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“Ad Afrin la resistenza continua ad esserci, ogni giorno”: intervista a Salih Muslim

Vi proponiamo qui di seguito un’intervista a Salih Muslim, leader dei curdi siriani nonché ex copresidente del PYD (Democratic Union Party) nella confederazione nel nord della Siria, partito trainante la nuova “democrazia autonoma” che si è de-facto istituita in Rojava.

Il PYD è il partito politico che fa riferimento alle Unità di Difesa YPG-YPJ, nonché componente maggioritaria del Sirian Democratic Forces (SDF), e sono le principali forze che hanno combattuto contro lo Stato Islamico. Impegnate nella guerra a Kobane prima, stanno ora conducendo una estenua difesa contro l’invasione dell’esercito turco, che ha illegittimamente occupato il territorio di Afrin (Siria) il 20 gennaio scorso.

Tale movimento ideologico e politico si ispira al filosofo Abdullah Ocalan, leader del PKK attualmente detenuto nell’isola-prigione di Imrali (Turchia) sin dal 1999.

Questa intervista, avvenuta lo scorso 15 aprile e della quale vi proponiamo per il momento solo la prima parte, è frutto di una chiacchierata informale tra la sottoscritta e Salih Muslim.

 

Mi piacerebbe partire da una tua recente esperienza: nel tuo ultimo viaggio in Europa, sei stato sottoposto a un fermo, su richiesta esplicita del governo turco, da parte dell’Interpol (se pur per poche ore) nella città di Praga. Un atto simbolico che riflette le intenzioni di uno Stato che confina con il tuo. Nonostante sei siriano, sei ricercato dall’intelligence turca; proprio la Turchia ha inserito il tuo nominativo nella lista dei “più ricercati”, aumentando recentemente la ricompensa offerta, 1 milione di $, per la tua cattura. Un arresto tra i più alti livelli, dopo quello di Ocalan avvenuto nel 1999. Il tuo fermo è avvenuto, tra l’altro, in uno dei momenti più delicati per quanto riguarda la regione di Afrin (cantone di cui eri fino a poco tempo fa, uno dei massimi rappresentanti politici) sotto attacco da parte dell’esercito turco che proprio in quelle ore, tentava di invadere il territorio siriano. Cosa si nasconde dietro il tuo fermo e questa criminalizzazione?

La Turchia utilizza compiere alcune azioni legali e altre un po’ meno. Solitamente le azioni illegali sono connesse con il lavoro dei servizi segreti turchi, come il MIT (Servizio di Intelligence Turca) e Jitem (Jendarmeria Intelligence Organization): due organizzazioni che si intrecciano, che hanno sporchi rapporti con la mafia, lavorano nel settore delle armi, intrattenendo relazioni non ufficiali con gruppi armati connessi con contrabbandieri, ecc. Ci sono alcuni Stati che coltivano questo tipo di relazioni. Come è recentemente accaduto in Kossovo, dove sei oppositori di Erdogan appartenenti al network di Fethullah Gulen sono stati sequestrati dagli agenti kosovari e consegnati agli agenti turchi del MIT (il ministro degli Interni e il responsabile dei servizi segreti in Kossovo hanno collaborato con i servizi segreti turchi e sono stati licenziati per questo motivo). Questo tipo di dinamiche si è verificato anche in altri Stati. Rientra nella medesima casistica quanto è successo a me, comprese le pressioni sulla Repubblica Ceca da parte della Turchia, dove le investigazioni continuano a proseguire al fine di trovare un modo per deportarmi in Turchia. E questo è quanto. La Turchia si comporta in questo modo perché è solita criminalizzare chiunque si opponga, nello specifico contro tutti i curdi che chiedono una vita democratica.

Nonostante io non sia un cittadino turco ma siriano, loro non fanno alcuna differenza rispetto alla mia provenienza; non importa da dove i curdi provengano ma se lavorano per avere i loro diritti democratici, vengono criminalizzati dalla Turchia, la quale applica una politica di negazione totale nei confronti dei curdi e delle loro richieste.

 

Tu sei l’ex copresidente del PYD (Democratic Union Party) nella confederazione nel nord della Siria. Come è stata questa esperienza per te, in un momento in cui c’è stato uno sviluppo cruciale nella storia della Siria?

