ROMA

Reset against the war. Verso la residenza transnazionale contro il regime di guerra

Pubblichiamo il testo di convocazione di una assemblea pubblica a Roma, all’interno del percorso Reset against the war. L’assemblea, che si terrà giovedì 16 gennaio a Esc, sarà il momento di confronto e di lancio verso la residenza transnazionale contro il regime di guerra prevista il 28, 29 e 30 marzo a Roma

Da ormai quasi tre anni si combatte in Ucraina, con centinaia di migliaia di morti da una parte e dall’altra e la distruzione di aree sempre più grandi del paese, mentre da oltre un anno si perpetua un genocidio in Palestina, espressione di un conflitto che si allarga al Libano e promette di estendersi all’intera regione. La crisi in Siria e l’attacco alla rivoluzione del Rojava stanno li a dimostrarlo. Ucraina e Gaza sono oggi i due nomi principali di una nuova realtà in cui la guerra – combattuta, potenziale, latente, commerciale, tecnologica – occupa il centro della scena politica, ben oltre i campi di battaglia.

In questo quadro concetti, linguaggi, modalità organizzative a cui siamo abituati sembrano perdere la presa sui rapporti di potere che si delineano, le forme dello sfruttamento, le linee di frattura che attraversano produzione e riproduzione sociale. Tutto cambia e si trasforma, assume contorni differenti e produce effetti differenti. Siamo al di là della “ripetizione come farsa” ma all’interno di un’evidenza storica che definisce il cambiamento di un’epoca. Quello che osserviamo nella fase in cui ci troviamo a vivere è una salda alleanza tra opzioni nazionaliste e scioviniste; opzioni che mentre richiamano per caratteri ereditari, simbolici e di proposta politica il fascismo, si inseriscono in una nuova articolazione tra Stato e capitalismo globale.

In questo nuovo quadro, il paradigma politico-culturale prodotto dalla guerra ci coinvolge direttamente.

La guerra impone fronti, schieramenti. La logica amico/nemico si insinua anche nei movimenti, riducendo esperienze e possibilità. Alle nostre latitudini per il momento non ci è richiesto un arruolamento alle armi, ma un sacrificio, un’accettazione obbediente del presente per il bene dell’Occidente, della Nazione, del profitto. Con buona pace dei salari fermi al palo da più di trent’anni, della spesa sociale già ridotta all’osso da anni di austerity ma sempre pronta per essere ulteriormente saccheggiata, dei diritti e delle libertà di tuttə.

Il militarismo ridefinisce così oggi la società su una molteplicità di piani, alimentando l’autoritarismo e il razzismo, rafforzando le gerarchie, rinsaldando il patriarcato e il controllo dei corpi, dirottando risorse dal benessere collettivo alle spese militari. Così la quotidianità è rappresentata dalla brutalità quotidiana della violenza di genere, l’esclusione e la subordinazione a cui sono sottoposte le donne, le persone trans* e chi vive ai margini, la riproposizione di stereotipi maschili e femminili, il motivetto “dio, patria e famiglia”.

Mentre l’emergenza climatica ed ecologica è sotto i nostri occhi, la transizione è un campo di competizione per gli interessi del capitale, per questo compatibile con il rilancio di produzioni altamente inquinanti e del tutto sganciata da ogni idea di giustizia o contrasto alla devastazione ambientale che scarica i suoi effetti alimentando le diseguaglianze. Siamo immers* nella voracità con cui il capitale consuma e saccheggia il pianeta, le sue risorse e tutte gli esseri viventi. Il familismo di governo attacca, oltre il corpo e i diritti, il lavoro delle donne, rendendolo sempre più precario, e colpisce particolarmente le donne migranti e razzializzate. La lotta di classe combattuta in modo spietato contro il lavoro vivo si appoggia oggi sulla guerra per imporre scelte e zittire opposizioni.

Con questo testo vogliamo, dunque, rompere l’imbarazzo che ha attraversato in questi anni l’iniziativa dei movimenti. Siamo consapevoli che questo imbarazzo non è il frutto di limiti soggettivi o di gruppo e non abbiamo ricette magiche da offrire. Per questo proponiamo di aprire uno spazio di discussione, confronto e organizzazione comune che riconosca la centralità della guerra e del mutamento di condizioni nel quale ci troviamo.

Siamo anche consapevoli che non si tratta di un problema “italiano”: non solo ogni dimensione locale e territoriale è ormai trasformata da logiche e processi che sono transnazionali ma, allargando lo sguardo, è chiaro che le modalità di fare movimento a cui eravamo abituati riescono solo sporadicamente a dare voce alla possibilità di contrastare la guerra e i suoi effetti.

