EUROPA
La Germania deve smettere di armare Israele
Un contributo di Stop Arming Israel da Berlino, che denuncia l’applicazione della controversa definizione di antisemitismo per sostenere le azioni ispirate al sionismo e reprimere ogni forma di dissenso, perfino della diaspora ebraica
Smettere di armare Israele ha più di un significato per noi oggi, soprattutto in Germania. Viviamo in un Paese che è il secondo fornitore di armi a Israele dopo gli Stati Uniti. Solo tra agosto e ottobre del 2024, il governo tedesco ha autorizzato forniture di armi per un valore di 94 milioni di euro. Per fermare quelle forniture dobbiamo anche affrontare un’enorme campagna di disinformazione che normalizza il genocidio e la pulizia etnica della Palestina. Una mobilitazione generale della politica e dei media mira a diffamare come antisemitismo qualsiasi opposizione alla guerra di sterminio coloniale in Palestina. A livello ideologico, tuttavia, la diffamazione si traduce in varie forme di persecuzione extragiudiziale.
Ci risiamo! La Germania è coinvolta in un altro genocidio
Il governo e la stampa autorizzano massicci abusi da parte della polizia in occasione di manifestazioni pro-palestinesi e di eventi politico-culturali. A ciò si aggiungono gli attacchi alla libertà accademica, le minacce di licenziamento dei docenti universitari e quella di “smatricolazione” di studenti solidali con la Palestina. Ancora: la chiusura di istituzioni culturali e il ritiro dei finanziamenti per le associazioni, come nel caso del centro culturale Oyoun a Berlino. Gli effetti di questa persecuzione ideologica si riscontrano anche nella regolamentazione del soggiorno e nelle procedure di naturalizzazione. Famoso l’appello di Olaf Scholz pubblicato sulla prima pagina dello “Spiegel” già nell’ottobre 2023: «E ora dobbiamo deportare in grande stile!». Le minacce e i licenziamenti di giornalisti arabi e di giornalisti solidali con la Palestina sono utilizzati per rafforzare la formazione di opinione nella stampa.
La zona grigia del diritto, che lascia spazio a questa serie di abusi mirati, è creata dalle diverse implementazioni della «definizione di lavoro non giuridicamente vincolante di antisemitismo» (non-binding working-definition) dell’International Holocaust Remembrance Alliance, con la specificazione estensiva del governo tedesco che definisce il «nuovo antisemitismo» come «collegato a Israele». È noto che una delle forze trainanti dietro la militarizzazione di questa definizione è il Ministero israeliano degli Affari strategici e della diplomazia pubblica.
Per la stessa definizione di lavoro dell’IHRA, una delle caratteristiche più importanti dell’antisemitismo è l’equazione tra le azioni dello Stato di Israele e la collettività del popolo ebraico. Questa equazione è esattamente ciò che pretende la ragione di stato tedesca.
Il 7 novembre, il governo federale ha approvato con una maggioranza trasversale, con l’astensione della Linke e le congratulazioni dell’Afd – unico voto contrario della coalizione Sahra Wagenkecht – la risoluzione “Mai più è ora!”, una risoluzione per la «protezione della vita ebraica» in Parlamento. La risoluzione chiede il consolidamento della cooperazione tedesco-israeliana nella polizia e nell’esercito, l’espansione delle competenze dell’intelligence e della polizia, il tutto con il pretesto di combattere l’antisemitismo. Dietro la finzione della “protezione” si nasconde in realtà un consolidamento delle misure repressive per sopprimere chi si esprime contro il genocidio commesso dallo Stato di Israele contro i palestinesi. La risoluzione mira a continuare la criminalizzazione del movimento BDS, mentre il parere della Corte internazionale di giustizia sull’occupazione israeliana in Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme ha sostanzialmente riaffermato tutti i principi del BDS. Questo dimostra quanto la Repubblica federale tedesca si sia allontanata dal terreno dei diritti fondamentali e del diritto internazionale.
Gli ebrei antisionisti che ora si battono contro il genocidio in Palestina, che con noi vengono picchiati e arrestati dalla polizia e che perdono il loro posto di lavoro come tutti gli altri, sanno esattamente cosa si nasconde dietro questa retorica sulla «protezione della vita ebraica». La Berliner Sparkasse, Cassa di Risparmio di Berlino, su ordine del Senato berlinese, ha congelato il conto della Jüdische Stimme nel periodo precedente al Palestina Kongress – aprile 2024 – e ha chiesto un elenco completo dei membri dell’organizzazione come condizione per il suo rilascio. Bisognerebbe chiedere a loro se si sentono protetti dalla Germania.
E la protezione delle vite palestinesi?
Ma proprio in questa situazione, la pretesa di proteggere la vita degli ebrei ha un’altra conseguenza. Mentre la vita delle persone ebree viene valorizzata come “bianca” nel sistema di valori e interessi coloniali dell’Occidente, viene messo in scena uno “scontro di culture” per escludere gli altri, i “barbari tra noi”.
Mentre a livello di politica interna tedesca ciò significa l’esclusione dei diritti civili fondamentali, rispetto a quello che sta succedendo a Gaza e in Libano implica l’adozione deliberata di una linea di argomentazione che svaluta le vite di musulmani, arabi e palestinesi. Il governo tedesco, relativizzando e sostenendo politicamente e militarmente il genocidio sionista, sta dicendo a una parte della popolazione che le loro vite non valgono quelle degli altri, considerati “bianchi”. Questo non può che avere conseguenze distruttive per la futura convivenza in questo Paese.
È importante smascherare per tempo questa finta lotta all’antisemitismo come una tattica diversiva, parte dell’attuale corso nazionalista e militarista in Germania, Europa e in Occidente, che dovrebbe distrarre dal fatto che oggi, sotto forma di razzismo anti-musulmano e anti-arabo, ci troviamo di fronte alla stessa logica che emargina e perseguita i nuovi “nemici interni”, i corpi estranei della nazione – che ieri erano gli ebrei.
Come emerge chiaro fin dai tempi del Jüdische Arbeiterbund –il primo movimento antisionista della storia – l’antisemitismo è sempre stato lotta di classe dall’alto, un veleno che le classi al potere hanno sparso nella società per impedire la coalizione degli oppressi.
Non è un caso che tutte le forze politiche europee di destra ed estrema destra (storicamente antisemite), da Orbán a AfD, da VOX in Spagna, a Wilders nei Paesi Bassi, a Le Pen e Meloni, siano impegnate in una concorrenza per dimostrare la propria fedeltà a Israele.
1. fare della definizione di lavoro dell’IHRA carta straccia. Criticare il sionismo come ideologia razzista e l’impresa genocida dello Stato di Israele non ha nulla a che vedere con l’antisemitismo.
2. porre fine alla campagna di diffamazione e criminalizzazione razzista anti-musulamana e anti-palestinese con il pretesto della lotta all’antisemitismo.
3. porre fine alla legittimazione dell’arbitrio poliziesco. In uno Stato di diritto, la brutalità della polizia deve essere portata a giudizio e non delegata a compiti di censura ideologica.
Foto di Zaira Biagini
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