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Spiaggia libera: il nuovo video degli Assalti Frontali

Online una delle 13 canzoni del nuovo disco, ilcui video è girato a Ostia. Con la regia di Daniele Martinis e la collaborazione di Inoki Ness e dei ragazzi dei Social Days. Atteso il prossimo video “Io sono con te” i primi di settembre

Come nasce la spiaggia di Ostia? Grazie ad una sorta di gigantesco “phon” che ha asciugato oltre 1500 ettari di quella che fino allora (1890) era un’enorme palude. In questa forma il mare incontrava la piana alluvionale del Tevere. Gigantesche idrovore (i phon) pomparono acqua dal mare per un paio di settimane per risputarla in una straordinaria rete di canali, che erano stati scavati nel decennio precedente. Ostia aveva così vinto la sua battaglia con il mare. A farlo erano stati la fatica ed il lavoro di circa tremila braccianti provenienti, con le loro famiglie, dai paesi intorno Ravenna. Loro sapevano, per averlo fatto combattendo i capricci ed i soprusi del Po, che il mare si può combattere regimentando le sue acque. Ma sapevano anche che lui prima o poi avrebbe trovato il modo di riprovarci. Così, decisero di restare e, forti delle loro pratiche e del loro “sapere”, consegnarono alla nuova capitale del paese una sorta di inedito modello urbanistico.

Un grande rettangolo dove i canali avrebbero messo in sicurezza la tenuta delle future strade che, a intervalli regolari, avrebbero replicato la linea di quella che ora era diventata la lunga spiaggia di Roma. Un paradiso dove le immense pinete sembravano aver capito che il mare ora non era un nemico e che era possibile perfino arrivare con le chiome dei pini a gettare ombra sul bagnasciuga. Quello che nessuno aveva potuto capire era che la spiaggia dei romani non era destinata ad essere in realtà loro. Gli urbanisti, copiato il disegno, assegnarono subito un valore a singoli rettangoli di quella scacchiera, costruendo le case per la vacanza dei romani ricchi. Per i poveri restava il mare.

Per poco, perché fin da subito, si volle che anche la sabbia doveva assicurare rendita. Nacquero gli stabilimenti in concessione. Che da allora, insieme al cemento, hanno portato il lungomare di Ostia ad essere un lungo muro fatto di blocchi di tufo, mura intonacate e sbarre, tante, tantissime sbarre.

Gli ASSALTI FRONTALI prendono proprio quella che è ora una striscia d’asfalto parallela al mare, e ne fanno un manifesto di come il mare (ad Ostia come al Poetto di Cagliari, ad Orbetello, a Camerota…) sia in vendita. Luchino degli Assalti percorre quel lungomare (sic) come una trincea da cui l’acqua neanche si vede e la spiaggia libera è solo un ricordo. Perché è successo che quelle cabine e quel tanto altro che è stato costruito fregandosene dei canali, del rispetto del luogo e del lavoro con cui la palude era stata domata, sono state costruite dai cosiddetti “balneari” che – è il caso di Ostia – spesso sono gli stessi individui che hanno inzeppato quei sapienti disegni planimetrici dei “ravennati”, di cemento, di palazzi e palazzine. Fino a far scomparire fossi e canali.

Per rubare il mare ci sono stati “bandi”, che ora si è scoperto essere stati fatti “su misura”; per inzeppare il retroterra con le facili concessioni edilizie strappate ad una accondiscendente urbanistica. A Ostia, a giugno non si è votato per il rinnovo del municipio, perchè quel municipio è stato sciolto per mafia.

Questo non vuol dire che si sia smesso di lottare. Daniele Martinis, che il video degli Assalti ha “ideato e montato”, ha scelto di seguire con un carrello la passeggiata solare di Luchino, intarsiando il percorso con lo spazio liberato di Capocotta e con la costruzione di una manifestazione dei ragazzi del Social Days di Ostia, che il mare lo vogliono rendere libero ed accessibile a tutti. A loro, a noi, gli Assalti hanno dedicato questo brano, il primo del prossimo loro disco atteso dopo l’estate. Un prezioso regalo per “quella generosa umanità che tiene vivo lo spirito della spiaggia libera”.

A tutti quelli che odiano i lunghi muri dovunque siano eretti, a tutti quelli che hanno deciso di trascinare giù il cielo, fin quella gabbia d’asfalto con cui si illudono di tenerci fuori dal mare. Sbarre davvero troppo esili a contenere la nostra ribellione.