Beh, come cittadini che vivono nella parte nord della Siria e in quanto appartenenti alla comunità curda siamo stati oppressi dalla dittatura sin da quando la Siria è stata instituita, nel 1946. Quindi noi avevamo già iniziato a lottare contro il regime siriano per avere dei diritti democratici. Questa rivoluzione è stata un’opportunità. Nel senso che avevamo già maturato un progetto chiaro in mente, che consiste nel creare una forma di auto-organizzazione democratica nell’area e organizzare la società e le nostre persone in modi diversi, comprese le unità di difesa YPG e YPJ, che sono una parte dell’organizzazione della nostra struttura. Organizzare la società per essere in grado di difenderci da soli. Quando è cominciata la rivoluzione siriana, noi abbiamo iniziato a difenderci da soli e abbiamo applicato la “terza via” la quale consiste nel combattere contro il regime, ma al contempo anche contro gli estremisti islamisti jihadisti; abbiamo protetto noi stessi e abbiamo avuto successo nel fare ciò. Dopo che siamo stati in grado di liberare la nostra area, abbiamo affrontato anche l’attacco degli jihadisti appoggiati e supportati dalla Turchia. Così abbiamo continuato a difenderci e probabilmente tutti hanno visto cosa siamo stati in grado di fare contro Daesh-ISIS (a Kobane); anche quest’ultimi sono stati aiutati dalla Turchia, la quale ha fornito loro armi contribuendo addirittura all’organizzazione di questi gruppi. Ora stiamo cercando di esser parte della soluzione politica sul futuro della Siria, ma la Turchia cerca di intromettersi anche qui; ostacolando la nostra presenza a questo tavolo risolutivo alle Nazioni Unite a Ginevra prima, e impedendo una nostra partecipazione alle trattative di Soci poi, (altra trattativa organizzata sotto l’egida della Russia). Ogni scusa è buona per tenerci lontano dal prendere parte a questi tentativi di risoluzione del conflitto, e utilizza le proprie influenze e gli interessi economici con gli Stati coinvolti per fare ciò.

La Turchia ha il controllo anche delle altre diverse opposizioni partitiche sia a Istanbul, che a Gaziantep o ad Adana; e ciò le dà la possibilità di continuare con questo tipo di politica. Se fino a poco tempo fa combattevamo contro il regime siriano, ora stiamo affrontando la Turchia.

State vedendo cosa sta succedendo ad Afrin e prima ancora dell’occupazione di Al Shaba a nord di Aleppo. Noi stiamo continuando a difenderci da tutto ciò.

 

Parlando degli eventi recenti, la Turchia ha iniziato ad attaccare la città di Afrin il 20 gennaio scorso. Abbiamo assistito a una straordinaria reazione iniziale da parte delle persone che vivono quei territori, le quali hanno deciso di dirigersi immediatamente nella città di Afrin al fine di impedire alla Turchia di proseguire con l’occupazione del territorio. Ma la reazione della Turchia è stata quella di continuare con questi attacchi alla città. E abbiamo visto che, quando è cominciata l’evacuazione da Afrin, alcuni convogli di civili sono stati bombardati dalle forze aeree turche mentre cercavano di scappare. Cosa è successo esattamente dentro la città dopo l’occupazione turca e cosa sta succedendo tuttora all’interno di quelle strade?

Bè, innanzi tutto la Turchia non è stata in grado ancora di occupare Afrin, né il territorio circostante la città. È evidente che ci siano state delle relazioni tra tutte le parti in campo: sia il regime siriano (che non è stato in grado di opporsi), sia la Russia (che ha dato luce verde alla Turchia), mentre il silenzio dell’Occidente ha di fatto appoggiato tale invasione. La Turchia è il secondo Stato della NATO quanto ad armi, equipaggiamento, con i loro droni e le forze aeree. Loro hanno iniziato ad attaccare in modo indiscriminato e davvero brutale tutto il territorio, senza preoccuparsi della presenza dei civili. Ci sono stati tanti attacchi casuali ai quali si sono contrapposte le forze di resistenza.

C’è stata una lotta davvero unica e forte contro l’esercito turco e per più di due mesi c’è stata una forte battaglia per le strade di Afrin, sino alla fine; le persone hanno cercato di difendersi e sono state in grado di resistere e di ribellarsi a questo tentativo di invasione per 2 mesi.