Negli scorsi mesi abbiamo provato ad animare uno spazio pubblico non proprietario e orizzontale in cui si potesse realizzare una convergenza, innanzitutto di contenuti. In questi mesi, realtà differenti, spazi sociali, collettive studentesche, singole soggettività, sindacati di base, si sono incontrate e confrontate provando ad attraversare insieme anche momenti importanti di lotta che hanno caratterizzato l’autunno. Ci siamo trovati e riconosciuti in un processo che immaginiamo come continuo, senza mai dare mai darlo per scontato. Dobbiamo immaginare e produrre relazioni, produttive e umane, che non si limitino a invertire l’attuale prospettiva ma che sappiano rompere con essa scegliendo orizzonti radicalmente nuovi verso cui navigare. Orizzonti che sfidino le logiche del dominio e dello sfruttamento per aprire spazi di reale trasformazione. Non basta più resistere: abbiamo necessità di arrestare completamente questa dinamica.

Per questo abbiamo deciso di dare un nome a questo spazio: ReSET (rete per lo sciopero sociale, ecologista e transfemminista) against the war.

Un nome evidentemente complesso come la fase che stiamo attraversando e di cui non vogliamo avere paura. Una denominazione che non immaginiamo scolpita nel tempo ma che ci aiuti ad affrontare meglio il percorso che abbiamo intrapreso tutt* insieme. Vorremmo fosse un invito a mettere da parte schemi, divisioni e alleanze, e a immaginare insieme nuove strategie nel drammatico contesto che viviamo. La provvisorietà, in questo caso, non è figlia dell’incertezza dell’eterno presente bensì un auspicio verso un nuovo futuro. Scegliamo non a caso queste parole perché conosciamo bene la precarietà e lo sfruttamento che ci ha imposto di vivere nella “presentizzazione” continua e che ci ha costretto ad abbandonare la possibilità di alternative.

Vogliamo cercare linguaggi comuni, elaborare ipotesi, uscire dai limiti e dai recinti dei nostri percorsi abituali, dalle divisioni infruttuose, dalle alleanze con lo sguardo corto. RESET, dunque: non per cancellare il presente, ma per liberare l’invenzione e costruire quello che ancora non c’è. RESET vuole essere una immediata dichiarazione programmatica di opposizione alla guerra e al modello di governo e di comando che ne deriva. RESET mette al centro la pratica dello sciopero sociale e generale, ecologista e transfemminista come pratica di lotta e organizzativa.

Abbiamo proseguito con un progetto comune che oggi proponiamo a tutta la metropoli romana e non solo: costruiamo insieme un appuntamento nazionale. Immaginiamo una residenza collettiva e politica, uno spazio condiviso in cui incontrarci, confrontarci e agire insieme. Un’occasione per seminare idee, pratiche e visioni, prendendoci cura collettivamente di ciò che germoglierà.

Vi proponiamo quindi di vederci l’ultimo fine settimana di marzo (28, 29, 30) per poter dare vita ad un momento collettivo dove confrontarci su contenuti e tematiche a partire da: guerra, pratiche, comunicazione, organizzazione.

Che la convergenza sia un’esigenza ineludibile lo abbiamo ribadito a piu riprese. Lo abbiamo condiviso il 12 ottobre all’assemblea nazionale promossa da GKN dal titolo “Abbiamo bisogno degli Stati generali della Giustizia climatica e sociale?”; lo abbiamo vissuto nelle maree che ogni anno riempiono le piazze di Non Una di meno, lo abbiamo toccato con mano durante il climate pride e lo sciopero generale del 29 ottobre; lo abbiamo visto nell’ampio fronte che si è messo in moto contro il ddl 1660 e nelle mobilitazioni che a livello globale si sono opposte al genocidio in corso in Palestina. Il tema però che vorremo porre al centro è come questa convergenza intersezionale delle lotte femministe, per l’ambiente e sul lavoro debba dispiegare le proprie ali per organizzarsi e opporsi al regime di guerra con la giusta forza.

Abbiamo bisogno di rimetterci in cammino. Insieme. Ora.

RESET – Rete per lo sciopero sociale, ecologista e trasfemminista contro la guerra

Giovedì 16 gennaio alle 18.00 presso Esc Atelier assemblea pubblica di lancio del percorso.

Domenica 26 gennaio alle h.17.00 assemblea organizzativa nazionale online.

Immagine di copertina: Gaia Di Gioacchino


SOSTIENI, DIFENDI, DIFFONDI DINAMOPRESS

Per sostenere Dinamopress abbiamo attivato una nuova raccolta fondi diretta. Vi chiediamo di donare tramite paypal direttamente sul nostro conto bancario, Dinamo Aps Banca Etica IT60Y0501803200000016790388 tutti i fondi verranno utilizzati per sostenere direttamente il progetto: pagare il sito, supportare i e le redattrici, comprare il materiale di cui abbiamo bisogno