approfondimenti

EUROPA

A Berlino repressione poliziesca contro l’8 marzo solidale con la Palestina

Il corteo femminista, con chiaro riferimento alla lotta per la Palestina, è stato attaccato dalla polizia, che ha aggredito in modo razzista, sessista e transfobico la manifestazione, causando feritə e numerosi arresti

L’8 marzo per le strade di Berlino sono state diverse le manifestazioni indette da organizzazioni e collettivi contro il sistema patriarcale e la discriminazione di genere. Alcune manifestazioni si sono dichiarate apertamente a sostegno della Palestina; una posizione che, in Germania, non è così scontata.

Nel panorama politico tedesco, la Germania continua a supportare politicamente, economicamente e militarmente Israele, dichiarando la sua esistenza come parte della propria ragione di stato e reagendo con una dura repressione nei confronti di chi si mostra solidale con la Palestina. Il tutto avviene nel totale silenzio e complicità dei media e della società tedesca. Nel contesto berlinese, soprattutto degli ultimi 17 mesi, è diventata sistemica la brutalità della polizia contro il movimento pro-Palestina: manifestazioni proibite, attacchi contro lə manifestanti, arresti, perquisizioni di case, moltissime denunce e processi, tentativi di deportazione.

Diverse sono state le esperienze di violenza anche durante l’ultima manifestazione dell’8 marzo organizzata dall’Alliance of Internationalist Feminists – Alleanza queer-femminista anti-coloniale, anti-imperialista, anti-capitalista e anti-patriarcale –  in solidarietà con la causa Palestinese.

L’Alleanza raggruppa diverse realtà queer-femministe, internazionaliste, migranti, per scendere unite in piazza in occasione del 25 novembre e dell’8 marzo. Il corteo era previsto tra le ore 15 e le 21, con partenza da Oranienplatz, piazza simbolo della resistenza dellə rifugiatə, fino a Hermannplatz, cuore del quartiere a maggioranza araba. La polizia ha ritardato la sua partenza per quasi due ore, ha cambiato il percorso registrato, ha bloccato e attaccato brutalmente lə manifestanti in diverse occasioni e, infine, ha sciolto il corteo a neanche metà percorso.

Magda, del collettivo internazionale di fotografə From the River to the Streets, che da mesi documenta e denuncia la repressione della polizia, racconta: «Sin dall’inizio del raduno, la polizia si è posizionata vicino al blocco palestinese, affiancandolo per tutto il tempo. Ancora prima di partire la polizia ha fatto pressione all’organizzazione con regole fatte sul momento. Avevano stabilito che l’impianto audio non fosse potente abbastanza per far sentire al corteo le regole che lə organizzatorə sono obbligatə a leggere prima della partenza. Tra le regole, molte sono ad hoc per il movimento pro-Palestina, come per esempio: “È vietato mostrare simboli o gridare parole che richiamano gruppi terroristici”. In parole povere, è vietato mostrare triangoli rossi e scrivere o pronunciare “from the river to the sea”, con rischio di arresto immediato. A circa un quarto del percorso, la polizia ha attaccato la testa del corteo, arrestando almeno due manifestanti. La strategia usata è sempre la stessa: una squadra di poliziotti entra a spintoni dentro la folla, prendendo qualcunə, buttandolə spesso a terra e circondandolə per non permettere allə manifestanti di intervenire, uscendo sempre usando calci e spintoni. Lə manifestanti non hanno indietreggiato e hanno fatto cordone per cercare di impedire nuovi assalti della polizia. La protesta poi è continuata, accompagnata stavolta dalla polizia in assetto antisommossa».

Dopo un’altra ora, la polizia ha iniziato all’improvviso ad arrestare nuovamente alcunə manifestanti. Un video, diventato virale online, mostra una giovane donna che, durante l’arresto, perde coscienza, viene strattonata, le viene tirata su la gonna e un poliziotto le spinge la testa verso i suoi genitali. In un altro video si vede come la stessa manifestante viene trascinata e portata insieme ad altre due manifestanti all’interno della stazione dei vigili del fuoco, i quali, su richiesta della polizia, hanno aperto la serranda dell’edificio e poi richiusa velocemente. All’interno, l’Alleanza riporta che altri abusi sarebbero avvenuti al di fuori della vista pubblica. Dopo pochi metri, la polizia ha definitivamente bloccato il corteo e, dopo un ora di fermo, ha attaccato lə manifestanti.

