ITALIA
Violenze della polizia, scintille di piazza, deriva autoritaria e nuove alleanze
Governo e forze dell’ordine si abbattono duramente e in modo arbitrario contro ogni forma di disobbedienza civile, con punizioni e umiliazioni, inquinando persino il dibattito pubblico attraverso fake news. La convergenza delle proteste di piazza rappresenta l’unica alternativa reale e immediata alla deriva autoritaria nel nostro paese
L’assassinio di Ramy Elgaml è il risultato del razzismo che inzuppa le forze dell’ordine in Italia. È stato detto e ridetto che non è una questione di mele marce, ma tutto l’albero è marcio. Cercando un’altra immagine al di là dell’ormai banale metafora botanica, sembra piuttosto di essere immersi in un brodo di razzismo, un ribollire di espressioni, battute, immagini volte a discriminare chi non ha il giusto colore della pelle, la giusta provenienza, la giusta religione. Questo brodo non è altro che il motore da cui prendono forza i partiti di governo, soprattutto Lega e Fratelli d’Italia, sempre in competizione nel loro estremismo.
I fatti sono noti. Lo scorso 24 novembre verso le quattro del mattino Ramy Elgaml e Fares Bouzidi non si fermano a un posto di blocco nel quartiere di Corvetto, vengono inseguiti per chilometri, per finire addosso a un muro. Ramy muore sul colpo. Seguono giorni di manifestazioni e disordini nel suo quartiere e solo così la notizia diventa pubblica. C’è una prima grande manifestazione a Milano dove collettivi di seconda generazione, reti antirazziste, amici, amiche e la famiglia di Ramy chiedono “verità e giustizia”. Il caso si riapre il 7 gennaio quando il TG3 pubblica un video dove si vedono le forze dell’ordine speronare la moto ed esultare alla conclusione dell’inseguimento, cioè alla morte di Ramy.
Di fronte a questo video è necessario fare delle richieste semplici: uno, si deve aprire un’inchiesta seria sulla dinamica dell’inseguimento e, durante l’investigazione, gli agenti devono essere sospesi dal servizio; due, il video è l’evidenza di quanto sia necessario controllare le forze dell’ordine durante il loro servizio, così come già avviene nella maggior parte dei paesi europei.
Al contrario, dopo gli eventi di piazza della scorsa settimana, il brodo ha raggiunto la massima temperatura e la pentola ha cominciato a eruttare bile. Per dirla in parole povere, il fatto che ci siano stati dei cortei, che hanno espresso rabbia e indignazione dopo un omicidio in divisa è stato per il governo semplicemente inaccettabile. Come a dire fatevi ammazzare in silenzio, grazie. Tra i più schietti, l’onorevole Donzelli, il quale non ha mancato di sottolineare il prima possibile il suo sostegno ai carabinieri che urlavano «Vaffanculo non è caduto» durante l’inseguimento che ha portato alla morte di Ramy.
Anzi, esponenti della maggioranza come Gasparri hanno subito preso la palla al balzo per invocare l’accelerazione dell’iter di approvazione del DdL Sicurezza, per evitare che manifestazioni come quelle della scorsa settimana si possano ripetere. Addirittura, è stata avanzata l’idea di uno “scudo legale” per poliziotti e carabinieri che, secondo fonti Ansa, è stato descritto dal governo come una «forma di non immediata iscrizione nel registro degli indagati quando è evidente che l’appartenente alle forze dell’ordine ha usato l’arma di ordinanza nell’esercizio delle sue funzioni». Se mai verrà promulgata una norma simile (sembra che la proposta non sarà inserita nel Ddl 1660), sarà una garanzia per sollevare i protettori dello Stato da eventuali beghe legali nel caso dovessero fare troppo bene il loro mestiere. Lo stesso sindacato di polizia e carabinieri ha commentato che le forze dell’ordine non sono al di sopra della legge. Nel frattempo sono in corso indagine su almeno 60 persone per la manifestazione di Roma, e non sappiamo quante per la manifestazione di Bologna.
Insomma il governo italiano sta gonfiando le vele della repressione pescando nel forte vento di destra che aleggia per il mondo, soprattutto dopo la visita di Meloni negli Stati uniti, alla corte di Trump, e il suo spettacolare e apparente successo in Medio Oriente con la liberazione di Cecilia Sala. Meloni butta un occhio anche all’Europa, dove il prossimo mese si voterà in Germania. Tra l’altro, Alice Weidel, la leader del partito di estrema destra tedesco Alternative für Deutschland (Afd), dato al 21%, sei punti sopra i socialdemocratici, ha avuto l’endorsement di Elon Musk, con tanto di visita di persona.
L’aggressività nel governo avrà per lo meno avuto i suoi effetti sugli esponenti dei partiti di opposizione, che hanno reagito alle manifestazioni per Ramy intimiditi, cadendo nelle più stupide provocazioni, come quella del mai avvenuto assalto alla sinagoga di Bologna. Un merito alla solerzia a Gad Lerner e Matteo Lepore, smentiti niente meno che dalla Questura. Non poco stupore ha destato la dichiarazione di Ilaria Cucchi, che ha chiamato «sciacalli e criminali coloro che usano la violenza, di qualsiasi tipo», soprattutto dopo il caso di un ragazzo morto per colpa di un carabiniere.
Questi giorni restituiscono da parte dell’orizzonte politico parlamentare italiano, in modo assai trasversale, un quadro come al solito desolante, mentre le mobilitazioni ci restituiscono delle novità interessanti.
A Milano ci sono state piazze trasversali che hanno visto una nuova composizione: abitanti del quartiere Corvetto, amici, amiche e famiglia di Ramy, reti antirazziste, centri sociali, collettivi di seconda generazione, collettivi studenteschi, rete solidali per la Palestina. Le piazze solidali in giro per l’Italia si sono convocate velocemente e in maniera spontanea, non solo a Torino, Bologna e Roma ma anche in molte altre città.
A partire da questo bisogna constatare che il solito discorso sulla divisione tra manifestanti pacifici e buoni e teppisti blackbloc brutti e cattivi è una porcheria, soprattutto di fronte al clima repressivo che si prospetta, anche per azioni pacifiche e non violente come quella di Extinction Rebellion a Brescia contro l’azienda di armi Leonardo. Le attiviste rilasciate hanno denunciato che in Questura la polizia ha chiesto loro di spogliarsi ed effettuare dei piegamenti. Una richiesta umiliante e assolutamente non necessaria, dato che tutte le attiviste dovevano essere rilasciate.
Ormai anche la più pacifica disobbedienza civile viene trattata dal governo e dalle forze dell’ordine come la più grave delle azioni – se non proprio come terrorismo, che necessita la più dura delle punizioni o la più grande delle umiliazioni. Un ritorno al supplizio e alla gogna, al diavolo la biopolitica!
In questo scenario, le proteste di piazza, che riportano l’esasperazione di una generazione cresciuta nella pandemia e nella torsione autoritaria che ne è seguita dopo, rappresentano un elemento non previsto nel dibattito pubblico mainstream. Della loro capacità di crescere, convergere e diffondersi passa buona parte del nostro immediato futuro e della resistenza alla deriva autoritaria nel nostro paese e nel mondo.
Immagine di copertina: Milano in movimento
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