminile.

 

La versione che preferiamo, però, è la terza – trasversale ai quartieri di Roma, al conflitto sociale e pure, per coincidenza, più vicina al reale etimo indoeuropeo del nome.  Durante la secessione del 494 a.C. (sciopero militare e ritiro dei plebei sul Monte Sacro) – quella che si concluse con la creazione dei tribuni della plebe, simbolo per Machiavelli del conflitto produttivo di libertà e istituzioni – le scorte di cibo si esaurirono ben presto e all’improvviso arrivò dalle Frattocchie (Bovillae) una vecchietta povera ma  attivista (pauper, sed multae sedulitatis anus), che si mise a distribuire focacce belle calde (rustica liba fumantia) agli scioperanti infreddoliti accampati al Tufello e in cima al parco Simón Bolivar. Tornata la pace, la plebe eresse una statua a quell’Anna Perenna che li aveva assistiti nel bisogno, come un’altra ninfa Anna, figlia di Atlante aveva nutrito il pupo Giove. In effetti il nome Anna rimanda a una radice sanscrita che significa “alimentare” (donde il nome dei magazzini frumentari, Annona, e le nostre “tessere annonarie” di bellica memoria). Una variante locale della Grande Madre.

Ma il più bello della storia viene dopo e ne è testimone non più Ovidio bensì l’archeologia. La fontana votiva del 156 d.C. è stata disseppellita nel 1999 durante gli scavi per un parcheggio multipiano che rischiarono seriamente di rusparla via. Nella cisterna annessa sono stati ritrovati parecchi reperti: 549 monete buttate lì tipo fontana di Trevi, 74 lucerne scaramantiche, un paiolo in rame per pozioni magiche, numerose defixiones, cioè tavolette con incise formule di maledizione e invocazioni ad Abraxás, pupazzetti trafitti in stile vudu impastati di cera e farina e infine alcuni cilindri di piombo a matrioska, racchiudenti altri due contenitori sigillati con resina, nell’ultimo dei quali sta la fattura o l’effige della vittima a testa in giù.  Le monete vanno dal periodo di Augusto e Ovidio al VI secolo, attestando una lunga permanenza anche in epoca cristiana – del resto Abraxás è Satana ma anche la divinità suprema in alcuni sistemi gnostici e una delle tavolette celebra il grande mago Cristo.

La spensierata esplosione primaverile del desiderio, repressa dall’austerità augustea (ricordiamo l’esilio proprio di Ovidio) e poi dall’ascesi cristiana, si converte in ossessiva magia nera, la libertà assume il volto della stregoneria, unico campo lasciato al protagonismo delle donne e alla trasgressione, che per molti secoli (solo i primi dei quali documentati) si tramanda intorno alla sorgente della ninfa lunare Anna Perenna, protettrice della nutrizione e degli scioperi, delle donne e dei plebei, dei flussi del tempo, del vino e delle acque. La moderna edificazione sopra il sito della chiesa dedicata al Cuore Immacolato di Maria è, in fin dei conti, l’ultimo esorcismo…

 

Didascalie delle foto

  1. In copertina è ritratta l’esposizione degli oggetti rinvenuti alla Fonte di Anna Perenna. Terme di Diocleziano
  2. Il “caccabus” per pozioni magiche rinvenuta alla fonte di Anna Perenna, zona parioli, oggi esposto alle Terme di Diocleziano
  3. Esposizione degli oggetti rinvenuti alla Fonte di Anna Perenna. Terme di Diocleziano

 

Le tavolette magiche e i cilindri sono visibili al Museo delle Terme di Diocleziano, mentre il sito è visitabile la I e III domenica del mese a via  Guidubaldo del Monte 4, informazioni e prenotazioni  qui.