EUROPA

Negazionismo climatico criminale

Un’alluvione di portata storica ha colpito l’atro ieri la comunità valenciana. Al momento si contano oltre 200 morti, decine di dispersi e danni materiali incalcolabili. Dopo le reiterate alluvioni in Emilia Romagna e altre recenti in molte altre regioni italiane ed europee, questo è l’ennesimo fenomeno estremo causato dal cambiamento climatico, che sta portando a una tropicalizzazione del clima mediterraneo e le cui conseguenze sono aggravate da una storica mala gestione del territorio e dal recente definanziamento delle agenzie per la prevenzione e il soccorso volute da un’amministrazione di destra negazionista del cambiamento climatico

Un’alluvione di portata storica ha colpito l’altro ieri la comunità Valenciana. Al momento si contano oltre 200 morti, decine di dispersi e danni materiali incalcolabili. Dopo le reiterate alluvioni in Emilia Romagna e altre recenti in molte altre regioni italiane ed europee, questo è l’ennesimo fenomeno estremo causato dal cambiamento climatico, che sta portando a una tropicalizzazione del clima mediterraneo e le cui conseguenze sono aggravate da una storica mala gestione del territorio e dal recente definanziamento delle agenzie per la prevenzione e il soccorso volute da un’amministrazione di destra negazionista del cambiamento climatico. Se, da una parte, le popolazioni locali, in Italia come in Spagna, stanno dimostrando solidarietà nel gestire l’emergenza, dall’altra è chiaro che soluzioni efficaci a lungo termine dovranno essere strutturali. L’eccezionalità del bilancio delle vittime nel caso valenciano rispetto agli altri casi citati non deve cancellare il dato della sistematica ripetizione di tali eventi nelle medesime aree geografiche, indice di una “normalizzazione” del fenomeno che mette in discussione addirittura la possibilità di definirlo “estremo”.

Traduciamo qui, per opera di Angelo Piga, l’editoriale Negacionismo climático criminal di CTXT, che ringraziamo per il consenso alla pubblicazione.

Almeno 92 persone sono morte a causa delle inondazioni, delle alluvioni improvvise e degli altri effetti della DANA [depresión aislada en niveles altos, a volte detta anche “gota fría”, goccia fredda. Si riferisce al fenomeno meteorologico caratterizzato da forti piogge, tipico della transizione tra l’estate e l’autunno nell’Europa occidentale n.d.t] che ha devastato gran parte della regione spagnola del Levante e altre aree interne il 29 ottobre. Non è ancora chiaro quante persone siano disperse, ma si teme che il bilancio delle vittime sia molto più alto. Tra qualche giorno sapremo anche quanti animali, alberi e coltivazioni hanno ceduto. Oltre alla devastazione delle vite umane, si registrano ingenti danni materiali. Strade e ponti sono crollati, i binari dei treni sono stati distrutti, i voli sono stati sospesi, l’accesso all’acqua potabile è difficile e tutto viene spazzato via, la corrente e le comunicazioni sono state interrotte…

L’Agenzia Meteorologica Statale (AEMET) aveva decretato alle 07:30 di martedì un’allerta rossa, il livello più alto, a causa delle previsioni di piogge torrenziali nella Comunità Valenciana. Tuttavia, il governo [della comunità autonoma, ndt] del PP non ha sospeso le attività lavorative o scolastiche. È stato nel tardo pomeriggio, dopo aver minimizzato l’allerta e aver detto che la tempesta si sarebbe attenuata alle sei di sera, che si è raccomandato di evitare qualsiasi tipo di viaggio.

