ITALIA
A scuola di guerra: tra gite scolastiche in caserma, protocolli e finanziamenti
Dall’anno scorso, con l’inizio del conflitto in Ucraina e la crescita della spesa militare, la distanza tra scuola pubblica e forze armate si è accorciata, anche grazie ai progetti di alternanza scuola-lavoro. “C’è stata un’accelerazione con il cambio di governo”, dice Michele Lucivero, «ma è dal 2015, con l’introduzione del PCTO (Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento), che ci sono percorsi di orientamento verso la carriera militare e l’acquisizione di competenze trasversali utili all’addestramento»
La scuola è iniziata un mese fa e sugli scaffali, accanto agli zaini di Barbie, c’erano quelli della Folgore e degli Alpini. Giochi Preziosi ha lanciato quest’anno una collezione di materiale scolastico in collaborazione con il marchio Esercito Italiano, promossa con slogan militareschi come “Tutti sull’attenti!” o “Per sentirsi sempre in missione”. L’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole, attivo da marzo 2023 su iniziativa del Cesp (Centro Studi per la Scuola Pubblica), si è subito mobilitato per segnalare la questione, ma le grafiche sugli zainetti sono solo la punta dell’iceberg.
Bambini che maneggiano armi da fuoco, gite scolastiche nelle basi militari, sono centinaia le testimonianze di genitori e docenti raccolte da tutta Italia. È il caso di Trani, dove«a ottobre 2022 tutte le scuole primarie sono state in caserma. Abbiamo fotografie di minori di 9 e 10 anni che giocano sui carri armati o maneggiano mitra», spiega Michele Lucivero, professore di Filosofia e tra i promotori dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole. Da Bolzano a Taormina, gli esempi sono innumerevoli, sia nei piccoli centri che nelle grandi città. Il Festival dei bambini di Firenze nel 2019 ad esempio ha ospitato uno spazio promosso dall’Esercito dove le classi della scuola primaria potevano «toccare con mano alcuni dei mezzi in dotazione alle forze armate come il Lince dell’Esercito (una jeep con una mitragliatrice sul tettuccio), la cabina di pilotaggio dell’aereo MB339 PAN delle Frecce Tricolori e due moto operative dei Carabinieri».
A maggio 2023 alcune classi degli istituti superiori di Catania sono stati in gita scolastica in un centro commerciale, per un’iniziativa dal titolo Mira al tuo futuro, «una vera e propria vendita del progetto militare ai ragazzi», spiega Antonino De Cristofaro, docente di Filosofia e Storia di Catania.
Niente di nuovo però. Già nel 2010, l’ex-Ministra dell’Istruzione Mariastella Gelmini e l’ex Ministro della Difesa, oggi Presidente del Senato, Ignazio La Russa, avevano lanciato il programma Allenati per la vita, che prevedeva percorsi “ginnico-militari“ con tanto di competizione tra squadriglie, tiro con l’arco e tiro a segno con pistole ad aria compressa. La circolare in quel caso spiegava che “le attività in argomento permettono di avvicinare, in modo innovativo e coinvolgente, il mondo della scuola alle forze armate, alla protezione civile e alla Croce rossa».
Non stupisce che lo stesso La Russa abbia proposto quest’anno l’introduzione della mini-naja, un servizio militare di 40 giorni per i ragazzi e le ragazze tra i 16 e i 25 anni che dà diritto a crediti formativi e vantaggi per i concorsi pubblici. La promozione della cosiddetta cultura della difesa e della sicurezza viene da anni incentivata da interventi istituzionali. Il primo protocollo di intesa tra Ministero della Difesa e Ministero dell’Istruzione, stipulato nel 2014, è stato reiterato nel 2017 con un atto che formalizza la funzione formativa delle forze armate nelle scuole «per la diffusione dei valori etico sociali, della storia e delle tradizioni militari con un focus sulla centralità della cultura della difesa»
Come dimostrano i firmatari delle intese, gli accordi sono bipartisan. «I governi che si sono susseguiti, di centro sinistra o di centro destra hanno fatto e fanno le stesse cose», spiega Antonio Mazzeo, professore, attivista pacifista e membro dell’Osservatorio.
