ITALIA
A ognuno il suo Tronti
Se ne è andato ieri a 92 anni Mario Tronti, comunista eretico e tra i fondatori dell’operaismo
Scompare a 92 anni, dopo una vita lunga, operosa e sempre animata da un sano odio di classe, Mario Tronti. È stato non solo un importante filosofo marxista ma un militante di primo piano nelle battaglie rivoluzionarie degli anni ’60 (ricordiamo il suo ruolo nelle riviste “Quaderni Rossi”, “Classe operaia” e “Contropiano”) e poi negli anni ’70 nella strategia del Pci e della sinistra riformista, al cui consolidamento istituzionale offrì l’ideologia dell’autonomia del politico.
Il suo contributo più notevole – quello che sarà ricordato nella letteratura politica e nella memoria di classe – fu Operai e capitale del 1966, un’operazione di rottura con la cultura dominante storicistica del movimento operaio di portata pari alle provocazioni di Sorel a inizio Novecento o a Storia e coscienza di classe di Lukács negli anni ’20. In quello che divenne ben presto il manifesto dell’operaismo italiano e a cui tutti o molti di noi siamo ancora debitori veniva fortemente marcata l’autonomia della classe operaia, la soggettività del lavoro vivo e il suo ruolo propulsivo e non passivo nelle trasformazioni del capitalismo.
Una rivoluzione copernicana, per usare una terminologia dellavolpiana cara a Tronti, che si innestò su un movimento politico altrettanto vivace culminato con le grandi vittorie operaie di fine decennio. Non altrettanto univoco è il giudizio sui successivi sviluppi del suo pensiero dopo il rientro nel Pci e la declinazione in chiave istituzionale degli innesti della grande teoria borghese (Nietzsche, Weber, Jünger) che erano già presenti in tutt’altro modo in Operai e capitale. Ancor meno convincente la nostalgia della “grande politica” novecentesca e la sostanziale rinuncia a un cambiamento radicale nel suo pessimismo nel terzo millennio – accompagnato da un ripiegamento nella teologia politica e nella teologia tout court (e non delle più progressive).
La pratica disciplinata del suo ruolo senatoriale nel Pd lo portò in situazioni incompatibili con la sua storia (il voto favorevole al Jobs Act), ma una volta liberatosi dai vincoli parlamentari aveva riacquistato lucidità, per esempio rispetto alla guerra in Ucraina. Queste contraddizioni, che pure contano, non offuscano il ruolo dirompente del suo pensiero e della sua attività nel periodo culminante dei movimenti in Italia, quando la rude razza pagana della fabbrica fordista si riprese salario e potere.
A ognuno il suo Tronti.