EUROPA

E alla fine, Grosse Koalition fu

Presentato alla stampa dai leader di CDU, CSU e SPD, l’accordo che definisce i contenuti programmatici della nuova coalizione di governo segna una torsione neo-autoritaria nella politica della Germania. I movimenti sociali tedeschi dovranno ora essere all’altezza della nuova sfida

Una solida certezza, probabilmente l’alleanza più rappresentativa degli interessi convergenti di pezzi della società tedesca (dalla grande industria vicina alla CDU ai sindacati confederali legati all’SPD, alla borghesia conservatrice della cattolica Baviera).

A nulla sono serviti i pugni sul tavolo del socialdemocratico Schulz o i malumori della base dell’SPD (in particolare quella più vicina ai sindacati di metalmeccanici e servizi). L’inerzia del “senso di responsabilità” contro il salto nel buio “populista”, ha portato la Cancelliera Angela Merkel ad incassare un nuovo accordo politico per i prossimi anni. Ancora una volta è lei la vincitrice della partita, ancora una volta è l’SPD ad aver perso. Ma a tutti coloro che pensano che al più antico partito europeo possa toccare la sorte del PASOK o del PSF (o forse del PD italiano) basti ricordare che anche nei periodi difficili dal Programma di Gotha a Weimar, la socialdemocrazia tedesca è sempre riuscita a “superare la nottata” (e questo non è mai stato un bene per il conflitto politico e i movimenti rivoluzionari).

È bene ribadire che i mesi di vuoto governativo non hanno avuto un effetto destabilizzante per la Germania, i dati economici in crescita roboante indicano come alla prova dei fatti non ci sia stato nessuno psicodramma reale o shock da instabilità. Ed infatti il neonato Governo potrà gestire un surplus dalle entrate fiscali federali pari alla somma record di 45 miliardi di euro. Tuttavia, in Germania gli accordi sono vincolati a un programma dettagliato che viene votato dalle segreterie dei partiti prima della presentazione del Governo.

È stato quindi presentato alla stampa dai leader di CDU, CSU e SPD un corposo documento di 28 pagine che sarà l’ossatura programmatica delle politiche tedesche per i prossimi anni. Per diversi motivi che qui è inutile ribadire, è interessante riportare i punti salienti del programma.

Migranti: su questo tema è più di tutti evidente il cedimento ai sentimenti populisti e xenofobi della CSU. Si è fissato un tetto massimo di rifugiati che la Germania può accogliere (compatibile con gli indici di occupazione ovviamente): tra i 180.000 e i 220.000 annui. Ma se questo indica una certa dose di cinismo sono altri aspetti che appaiono persino crudeli rispetto ai migranti. Si istituiscono dei centri di accoglienza, smistamento, schedatura ed espulsione (per ragioni storiche scontate la Germania aveva evitato di ricostruire CIE e Cara che in Italia vengono non casualmente chiamati “lager”) e il governo dei flussi migratori vedrà una maggiore presenza politica del Ministero degli Interni oltre quella del Ministero per l’Immigrazione. Si vincola l’accettazione di alcune pratiche alla possibilità economica del migrante (potersi permettere sostentamento secondo standard decisi dal governo ma anche essere “abile al lavoro”) e si limitano a soli 1000 al mese i ricongiungimenti familiari, resi ancora più complessi. Questo approccio ridurrà ulteriormente la quota di migranti provenienti da Italia e Grecia, composta in larga parte, appunto, da ricongiungimenti familiari.

