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EUROPA
Diritto all’aborto in Costituzione e lotte femministe in Francia
Riuniti in Congresso a Versailles il 4 marzo 2024, deputati/e e senatori/trici francesi hanno votato a stragrande maggioranza a favore dell’inserimento nella Costituzione della libertà di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza
«Je ferai un enfant si j’en ai envie. Nulle pression morale, nulle institution, nuls impératifs économiques ne peut m’y contraindre. Cela est mon pouvoir politique. Comme tout producteur, je peux, en attendant mieux, faire pression sur la société à travers ma production : grève d’enfant»
(Manifeste des 343)
«Avrò un bambino qualora lo voglia. Nessuna pressione morale, nessuna istituzione, nessun imperativo economico può costringermi a farlo. Questo è il mio potere politico. Come ogni produttore, posso, in attesa che arrivi qualcosa di meglio, fare pressione sulla società mediante ciò che produco: lo sciopero dei bambini» (Manifeste des 343, 5 aprile 1971)
Lunedì 4 marzo, dal palco allestito per l’occasione in place du Trocadéro, di fronte alla Tour Eiffel e dinanzi a una folla di diverse centinaia di persone, l’attrice Anna Mouglalis ha letto un estratto del manifesto 343, una famosa petizione a favore della legalizzazione dell’aborto, una dichiarazione che ha segnato la storia del femminismo francese e, in particolare, la lotta per il diritto delle donne a riappropriarsi e a poter decidere sul proprio corpo. Pubblicata nel 1971, fu firmata da 343 donne, molte anonime e altre celebri, tra cui Simone de Beauvoir, Marguerite Duras e Catherine Deneuve: tutte loro dichiaravano di aver avuto un aborto illegale.
Dietro il palco su cui Anna Mouglalis ha preso parola, uno schermo gigante trasmetteva in diretta, dalla sala del Congresso di Versailles, questo voto storico e i discorsi che lo accompagnavano. Questa votazione è l’esito di una battaglia parlamentare che ha avuto inizio nel 2022 e che è stata portata avanti da Mathilde Panot, la Presidente del gruppo France Insoumise, all’Assemblea Nazionale e da Mélanie Vogel, senatrice ecologista, al Senato.
La maggior parte dei deputati di destra si era inizialmente opposta al progetto di legge, sostenendo che una riforma costituzionale di questo tipo sarebbe stata esclusivamente simbolica e non avrebbe cambiato in termini sostanziali l’effettività dell’accesso all’aborto per le donne in Francia.
Tuttavia, nel giugno del 2022, alcune di queste argomentazioni sono state messe da parte, dopo che i giudici della Corte Suprema hanno ribaltato la sentenza Roe v. Wade, la quale garantiva l’accesso all’aborto negli Stati Uniti. Da quel momento, alcune donne elette con partiti di destra hanno cominciato a schierarsi a favore di una modifica della Costituzione. Ma sono state due parlamentari di sinistra e, soprattutto, due attiviste femministe, Mathilde Panot e Mèlanie Vogel, a presentare e a portare avanti questa proposta di legge. Mathile Panot è stata, ed è, regolarmente bersaglio di insulti misogini da parte della stampa di destra ed estrema destra, anche durante i dibattiti dell’Assemblea stessa. Mélanie Vogel è una delle prime senatrici a dichiarare pubblicamente la propria omosessualità e a farne un atto militante.
Nelle varie interviste rilasciate nelle ultime settimane, e soprattutto nel discorso di Mathilde Panot di fronte al Congresso, entrambe hanno ribadito che questo voto è il risultato di una battaglia parlamentare condotta dalla sinistra per diversi anni, ma soprattutto di decenni di lotta di gruppi e collettivi femministi per il diritto delle donne a riappropriarsi e decidere sul proprio corpo.
Il giorno del voto, nella sala del Congresso, erano anche presenti diverse militanti con pañuelos verdi intorno al collo o ai polsi, simboli che fanno eco alle lotte femministe sudamericane, e in omaggio ai familiari di Gidèle Halimi – avvocata franco-tunisina, femminista e anticolonialista, che nel 1972 difese cinque donne accusate di essere ricorse all’aborto illegale in un processo altamente mediatizzato e che segnò l’inizio della lotta parlamentare per la legalizzazione dell’aborto – e a Simone Veil, ministra della Salute, liberale, e che, pochi anni dopo, nel 1975, introdusse la proposta di legge per la legalizzazione dell’interruzione volontaria di gravidanza in Francia. Nelle immagini proiettate sul maxischermo installato in place du Trocadéro, si vedono i deputati girarsi e alzare la testa verso le tribune della sala, dove tante militanti stavano applaudendo.
