ROMA

A Roma alloggi sfitti, ma sfratti e sgomberi incombenti

«Fermare gli sgomberi, superare l’emergenza» è la richiesta di chi oggi ha presidiato una delle molte palazzine abbandonate e destinate all’edilizia popolare in via Melibeo a Roma

Stamattina nel quartiere di Tor Cervara a Roma il movimento per il diritto all’abitare, Asia Usb insieme a persone sotto sfratto e sgombero si sono ritrovate per denunciare l’abbandono di un plesso di alloggi popolari in via Melibeo.

Il comune di Roma aveva commissionato a Salc SpA, azienda di costruzioni che fa capo a Simonpietro Salini, un progetto di edilizia popolare: una colata di cemento bianco, con tanto di terrazzini che oggi è possibile ammirare al di là delle transenne a Tor Cervara.

Si tratta di 120 alloggi che sarebbero dovuti essere consegnati nel 2018: «siamo nel 2022 e giacciono in stato di completo abbandono e negligenza. Oltre a essere uno spreco e una vergogna di per sé, considerata la situazione di “emergenza abitativa” è uno scandalo ulteriore. Inoltre, quando si discute di come affrontare il problema del diritto all’abitare, soluzioni per uno sfratto, l’assegnazione di case alla graduatoria ecc, la risposta dell’amministrazione è che case e alloggi non ci sono» – spiega Margherita dei Blocchi Precari Metropolitani.

Sul sito dell’azienda è indicato che sono 18 i cantieri aperti attualmente, sorge la domanda se tra questi ci sia anche quello in questione. Sul tetto dell’immobile attivistə hanno steso uno striscione «Chi crea l’emergenza casa? Alloggi di edilizia pubblica lasciati vuoti e cantieri Ater mai finiti».

Questo e uno degli esempi tra i molti stabili, a volte come in questo caso neanche ultimati, che occupano lo spazio delle nostre città, palazzine vuote per interessi economici e politici, quando ogni giorno migliaia di persone rischiano di trovarsi per strada a causa dell’assenza di politiche strutturali finalizzate ad affrontare e assicurare il diritto all’abitare e non a intervenire solo in via emergenziale.  

L’assenza di una politica abitativa è palese anche negli sfratti che si susseguono nei piani di zona della regione Lazio, come a Ponte Galeria o Monte Stallonara, dove gli alloggi in cui risiedono inquilini con diritto di accesso a edilizia economica e popolare, fine ultimo di questi progetti, vengono venduti all’asta ancor prima di essere sgomberati dagli aventi titolo che ci abitano. Nel mentre il 19 e 20 luglio si potrà partecipare all’asta di Ater (Azienda territoriale per l’edilizia residenziale del comune di Roma), di quattordici appartamenti, i metri quadri sono variabili.

Diversi sono stati i dialoghi intavolati tra movimenti, sindacati e amministrazione comunale che ha previsto 200 milioni per far fronte a un piano dedicato al diritto all’abitare, anche se ancora non è chiaro come saranno spesi.

I fondi stanziati non prevedono un richiamo pluriennale, ma una somma destinata a rispondere all’emergenza del momento, che in questo modo non troverà soluzione duratura, ma rischia di alimentare un conflitto tra chi è in attesa di casa perché in graduatoria da anni, in occupazione per necessità o chi si vede sfrattare dai piani di zona per cattiva amministrazione e speculazione edilizia.

Un conflitto che trova la causa nell’assenza di gestione e di riconoscimento di più di un diritto fondamentale, come quello all’abitare, a una residenza e un salario minimo da parte delle politiche governative, piuttosto che nella lista di accesso agli alloggi, di certo non stilata da cittadini e cittadine.

Negli ultimi 20 anni in Italia sono stati eseguiti 550 mila sfratti e emesse quasi 3 milioni sentenza di sfratto. Solo a Roma sono tra le 420 e le 430 le sentenze emesse al mese denunciano i movimenti per il diritto all’abitare.

Più volte è stato ribadito che nell’immediato la capitale necessita di 60mila alloggi, 550 milioni di euro, per affrontare la situazione in emergenza, in modo che si possa avviare un percorso strutturale di approccio al problema.

Ma c’è sempre la soluzione innovativa del momento: “panchina per chi ha una casa e per chi non ce l’ha”, sicuramente occupano meno spazio e si risparmia sui materiali di costruzione, oltre a essere decisamente una soluzione al passo con la transizione ecologica.

Tutte le immagini da Movimento per il diritto all’abitare