Welfare: su questi temi l’approccio ordoliberale della CDU ha tenuto il punto concedendo pochissimo all’SPD. Si promuoverà un ritorno del pagamento dell’assicurazione sanitaria 50/50 tra datore di lavoro e lavoratore (oggi quest’ultimo pagava di più); questa vittoria di Pirro dei socialdemocratici corrisponde a un lieve innalzamento del salario netto dei lavoratori (circa il 2% su base annua). Non ci saranno assolutamente aumenti delle tasse o tassazione ulteriore ai redditi alti. Si aumenterà la quota di pensione retributiva di pochi punti percentuali entro il 2025 (i pensionati poveri sono un problema sempre più urgente in un paese con tasso di anzianità altissimo). Si prevedono una serie di misure di coazione al lavoro, anche al lavoro povero, per i disoccupati di lungo periodo che vanno reintegrati nel mercato del lavoro. Ciò è stato possibile grazie al miliardo di euro annui che il sistema Hartz IV ha portato nelle casse dell’Agentur Fuer die Arbeit con una gestione spesso scandalosa dei sostegni alla disoccupazione e al reddito. Per le aziende con più di 45 dipendenti si promuoveranno forme di lavoro part time limitate invece del licenziamento (ma d’altra parte si riduce la durata dell’assegno di disoccupazione).  Dovrebbe aumentare di 10 euro annui circa l’assegno di maternità. Si promuoverà inoltre l’assunzione nel settore pubblico di donne in modo da raggiungere la parità di composizione di genere sui posti di lavoro pubblici entro il 2025 (non si fa tuttavia menzione della disparità salariale di genere). Si promuoveranno lavori di cura e assistenza agli anziani e a parenti bisognosi attraverso sgravi fiscali. Si indica (ma senza copertura economica specifica) una possibile “pensione minima” entro il 2025, ancora inesistente in Germania.

Istruzione: è previsto un cambio di poteri costituzionali che permetta allo stato centrale di poter legiferare in materia e cooperare con i Laender (attualmente ciò è espressamente vietato dalla Costituzione). Questo formalmente è motivato con la volontà di investire risorse nazionali nella pubblica istruzione, nella formazione e nelle borse di studio. Viene tuttavia fatto notare come questo potrebbe essere anche un modo per introdurre in modo massiccio un sistema di prestiti per gli studenti sul modello americano (con il peso morale che il “debito” ha nella società tedesca, incidendo pesantemente sulle scelte del singolo). Inoltre questo in un sistema di formazione molto classista, selettivo e connesso al mondo del lavoro significherà il finanziamento da parte del governo di percorsi formativi ritenuti strategici per l’economia nazionale rispetto ai percorsi dei singoli territori.

Europa: si investe nell’Unione Europea politicamente ed economicamente. Politicamente si individua nella Francia un partner strategico e fondamentale (e la Grosse Koalition riproduce il modello Macron per sensibilità e composizione politica) anche per le strategie di governo dei flussi migratori. Addirittura si decide di investire economicamente nelle infrastrutture politiche europee e nei piani di cooperazione, compreso il sistema di polizia ed esercito europeo. Tuttavia, questo è l’unico macropunto del programma senza una specifica indicazione economica. Questo lo rende vago e persino ambiguo, potrebbe essere una concessione retorica a cui non dar particolarmente seguito se lo scenario politico dell’UE non dovesse più essere gradito alla Germania. Si rimanda vagamente alla promozione di una tassa europea sulle transazioni finanziarie come possibile forma di intervento economico (dall’evidente sapore protezionista rispetto a capitali extra UE, inglesi in primis).

Ambiente: probabilmente il tema su cui la Merkel ha dovuto cedere di più a settori precisi del proprio partito. La fine dell’ipotesi di Jamaika Koalition con i Verdi ha infatti rinvigorito le lobby delle aziende energetiche legate al carbone fossile. Per la Germania si prevede uno stop di quelle politiche di conversione energetica “verde” e green economy decennali. I movimenti ambientalisti da anni stanno agendo con il sabotaggio di grandi stabilimenti inquinanti e probabilmente data l’inversione a U della governance, questo sarà uno dei grandi temi di conflitto del futuro tedesco.  Annullato l’impegno di ridurre le emissioni di CO2 del 40% entro il 2020 rispetto ai livelli del 1990.