Paradossalmente, la destra, che si era opposta a questa modifica costituzionale con il pretesto che non sarebbe stata altro che un atto simbolico, ha infine ceduto, proponendo però diversi emendamenti che impongono dei limiti all’efficacia di questo diritto costituzionale, per poi rallegrarsi del fatto che l’ultima versione del disegno di legge non avrebbe rivoluzionato strutturalmente il diritto all’aborto in Francia.
I/le senatori/trici di destra si sono dichiarati soddisfatti del mantenimento della double clause de conscience, ovvero l’obiezione di coscienza che stabilisce il diritto dei medici di rifiutarsi a praticare un’interruzione di gravidanza per motivi professionali o personali, eccezion fatta per i casi di emergenza.
Nella legge Veil del 1975, un medico poteva anche invocare una ragione morale per rifiutarsi di praticare un aborto. Quindi, sebbene in Francia il diritto all’aborto esista, l’obiezione di coscienza può limitarne seriamente l’efficacia.
Da parte di Renaissance, il partito fondato da Emmanuel Macron, i rappresentanti eletti e i ministri sono rimasti in silenzio, ma in generale hanno accolto con favore l’equilibrio di quest’ultima versione del testo, che si configura come un compromesso. Ma questo compromesso è piuttosto una forma di disonestà intellettuale, come hanno scritto Nathalie Bajos, Camille Froidevaux-Metterie e Stéphanie Hennette-Vauchez in un articolo pubblicato su “Le Monde”.
Nella versione adottata dall’Assemblea nazionale, la legge «garantisce» il diritto all’aborto, mentre nell’ultima versione adottata dal Senato si limita a «determinare» le condizioni di esercizio di questa libertà. Gli autori della petizione sottolineano che una legge che riduce drasticamente i termini per il ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza, o addirittura la proibisce, sarebbe formalmente una legge che assolve alla sua funzione costituzionale di «determinare» le condizioni per l’aborto. La presidente del Parlamento, la macronista Yaël Braun Pivet, che nel 2022 si era fermamente opposta all’inclusione del diritto all’aborto in Costituzione, il 4 marzo 2024 ha accolto con favore questo grande passo per i diritti delle donne. Lo stesso ha dichiarato Marine Le Pen, leader dell’estrema destra francese, la quale si è detta contenta di votare in favore di un cambiamento costituzionale.
Per il movimento femminista tutto, e per chi si trovava in place du Trocadero, le dichiarazioni e i cambi di passo compiuti dalla destra e dell’estrema destra francese nelle ultime settimane e, in particolare, la sera del 4 marzo, non sono altro che dei tentativi di recuperare terreno all’ultimo minuto. Nessuna infatti dimenticherà che il mantenimento dell’obiezione di coscienza introdotta con la legge Veil è il risultato delle azioni e delle resistenze della destra parlamentare francese, che aveva addirittura proposto di inserirla nel nuovo articolo della Costituzione.
Il fatto che questa riforma costituzionale non abbia una valenza meramente simbolica è certamente vero, infatti renderà più difficile e complesso limitare il diritto all’IVG, specialmente nell’eventualità, sempre più probabile, di una vittoria dell’estrema destra alle elezioni del 2027. Tuttavia, i movimenti femministi non dimenticano che questa riforma non fa nulla per difendere il diritto delle donne e delle minoranze di genere a riappropriarsi dei corpi. Loro lo sanno che continueranno a battersi per il diritto a un aborto libero, sicuro e accessibile.
Ancora oggi, infatti, una donna su quattro è costretta a cambiare dipartimento [suddivisione territoriale francese dopo le regioni] per poter ricorrere all’IVG, per poi trovarsi a vivere forme di invalidazione, gaslighting, maltrattamenti e violenze mediche all’interno delle istituzioni sanitarie e degli spazi di cura.
Tutto questo, ai movimenti femministi, è ben chiaro e non c’è ingenuità. Non si lasciano ingannare, come non si sono mai lasciate ingannare, dalla strumentalizzazione e dall’appropriazione delle lotte femministe da parte delle istituzioni politiche, sanitarie e mediche.
È dagli anni ‘70 che il Mouvement de la Libération des Femmes (MLF Movimento di liberazione delle donne), e più specificatamente il Mouvement pour la liberté de l’avortement et de la contraception (Movimento per la libertà dell’aborto e della contraccezione – MLAC) e il Groupe Information Santé (Gruppo di informazione sanitaria – GIS), lottano per un diritto all’aborto libero, gratuito e senza restrizioni. A questo proposito, la sociologa Lucile Ruault ricostruisce come la storia militante intorno alla legalizzazione dell’IVG in Francia è stata costruita intorno a divergenze e tensioni interne al movimento femminista, in particolare intorno alla quesitone dell’autonomia delle pratiche e dei saperi intorno all’aborto. Ad esempio, alcune militanti senza una formazione medica formale e certificata, hanno praticato interruzioni di gravidanza con il metodo dell’aspirazione, conosciuto come il “metodo Karman”, semplice e poco costoso e utilizzato in altri contesti militanti prima di arrivare in Francia.
