ITALIA
A Falconara in cinquemila contro la mal’aria
Sabato 27 gennaio cinquemila persone hanno marciato in corteo contro la raffineria Api, finita sotto accusa per manovre illecite all’interno del suo impianto. La raffineria negli anni ha provocato la diffusione di inquinanti pericolosi causando danni all’ambiente e alla salute, e rendendo irrespirabile l’aria a Falconara e nelle zone circostanti.
Il corteo, organizzato da vari collettivi e movimenti, chiede la dismissione dell’impianto e progetti di bonifica delle zone interessate. Tra questi sono presenti La Campagna Per il Clima Fuori dal Fossile, Falkatraz, Ondaverde e il Comitato Mal’Aria, che con il suo nome emblematico esprime tutta la rabbia degli abitanti di Falconara, costretti per anni a respirare esalazioni nocive per la salute. La scelta di toccare, durante la manifestazione, le quattro principali piazze di Falconara è fortemente simbolica. Come viene affermato in uno dei primi interventi, quando il corteo si è mosso da Piazza Mazzini, l’obiettivo è “risvegliarci”, “sentirci comunità” che si riappropria dello spazio pubblico insieme. La lotta contro la raffineria si esprime tramite la voglia di uscire e combattere contro danni che seppur “invisibili”, dissolti nell’aria, sono tangibili, costringendo le persone a rinchiudersi in casa.
Nel Comunicato Stampa di lancio della manifestazione i movimenti parlano chiaro e chiedono l’immediata sospensione delle attività dell’impianto e il suo sequestro da parte degli organi giudiziari competenti. Inoltre, i movimenti si spingono a pensare al futuro dell’area “con un piano di bonifiche pubbliche, che preveda il concorso del privato secondo il principio di chi inquina paga, che tutelino il lavoro e risarciscono la cittadinanza e nell’ottica di un progressivo abbandono delle fonti fossili”.
La manifestazione è il punto d’arrivo di anni di lotte e rivendicazioni culminate nell’inchiesta “Oro Nero”, che ha visto la raffineria finire sotto indagine per danno ambientale. Imputati nell’inchiesta la società raffineria Api nella sua interezza, l’ex amministratore delegato Giancarlo Cogliati, l’ex dirigente di Arpa Marche Giancarlo Marchetti e altri sedici tra dirigenti e responsabili della società.
Oltre al versante legale i movimenti hanno evidenziato, durante gli interventi, l’importanza di numerose convergenze tra i gruppi provenienti da ogni parte d’Italia (Ravenna, Brindisi, Taranto, Sulmona, Emilia Romagna). La convergenza tra movimenti si è rivelata particolarmente efficace soprattutto, ma non solo, tra coloro i quali provengono da zone dove sono in corso disastri ambientali, che è diventato impossibile ignorare.
La raffineria è presente nel territorio di Falconara dal 1933. Oltre ad espandersi a livello di complesso industriale, è passato dall’essere solo deposito a sito di raffinazione e stoccaggio. “Siamo al centro della transizione energetica e lavoriamo con passione per coglierne le opportunità”, è la dichiarazione paradossale che si può leggere in una delle pagine principali del suo sito web. La raffineria Api di Falconara ha intaccato con le sue attività inquinanti mare, falde acquifere e ha reso l’aria irrespirabile; provocando inoltre incidenti mortali e sversamenti dannosi nel suolo e nell’aria. Alcuni studi dell’Istituto superiore sanità, Arpa Marche, Istituto nazionale tumori di Milano, Asur, hanno dimostrato le percentuali elevate di decessi, malformazioni e aborti spontanei nella zona di Falconara.
L’inchiesta contro la raffineria parte nel 2018 a causa di un’incidente dovuto alla fuoriuscita di migliaia di metri cubi di petrolio misto a virgin nafta, che a contatto con l’aria hanno generato esalazioni idrocarburiche che sono durate per settimane. Più di mille persone, in particolare residenti a Falconara, hanno sporto querela denunciando l’impossibilità di respirare e altri malesseri. Come denunciato dai residenti durante la manifestazione “anche durante le ultime feste natalizie l’aria era irrespirabile al punto che anche uscire di casa è diventato un problema”.
La manifestazione lanciata con lo slogan: “Fermiamo il Disastro Ambientale” ha espresso la necessità di unirsi ad altre lotte ambientali, per la giustizia sociale e lavorativa, denunciando il restringimento dello spazio pubblico a causa di un’attività industriale nociva, causa di danni intollerabili. Il corteo ha dimostrato il bisogno e la voglia di riprendersi la città, di non lasciarla assorbire da una logica di profitto che ignora l’ambiente e la salute pubblica. Fondamentale da questo punto di vista è l’idea di non separare il lavoro e la dimensione produttiva dall’ambiente e dalla salute pubblica. Il richiamo è alla “lotta dei lavoratori della Gkn che non cedono al ricatto dei padroni” come afferma uno dei numerosi interventi durante il corteo.
Qualche giorno prima della manifestazione era arrivata la notizia della mancata costituzione di parte civile del ministero dell’Ambiente e della Regione Marche all’udienza preliminare del 18 gennaio che aveva visto uniti cittadini, comitati locali e associazioni ambientaliste insieme al Comune di Falconara Marittima. Assenze pesanti e ingiustificate, soprattutto quella del ministero, visto che è sua funzione esclusiva costituirsi parte civile per il danno ambientale. In caso di condanna il responsabile non sarà tenuto né al risarcimento, né a misure di riparazione, ripristino o recupero.
La manifestazione si inserisce in un contesto, quello della Regione Marche, che vedrà alla fine del 2024 ospitare un grande evento come il G7. incentrato proprio sulla sanità. Un appuntamento di grande risonanza mediatica,che l’Italia non ospita dal 2017, e che prevedibilmente ignorerà questioni importanti come quella falconarese. Che nella sua specificità, rappresenta il mancato riconoscimento della questione climatica, del diritto al lavoro e alla salute. Tuttavia sarebbe importante che questa rivendicazione nata dal basso, dall’unione, dalla collettività, dal desiderio di riappropriarsi di uno spazio pubblico desertificato continuasse a farsi sentire.Di fronte a diseconomie esterne e produzione di esternalità negative, che scaricano il danno sulla collettività il ruolo dei movimenti è rilevante sia nei percorsi di riconoscimento della responsabilità giuridica sia nella mobilitazione pubblica e politica contro gli ecomostri e i loro effetti socio-ecologici.
E’ proprio l’atto di rivendicare – to claim – che genera conflitto sociale e possibilità di cambiamento. Processi che come sosteneva Norberto Bobbio sono l’anima della democrazia. Il corteo sceso in piazza a Falconara ha dimostrato di essere pronto ad agire per il cambiamento, un coraggio che finora è mancato a politiche ed istituzioni.
Immagini nell’articolo di Laboratorio Falkatraz