Dobbiamo considerare che Afrin è stata per 5 anni sotto assedio, quindi non era possibile rifornirsi di armi, per le persone era difficilissimo muoversi. E loro hanno tagliato l’acqua ai civili e la città di Afrin è stata per circa 20 giorni senza rifornimento idrico. Quindi la Turchia non si è preoccupata minimamente dei civili che vivevano all’interno della città.

Coloro che hanno difeso e che stanno difendendo tutt’ora Afrin sono le figlie e i figli delle persone di Afrin; nessuno è venuto da fuori ad aiutare, fatta eccezione per gli aiuti arrivati da Kobane e Quamislo.

Per cui alla fine, dopo che abbiamo visto le brutalità messe in atto dalla Turchia, il silenzio dell’Occidente e l’immobilità del regime siriano, al fine di proteggere le persone rimaste all’interno della città si è cercato di organizzare dei corridoi umanitari per aiutare i civili a uscire dalla metropoli che era sotto i bombardamenti aerei turchi. Abbiamo cambiato idea su come difendere le persone, perché non era possibile continuare ad avere un combattimento frontale. Pertanto c’è stato un cambiamento radicale delle modalità di difesa e combattimento, passando dallo scontro frontale alla modalità di guerriglia sul territorio. E questo è quello che sta accadendo in questo momento. La maggior parte delle persone che nel frattempo sono riuscite a lasciare la città adesso sono nei territori circostanti, in attesa di poter rientrare nella metropoli e nelle loro case. Nonostante non se ne parli molto, continua a esserci una forte resistenza, che prosegue ogni giorno. Ci sono anche state alcune perdite del nemico, sia tra le fila dell’esercito turco che tra i mercenari che combattono ad Afrin. La resistenza continua a esserci, ogni giorno.

 

Alcune testate riportano informazioni relative a sparizioni di donne yezide che si trovavano ad Afrin, così come di sequestri e torture nei confronti dei civili. Hai maggiori informazioni su questo? Puoi confermare?  

Sì, ci sono diverse fonti su questo. Partiamo dal presupposto che ci sono circa 3000 Daesh che collaborano con la Turchia e provengono da altre zone da cui sono stati cacciati durante il conflitto in Siria. Stiamo parlando di membri di Daesh-ISIS, alla Stato Islamico fuggiti da città come Raqqa, Deir Ez-Zor, Mambij, Mosul e altre località…. Sono riusciti a scappare dalla guerra, trovando rifugio in Turchia. Il governo turco li ha riorganizzati e li sta utilizzando come truppe d’assalto nei combattimenti ad Afrin. Con loro sono impegnati nei combattimenti ad Afrin altri 25.000 mercenari, anch’essi organizzati dalla Turchia ma che sono differenti da Daesh. Ma quei 3000 combattenti provengono direttamente dalle fila dello Stato Islamico e combattono accanto all’esercito turco sia nel fronte nord che nel fronte ovest di Afrin. Mentre il gruppo che attacca dal fronte est appartiene alla “Free Syrian Army”. Si fanno chiamare così. Quindi non è così strano che accadano le identiche brutalità degli anni passati, perché sono gli stessi membri di Daesh, con la medesima mentalità. Essi stanno perpetrando gli stessi crimini che hanno compiuto a Shengal (Iraq). Non sappiamo esattamente i numeri dei civili coinvolti in questi rapimenti e in queste sparizioni, perché purtroppo da quando è iniziato l’attacco alla città le linee di comunicazione nel Paese sono state interrotte o comunque fortemente ridimensionate. Quindi per noi al momento non è semplice avere un quadro esaustivo di quanto sta accadendo e dei dettagli. Ci sono migliaia di persone di cui non sappiamo nulla, in particolare delle popolazioni yezide. Le uniche informazioni che arrivano sono dai media turchi, i quali però raccontano consapevolmente informazioni parziali, da cui non possiamo dipendere.

 

La scorsa notte una coalizione, guidata dagli Stati Uniti assieme a Gran Bretagna e Francia, ha attaccato alcune basi militari del regime siriano. Come possono avere una influenza sulla Siria Confederale del Nord questi attacchi e queste nuove ingerenze da parte della Coalizione Internazionale?