“Uè Uè sono un ragazzo cis e mi lamento” Parigi place de la République – marcia notturna femminista 7 marzo 2024
Se da un lato molte donne rivendicavano il mantenimento di un’organizzazione controllata dalle donne e affrancata e libera dall’autorità medica, altri (spesso medici e uomini) insistevano, mobilitando argomentazioni sicuritarie, affinchè l’aborto diventasse un dispositivo medicalizzato.
I temi relativi l’autonomia della salute delle donne e il diritto a scegliere e disporre del proprio corpo liberamente, sottraendosi al – e contestando il – controllo della medicina patriarcale, non sono una novità e sono da sempre interconnesse con le questioni di istituzionalizzazione, del potere medico e al centro delle riflessioni e delle pratiche dei movimenti femministi.
Troviamo, quindi, una continuità tra questa storia, che ha le radici nelle lotte degli anni ‘70, e il recente processo che ha portato all’inserimento dell’aborto nella Costituzione francese: pur annunciando di voler garantire il diritto all’aborto, Macron e il suo governo di destra non fanno che continuare a ostacolare le misure e le risorse necessarie a garantire nella pratica e nel quotidiano, un accesso reale e libero all’aborto. Su questo punto basta osservare un dato: negli ultimi 15 anni sono stati chiusi 130 centri per l’IVG.
Oltre ad usare la retorica per appropriarsi delle cause femministe e della sinistra, la macronnie con i/le suoi/sue alleati/e di estrema destra stanno attivamente indebolendo e smantellando un sistema sanitario già in ginocchio, precarizzando sempre di più le donne, escludendo e marginalizzando persone immigrate e razzializzate non bianche e, in ultima istanza, dando alla professione medica potere e diritto di determinare discorsi e pratiche di salute.
Quindi sì, l’inclusione dell’aborto nella Costituzione può essere considerata come una vittoria e il frutto di una lunga lotta femminista e di sinistra. Tuttavia, le donne continuano ad essere sottoposte alla volontà dei medici che hanno tutto il potere; infatti l’obiezione di coscienza permette loro di rifiutare l’applicazione di un diritto, esattamente come scriveva e denunciava il MLAC già nel 1975 a proposito della legalizzazione dell’aborto (Pavard et al, 2020).
In conclusione, è difficile non vedere, in questa giornata del 4 marzo, una contraddizione tra il testo delle 343 letto da Anna Mouglalis e il discorso pronatalista di Emmanuel Macron che invita la Francia al “riarmo demografico” .
“Je ferai un enfant si j’en ai envie et si la société dans laquelle je le fais naître est convenable pour moi, si elle ne fait pas de moi l’esclave de cet enfant, sa nourrice, sa bonne, sa tête de turc. Je ferai un enfant si j’en ai envie et si la société dans laquelle je le fais naître est convenable pour moi et convenable pour lui. J’en suis responsable. Pas de risque de guerre, pas de travail assujetti aux cadences. Et viva !”
“Farò un figlio se lo voglio e se la società in cui lo metto al mondo è adatta a me, se non mi rende la schiava di questo bambino, la sua balia, la sua cameriera, la sua testa di turco. Farò un figlio se lo voglio e se la società in cui lo faccio nascere è adatta a me e adatta a lui. Ne sono responsabile. Nessun rischio di guerra, nessun lavoro soggetto a cadenze. Et viva!” (Manifesto delle 343, iniziativa del MLF, pubblicato il 5 aprile 1971 su Le Nouvel Observateur)
(Manifeste des 343, à l’initiative du MLF, publié le 5 avril 1971 dans Le Nouvel Observateur)
Riferimenti:
Pavard Bibia, Rochefort Florence et Zancarini-Fournel Michelle, 2020, Ne nous libérez pas, on s’en charge: une histoire des féminismes de 1789 à nos jours, Paris, La Découverte.
Ruault Lucile, 2022, « Faire de l’avortement « un acte médical comme un autre » : les enjeux croisés de spécialisation et de genre dans la lutte pour l’avortement libre » dans Le genre des sciences: approches épistémologiques et pluridisciplinaires, Lormont, Le Bord de l’eau.
Bajos N., Froidevaux-Metterie C. et Hennette-Vauchez S. (2023, 14 février). Le droit à l’IVG dans la Constitution, une « arnaque à la liberté ». Le Monde.
Immagine di copertina di Jeanne Menjoulet. Immagini nell’articolo di Marta Romagnoli e di Margot Colinet
Traduzione per Dinamopress a cura di Sara Vallerani