Dovremo attendere informazioni più precise, ma tutto fa pensare che questo evento meteorologico estremo sia uno dei più intensi del secolo. Sui social network proliferano ancora una volta gli stucchevoli dibattiti sul fatto che tutto ciò abbia o meno a che fare con il cambiamento climatico. Dibattiti che non fanno risorgere i morti né riparano i danni subiti. Le prove scientifiche indicano che questi eventi si intensificano in quantità e virulenza con il riscaldamento globale. Sappiamo, perché è stato ripetuto fino alla nausea dalla comunità scientifica, che questi fenomeni non sono più contingenti ma fanno parte della nuova normalità. Se qualcuno non vuole chiamarlo cambiamento climatico, che lo faccia pure, ma che riconosca e si assuma la responsabilità dell’aumento della frequenza e della violenza delle tempeste.

Se questi fenomeni sono sempre più ricorrenti, non applicare i principi di precauzione per anticipare il rischio è irresponsabile e ha conseguenze penali. Il presidente valenciano Carlos Mazón, subito dopo essere salito al potere, ha chiuso l’Unità di Emergenza Valenciana (UVE), un organismo che il suo governo di coalizione con Vox ha definito un «chiringuito» e una «idea estemporanea» del precedente gabinetto. Dopo aver cancellato l’UVE, Mazón ha concesso 17 milioni di euro di sussidi al settore delle corride. Il presidente della Generalitat dovrà rispondere politicamente e moralmente delle decisioni populiste che ha preso e delle sue azioni irregolari durante l’emergenza, assumendosi la responsabilità delle sue decisioni. Il negazionismo scientifico uccide. Così come il capitalismo selvaggio. Molte aziende e imprese hanno costretto i loro lavoratori a rimanere al loro posto nonostante l’allarme rosso, rendendosi complici della sconsideratezza commessa dalla Generalitat.

È ancora più preoccupante pensare se le cose sarebbero state diverse in altre comunità autonome, dove sono al potere politici e politiche che in teoria rifiutano e criticano il negazionismo. I servizi pubblici per la gestione del rischio sono fondamentali. Ma la questione non è solo se ci sono o meno abbastanza professionisti dedicati al soccorso. Ci sono altri problemi strutturali da risolvere.

Società ecologicamente analfabete hanno costruito complessi industriali e insediamenti abitativi in pianure alluvionali. Quando si verificano precipitazioni estreme, fiumi, gole e torrenti, che ignorano gli atti normativi, scorrono nei loro vecchi canali. Gran parte dei danni non sono proporzionali e non hanno a che fare con l’intensità delle precipitazioni, ma con le precedenti decisioni urbanistiche. Terreni impermeabilizzati, vegetazione devastata, eccessiva urbanizzazione… Costruire e pianificare il territorio dando le spalle alla natura, che non può essere controllata a piacimento, è un’assurdità.

È urgente avviare piani, non solo di emergenza, ma di adattamento alla crisi ecologica, che devono puntare a mettere da parte una concezione del progresso avulsa dalla tutela di condizioni di vita dignitose. Tutti gli sforzi che non vanno in questa direzione saranno pagato in vite e danni materiali.

Bisogna fare affidamento sulla popolazione. A Valencia abbiamo visto che molte persone si sono organizzate per cercare di resistere alle inondazioni e proteggersi. In questo contesto di cambiamento climatico, dobbiamo aiutare le persone a collaborare con la migliore conoscenza e preparazione. È sorprendente che in Paesi caraibici come Cuba, con molte meno risorse, il numero di vite perse sia molto più basso che altrove. Ciò è dovuto a una politica pubblica alleata con persone auto-organizzate che sanno cosa devono fare. Anche questo è adattamento.

Adattarsi alle mutate condizioni della rete della vita in cui sono inserite le economie, le tecnologie e l’esistenza umana implica, ed è meglio guardarlo in faccia, intraprendere un processo di transizione che deve mirare a garantire condizioni di vita dignitose per tutte le persone in un contesto di contrazione materiale e di cambiamento. Il mondo, come diceva Bruno Latour, è diventato un posto strano e sarebbe meglio imparare a riabitarlo al più presto.

Immagine di copertina tratta da Wikicommons


Editoriale della redazione della rivista spagnola ctxt – contexto y acción, traduzione a cura della redazione di dinamopress

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