Non so bene quali saranno gli effetti. Ci sono tante parti coinvolte. La situazione è davvero complicata. Questi attacchi di fatto, non sono stati solo contro il regime di Assad, ma anche contro l’Iran. E contro la Russia anche. La Russia ha speso davvero troppe energie sul territorio siriano e quindi vuole avere dei vantaggi ora. D’altronde ciò non può andare bene alle potenze occidentali, le quali non sono favorevoli a questo allargamento dell’influenza russa in Medio Oriente. Poi c’è l’Iran, anche lui coinvolto in questo conflitto. Quindi credo che i veri “obiettivi” di questo attacco fossero l’Iran e la Russia, più che il regime siriano in sé. Perché in realtà Assad è molto debole in questo momento.

Come tutto questo influenzerà il Nord? Non lo so davvero, perché in realtà bisogna vedere gli effetti che questi avvenimenti produrranno nelle relazioni tra Turchia e Russia; perché alla Turchia è stato imposto da parte degli Stati Uniti di appoggiare questo attacco e la Russia non è sicuramente soddisfatta di ciò. E persino gli iraniani non sono contenti di quanto avvenuto. Quindi ci possiamo aspettare che sorgano dei conflitti in questo triangolo; pertanto bisogna capire come si evolveranno le relazioni tra queste tre potenze: Turchia, Iran e Russia e la loro alleanza.

Ma per quanto riguarda noi, invece: lascia che sia chiaro; noi non dipendiamo da loro, nel senso che noi difendiamo la nostra società, le nostre organizzazioni, con le nostre forze di autodifesa, e forse l’alleanza internazionale interverrà coordinandosi con noi. Ma se loro non lo faranno, noi non moriremo, ma continueremo comunque a lottare. Perché noi continuiamo ad avere le nostre forze di autodifesa e la nostra struttura, le quali sono indipendenti da queste relazioni basate su interessi tra gli Stati-Nazione.

 

Qual è il ruolo dell’Unione Europea in questo contesto? Cosa è possibile fare a sostegno di questa esperienza? 

Innanzi tutto noi abbiamo imparato dalla nostra esperienza, ed è stata davvero un’ottima esperienza: infatti abbiamo capito e siamo quindi consapevoli che, se sei in grado di organizzare la tua stessa gente e quindi dipendi da te stesso e dalle tue risorse, tu hai la capacità di fare davvero tante cose e quindi sei più forte. Questa è la prima cosa che bisogna capire e imparare.   E gli altri avranno bisogno di te. Sono stati gli altri, l’Alleanza Internazionale che è venuta a cercarci, per difendersi da Daesh. Quindi bisogno auto-organizzarsi, organizzare le proprie persone, incluse le unità di difesa. Parlando dei mercenari che vengono utilizzati dalla Turchia, in particolare di Daesh, che è alla guida di questi gruppi terroristici: essi stanno minacciando l’umanità intera. Non solo noi.

E la creazione di queste alleanze con la Turchia e con altre parti in campo dimostra che vengono utilizzati come uno strumento per ottenere i propri vantaggi, al fine di perseguire i propri interessi, in quanto nessuno può avere giustizia nei confronti di questi soggetti. Non essendo riconosciuti, neanche fisicamente, non possono essere sottoposti dinanzi ad una Corte per i crimini commessi. Quindi vengono utilizzati per commettere brutalità contro l’umanità.

Per questo motivo dovremmo essere aiutati e supportati dalla solidarietà internazionale, da tutti i popoli e dalle organizzazioni, dall’Unione Europea, così come ovunque nel mondo, e in Medio Oriente, ecc.  È davvero fondamentale per noi avere ogni tipo di supporto. Per combattere questi giochi di potere che si stanno dando tra la Turchia, l’Iran e altri Stati che stanno utilizzando questi mercenari. Perciò le persone dovrebbero dimostrare la loro volontà, cosa possono fare organizzando se stessi e penso che quello che abbiamo fatto nel nord della Siria possa essere da esempio per tutti quanti. Vivere in unità tra tante diversità etniche e religiose tra arabi, curdi, armeni davvero in modo democratico e pacifico tra noi tutti.

Non solo è possibile, ma noi lo stiamo facendo.