Ivana, componente di Young Struggle, un’organizzazione europea di gioventù socialista, ci racconta quel momento: «Mi trovavo in prima fila, quando la polizia ha iniziato a picchiare all’improvviso. Pugni e calci verso lə manifestanti, da parte di agenti corazzati fino ai denti. Appena ho riaperto gli occhi, dopo essere stata colpita alla testa per diversi minuti, oltre a sentire dolore, ho notato che la mia vista era offuscata da un occhio. Durante il mio arresto, gli agenti hanno continuato a farmi male, nonostante fossi collaborativa e urlassi dal dolore. Dopo avermi perquisita e schedata, gli agenti hanno permesso finalmente al personale sanitario di visitarmi, perché sanguinavo. Grazie alle pressioni del personale sanitario, sono stata portata in ospedale, dove hanno potuto constatare una contusione al gomito, l’esplosione di alcune vene del mio occhio e una ferita sulla fronte. In conclusione: probabilmente sarò processata, nonostante sia stata ferita e arrestata senza alcun motivo dalle forze dell’ordine. I poliziotti che hanno aggredito me e lə altrə manifestanti potranno invece continuare a lavorare come se non fosse successo nulla».

Zaira, altra fotografa del collettivo From the River to the Streets racconta così quello stesso momento: «La carica della polizia è avvenuta all’improvviso, come sempre, in un momento di estrema calma. Un agente ha usato spray al peperoncino contro di noi. Eravamo frastornatə  e moltə  di noi facevano fatica a respirare. Alcunə  manifestanti sono crollatə a terra svenutə, altrə hanno vomitato. La polizia ha continuato ad avanzare con la forza per disperderci e procedere con gli arresti, noncuranti della palese necessità di supporto medico di moltə».

Secondo le informazioni fornite dall’Alleanza, almeno 29 persone sono state arrestate quel giorno. Tra le varie accuse, si riporta “resistenza”, “aggressione aggravata a pubblico ufficiale” e ‘‘violazione dell’ordine pubblico”. Amnesty Deutschland, insieme ad organizzazioni che lavorano contro la violenza poliziesca, ha pubblicato una dichiarazione in cui denuncia la violenza razzista e di genere, cosi come altre forme di discriminazione e violenza perpetrate dalla polizia berlinese. Inoltre, chiede indagini indipendenti e immediati provvedimenti da parte delle autorità berlinesi nei confronti della polizia.

La repressione e la criminalizzazione del movimento pro-Palestina sono accompagnate da un evidente razzismo antimusulmano e antiarabo, alimentato dal precedente governo e, presumibilmente, anche dal nuovo, che verrà formato nei prossimi giorni. Per moltə la conseguenza è stata perdere il lavoro, vedersi negare il rinnovo del permesso di soggiorno e ci sono stati già due casi di deportazione di ragazzi palestinesi.

Quello che emerge nuovamente da questo 8 marzo è la componente di violenza patriarcale dell’istituzione poliziesca. In varie manifestazioni ed eventi per la Palestina, donne e persone LGBTQI+ hanno denunciato di essere state soggette a molestie sessuali da parte degli agenti, molestie quali essere state afferrate al petto, toccate sotto la gonna, strozzate o forzate in posizioni umilianti durante il loro arresto.

Questa violenza patriarcale viene utilizzata in modo mirato come strumento di repressione nei confronti di donne e persone LGBTQI+, in quanto questə rappresentano una parte importante del movimento pro-Palestina a Berlino. Ivana aggiunge a tal proposito: «l’obiettivo dello stato tedesco è quello di spaventarci, per farci passare la voglia di manifestare. Tuttavia, continuo a vedere che, nonostante tutti i loro tentativi di repressione, continuiamo a scendere in strada e a protestare a testa alta. Moltə di noi hanno denunce e sono statə picchiatə più volte dalla polizia, ma alla repressione rispondiamo con la solidarietà e la nostra rabbia si accende ancor di più. Questa rabbia la trasformiamo in una resistenza contro questo crescente sistema repressivo, una resistenza che forse la Germania non vedeva da tempo».

Immagine di copertina di Nadine Essmat

Sono di seguito riportati i nomi delle autrici e degli autori delle foto pubblicate nel corpo dell’articolo, tutt* appartenenti al collettivo berlinese From the river to the street. I nomi sono riportati per ordine di comparsa delle immagini, da sinistra a destra e dall’alto al basso: Andrés Felipe Trujillo Sierra, Alessia Cocca, Magdalena Vassileva, Xenia Gomes Adaes, Stratos Papanikolaou, Zaira Biagini, Montecruz.

SOSTIENI, DIFENDI, DIFFONDI DINAMOPRESS

Per sostenere Dinamopress abbiamo attivato una nuova raccolta fondi diretta. Vi chiediamo di donare tramite paypal direttamente sul nostro conto bancario, Dinamo Aps Banca Etica IT60Y0501803200000016790388 tutti i fondi verranno utilizzati per sostenere direttamente il progetto: pagare il sito, supportare i e le redattrici, comprare il materiale di cui abbiamo bisogno