Dall’anno scorso, con l’inizio del conflitto in Ucraina e la crescita della spesa militare, la distanza tra scuola pubblica e forze armate si è accorciata, anche grazie ai progetti di alternanza scuola-lavoro. “C’è stata un’accelerazione con il cambio di governo”, dice Michele Lucivero, «ma è dal 2015, con l’introduzione del PCTO (Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento), che ci sono percorsi di orientamento verso la carriera militare e l’acquisizione di competenze trasversali utili all’addestramento».
Lucivero spiega inoltre come poche aziende dopo l’emergenza covid e le morti sul lavoro, si vogliano prendere la responsabilità di avere minori in sede. «Le caserme invece si presentano per le convenzioni».
Un esempio è l’aeroporto dell’Aeronautica e base NATO di Sigonella, in Sicilia dove, tra marzo e maggio scorsi, sono stati attivati PCTO per oltre 350 studenti e studentesse di Catania e provincia.
Mentre le segnalazioni sulla partecipazione di ragazzi e ragazze a iniziative dell’Arma vengono da tutta Italia, il numero di programmi di orientamento si moltiplica via via che si passa da Nord a Sud. Come accade in Puglia, dove la promozione della carriera militare è codificata da un progetto chiamato l’Esercito tra i banchi di scuola. «La questione più grave è quella classista e geografica», sostiene Federica Fratini, biologa e portavoce di Europe for peace: «le proposte di carriera militare, presentata come una normale scelta lavorativa, avvengono nelle regioni con meno risorse».
Gli organi collegiali degli istituti scolastici sono infatti portati ad avallare le iniziative delle forze armate per mancanza di fondi e alternative. Loredana Fraleone, docente e autrice di La lotta fa scuola. Educazione e società (2018), spiega: «è una questione economica, questi progetti sono completamente gratuiti per le scuole, che spesso non hanno soldi per pagare convenzioni, gite e uscite didattiche».
Spesso i finanziamenti pubblici arrivano indirettamente all’istruzione passando per altri Ministeri o addirittura per aziende. È il caso della Leonardo S.p.A., la nota impresa attiva nei settori della difesa e dell’aerospazio, che risulta partecipata dallo Stato, con un 30,2% di proprietà del Ministero dell’economia e delle finanze e un 50,8% di investitori istituzionali.
Solo nel 2021 l’azienda ha attivato 776 percorsi formativi tra stage, programmi di apprendistato e alternanza scuola-lavoro e impiegato i propri dipendenti in 1.400 ore di docenza in quattro Istituti tecnici superiori italiani.
Nell’anno scolastico 2022-2023 la Leonardo S.p.a. ha inoltre sperimentato all’Istituto Matteucci di Roma una nuova forma di insegnamento incentrato sulla tecnologia: il Liceo Digitale. «Sono tutti docenti esterni, come nelle università private, non professori approvati dal Miur e costruiscono pacchetti formativi da addestramento militare», spiega il Prof. Mazzeo. La didattica segue argomenti scientifici innovativi, dall’uso dell’Intelligenza Artificiale alla robotica, dalla programmazione alla guida autonoma. Sono competenze innocue che riguardano la contemporaneità, tuttavia, considerando la natura dell’azienda e i suoi interessi, le materie sembrano volte a formare figure professionali utili alle forze armate e a sperimentare nuove tecnologie spendibili in ambito militare. È la stessa Leonardo infatti a usare la parola “digitale” nel descrivere scenari futuri legati al conflitto, come ad esempio l’idea di ‘”esercito digitale”, usata nel presentare la scuola di volo per i piloti dell’aeronautica.
Ci si chiede perché i finanziamenti statali debbano passare attraverso un’azienda che si occupa di sistemi e tecnologie per la difesa per sovvenzionare l’istruzione. Secondo l’art. 11 della Costituzione, l’Italia ripudia la guerra, eppure sono decenni che si intensificano i rapporti tra scuola pubblica e forze armate. «La scuola serve a interrogarsi sulle modalità in cui avvengono gli eventi, serve a creare un pensiero critico, a chiedersi perché e per come accadono le cose», sostiene Antonino De Cristofaro, docente di Storia e filosofia: «La guerra in Ucraina ha accelerato un sistema dogmatico di omologazione culturale che già era nell’aria da anni».
Immagine di copertina dell’Osservatorio contro la militarizzazione della Scuola, protesta a Padova, settembre 2023