Questi sono i punti fondamentali, gli assi di investimento politico ed economico della nuova Grosse Koalition. Tuttavia, c’è un’anomalia abbastanza importante nel testo sottoscritto. Un’anomalia proprio, se pensiamo al rigido protocollo politico tedesco nella formazione dei governi. Nella premessa del testo si vincolano tutti i partiti della coalizione nel Bundestag o nelle commissioni a votare all’unisono, sempre, anche per temi non concordati nel testo presentato. Questo vincolerà ulteriormente SPD e CSU ad accettare le improvvise ed emergenziali misure della CDU e delle Merkel. In cambio i partner hanno ottenuto un generico check up programmatico di metà legislatura e la garanzia non si formino colazioni a “geometria variabile” in corso d’opera. Questa premessa indica però anche quanto non lineare e del tutto imposto sia stato per i partner di minoranza l’entrata nel governo e quanto le basi rischino di creare problemi al punto da blindare su una sorta di “fiducia permanente” il governo.

Per completare l’analisi politica della fase che pare aprirsi nel cuore dell’Europa, c’è da segnalare come nel recente passato, l’unica cosa che ha caratterizzato il vuoto di quasi cinque mesi di governo centrale è stata la torsione neoautoritaria che dal G20 di Hamburg in poi, forzando lo stato di diritto e delegando moltissimo alla Polizei, ha provato a creare precedenti inquietanti sul piano della repressione (in Germania il sistema penale si basa come in Inghilterra sui precedenti giuridici più che sul codice).

Evidentemente la governance tedesca ha bene il polso della situazione dell’opposizione sociale in un paese che in tre anni ha visto due città (Francoforte e Amburgo) messe a ferro e fuoco e rese ingovernabili dai movimenti. Tentativi di strette repressive per adesso ancora vani negli effetti, anche perché frettolosamente prodotti in questa finestra temporale.

Questa attenzione ossessiva nel governo dei conflitti è confermata da un punto secondario ma non meno importante del programma: l’assunzione nei prossimi 4 anni della cifra record di 15.000 nuovi poliziotti e l’aumento del potere e delle mansioni della Bundespolizei rispetto alle Polizei dei Land (la polizia federale ufficialmente impiegabile solo per azioni di supporto delle Polizei dei Land, alla frontiera o come polizia ferroviaria). Come gli esperti di diritto tedesco sanno la Bundespolizei è l’unico organismo di polizia che risponde direttamente al ministro degli Interni federale e quindi ha avuto in passato inclinazioni giudicate troppo “politiche”. In più, saranno aumentati gli investimenti in nuove tecnologie e sistemi informatici per il sistema giudiziario, per accrescere la capacità di controllo, già elevate, delle forze dell’ordine e degli inquirenti. Se a questo aggiungiamo che il nome che circola per il nuovo Ministro degli Interni è quello del borgomastro di Amburgo, il responsabile del G20, il socialdemocratico Olaf Scholz (che ha difeso ossessivamente e disperatamente l’operato della Polizei di fronte a tutta la stampa e all’opinione pubblica) la traiettoria appare abbastanza chiara.

C’è da dire, infine, che i prossimi passi non sono affatto scontati. Anzitutto, dovranno partire difficili contrattazioni ufficiali, guidate sia da politici che da tecnici, per delineare un vero e proprio contratto di coalizione vincolante. Inoltre, la sinistra interna della SPD guidata dalla giovanile del partito, ha già annunciato battaglia. Il 21 gennaio avrà luogo un congresso straordinario, che si preannuncia lacerante per i socialdemocratici.

Aldilà degli sterili equilibri politici fuori e dentro il Bundestag, un elemento è invece chiaro: ciò che farà la differenza sarà il modo in cui i movimenti sociali sapranno rispondere alla Grosse Koalition con la costruzione di alleanze e reti sociali all’altezza della sfida.