editoriale
22 marzo 1848, le Cinque Giornate di Milano
Dopo cinque giorni di duri combattimenti, nel corso dei quali i milanesi insorti si sono battuti con coraggio e determinazione, la guarnigione austriaca al comando dell’ottantaduenne feldmaresciallo Josef Radetzky, si appresta a lasciare il capoluogo lombardo da Porta Tosa, che già tutti chiamano Porta Vittoria, verso le fortezze del Quadrilatero, oltre l’Adda e verso il Mincio. Milano è insorta il 18 marzo. Un moto popolare abbastanza inaspettato anche da parte di chi, mazziniani o democratici riformisti, viene da anni di attività cospirativa e di lotta contro il dominio austriaco e il suo Imperial Regio Governo. A scatenarlo, è stato l’intervento del comando militare che si è preventivamente accanito contro le timidissime concessioni di stampo liberale che il vicegovernatore austriaco si accingeva a concedere non appena erano arrivate in città le prime notizie dell’insurrezione studentesca e operaia, che a Vienna aveva portato alla caduta di Metternich, e che si era propagata anche a Ungheria, Boemia e Croazia. Rivolte che erano state a loro volta in qualche modo echi della Rivoluzione parigina del febbraio, che aveva abbattuto la monarchia “borghese” di Luigi Filippo.
La Primavera dei Popoli, che nella nostra penisola prende l’avvio dalla rivolta siciliana del febbraio contro il Borbone, e che ha visto via via Toscana, Piemonte e Stato Pontificio concedere Statuti ai propri sudditi, e (un giorno prima di Milano) insorgere Venezia, sembra in piena fioritura. Ma non è che un’illusione. A Milano, la vittoria contro gli austriaci sta però causando una situazione di stallo politico, che in qualche modo si è già manifestata durante i combattimenti. I mazziniani di Luciano Manara e Pietro Cantoni che hanno svolto un importante ruolo militare, sono arroccati su posizioni ideologiche, lontane da ogni realtà del momento, come la proclamazione di una Repubblica Italiana unitaria. I gruppi nobiliari moderati che, pur tenutisi ben lungi dalle barricate, continuano a dominare la municipalità cittadina, dopo aver cercato sino all’ultimo di trattare con Radetky chiedono l’annessione immediata al Piemonte. Il Consiglio di guerra in cui hanno forte presenza Cattaneo ed Enrico Cernuschi, stretto tra questi due fuochi, non ha trovato pieno appoggio nel Governo Provvisorio che pure ha contribuito a creare con personaggi come Gabrio Casati e Cesare Correnti. Proprio dal Governo Provvisorio è partito un appello semiclandestino a Carlo Alberto perché entri in Lombardia e inizi le ostilità contro gli Austriaci per una vera e propria “guerra di indipendenza”.
Ed è proprio questo gesto che nella giornata del 22 marzo fa pendere l’ago della bilancia verso la soluzione “sabauda”. Che pure si rivelerà disastrosa, come la storia degli eventi che di lì a poco si susseguiranno sino al 1849 ci insegnerà. E come del resto accadrà, seppur per cause e con forme diverse in tutta Europa: nella Francia delle stragi operaie e proletarie del giugno, volute dalla borghesia “repubblicana” al potere, per esempio. Della Primavera dei Popoli italiana come insorgenza democratica, repubblicana e popolare poco resterà nei successivi sviluppi “unitari” degli anni a venire, se non il ricordo, spesso comunque travisato dalla retorica ufficiale del “patriottismo risorgimentale”, della strenua resistenza di Venezia al ritorno austriaco e soprattutto della meravigliosa avventura della Repubblica Romana.
Testi
Più che una bibliografia sull’evento, i testi qui indicati sono suggerimenti “spot”, in qualche modo utili a un primo approccio alla storia del cosiddetto Risorgimento
Denis Mack Smith, Il Risorgimento italiano. Storia e testi, Laterza, Bari 2010
Alberto Maria Banti (a cura di), Nel nome dell’Italia. Il Risorgimento nelle testimonianze, nei documenti e nelle immagini, Laterza, Bari 2010.
Price Roger, Le rivoluzioni del 1848, Il Mulino, Bologna 2004
Arianna Arisi Rota, I piccoli cospiratori. Politica ed emozioni nei primi mazziniani, Il Mulino, Bologna 2010
Di grandissimo interesse rimane il v. 3 della Storia d’Italia, Dal primo Settecento all’Unità, Einaudi, Torino 1973. In particolare il saggio di Stuart J. Woolf, “La storia politica e sociale”
Film
Pur trattando un altro momento della storia risorgimentale, rimane capolavoro indiscusso del cinema mondiale e va per questo citato anche in una sede come questa il film “Senso” di Luchino Visconti, del 1954, tratto da una novella di Camillo Boito.
Può essere letto in chiave storica anche l’altro capolavoro sempre di Visconti, “Il Gattopardo”, del 1963, sontuosa trasposizione sullo schermo del romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.
Nella filmografia più attuale, spicca l’interessante “Noi credevamo” di Mario Martone, del 2010. Vale citare infine come reperto d’epoca “1860” di Alessandro Blasetti, del 1934. Il cinema italiano si è sempre comunque poco interessato a questo periodo della nostra storia.
Canti e inni
L’anno delle Cinque Giornate e della Prima Guerra d’Indipendenza registra il nascere di numerosi canti e inni patriottici, come il celeberrimo Addio del volontario all’innamorata o quel Fratelli d’Italia che è tuttora, anche se in via provvisoria dal 1946, l’inno nazionale della Repubblica Italiana. Segnaliamo qui un bellissimo canto popolare sicuramente legato alla caduta della Repubblica di Venezia del 1849, nella straordinaria interpretazione di Giovanna Daffini Carpi:
* Immagine di copertina: “Cinque giornate” di Felice Donghi