approfondimenti
ITALIA
Manifestazione a Palermo contro lo smantellamento del servizio sanitario nazionale
Sabato 15 aprile dalle ore 10 in piazza Verdi, la manifestazione in difesa della sanità pubblica nel capoluogo siciliano. Chiamata dalla Rete degli Ambulatori Popolari, in piazza tante associazioni, sindacati, movimenti e abitanti della città con una piattaforma comune
La sanità pubblica, in Italia, è sull’orlo del baratro; sia sul fronte dell’erogazione dei servizi, sia su quello dell’organizzazione e del lavoro, la situazione appare tragica. Pronto soccorso sempre affollati, posti letto insufficienti, liste d’attesa infinite, costi delle cure eccessivi: per i cittadini comuni diventa ogni giorno più difficile accedere ai percorsi di cura. Il quadro, soprattutto alle nostre latitudini, sta diventando tanto drammatico da invogliare sempre più famiglie a rinunciare. Chi, invece, opera nelle strutture pubbliche perché medico, infermiere, amministrativo si ritrova sempre più in trincea: tagli continui, organici non sufficienti, disorganizzazione.
Purtroppo questo processo di smantellamento del Servizio Sanitario Nazionale va avanti da decenni, con la complicità della politica (di ogni colore), e con l’obiettivo di favorire sempre più la sanità privata. Neanche i morti e le difficoltà emerse durante la recente pandemia sembrano aver fatto cambiare idea alla classe dirigente del paese. La salute è sempre più considerata una merce acquistabile solo da coloro i quali possono permettersi le visite nelle strutture private; gli “eroi” del Covid – soprattutto giovani precari – sono stati rispediti a casa con una pacca sulla spalla, moltissime promesse e nessuna valorizzazione dei loro sacrifici; i fondi a disposizione sempre più scarsi.
L’attuale governo di Giorgia Meloni sembra proprio voglia continuare a proseguire lungo questa direzione; la proposta di legge sull’assistenza ai non-autosufficienti, la legge Calderoli sull’Autonomia differenziata e le politiche economiche fin qui messe in campo ci indicano uno scenario chiaro e tragico: la salute sta diventando un privilegio per pochi! La Rete degli Ambulatori popolari di Palermo è una realtà che offre assistenza di prossimità a coloro i quali non riescono ad accedere ai percorsi di prevenzione e cura ufficiali. Operando in vari quartieri della città si configura come osservatorio privilegiato proprio nell’analisi di queste difficoltà. In questi mesi, nello svolgimento delle attività quotidiane, emerge chiaramente l’incapacità, ormai cronica, del Ssn nel dare risposte reali ai bisogni sanitari delle cittadine e dei cittadini. Così, a seguito di una partecipatissima assemblea tenutasi alla Fonderia alla Cala, operatori sanitari, lavoratori e lavoratrici precari, attivisti e cittadini hanno deciso di manifestare la rabbia e la frustrazione per l’annunciata morte della sanità pubblica nel paese. Chiediamo a tutta la cittadinanza di manifestare con noi per riappropriarci del diritto alla salute per tutte/i.
La piattaforma di mobilitazione sulla Sanità Pubblica
1. Utilizzare i fondi del MES sanitario.
L’obiezione che questi fondi sarebbero utilizzabili per investimenti strutturali ed innovazione tecnologica è superata dal fatto che si libererebbero risorse da utilizzare altrimenti (personale, farmaci, diagnostica) dal FSN. Abbiamo voluto inserire come primo punto delle nostre richieste il problema del definanziamento del SSN e in maniera assolutamente provocatoria abbiamo citato il MES sanitario del fondo salva stati in quanto la presidente del consiglio pro tempore ha più volte e con ostinazione si è dichiarata contraria sia alla sua istituzione che all’accesso ai fondi da parte dell’Italia.
Nel 2023 la quota di finanziamento della sanità in rapporto al PIL sarà del 6,2 % al netto di un tasso di inflazione del 10% annuo circa. Questo significa che, in queste condizioni, dal mese di ottobre il sistema collasserà e non sarà in grado di erogare alcun tipo di servizio. Per ogni cittadino italiano lo stato spende ad oggi 2.856 € a fronte di 5.994€ della Germania e 4.354 € della Francia ( media OCSE 3.818).
Ci rendiamo conto del fatto che questa situazione si è sviluppata in maniera progressiva da diversi anni a questa parte e che le responsabilità sono dell’attuale governo in misura marginale, ma è dell’attuale governo la responsabilità di porre rimedio e rendere esigibile il diritto alla salute sancito dall’articolo 32 della nostra Costituzione. Per allinearci ai paesi europei servono almeno 2 punti di PIL in più (34 MLD di euro). Come intende trovarli il governo ? Tutto ciò al netto del fatto che servirebbero ben 11 MLD per recuperare l’arretrato di prestazioni derivante dalla periodo pandemico e che con la delega fiscale e la riduzione delle aliquote diminuirà l’introito dello Stato.
2. No deciso ed assoluto a qualsiasi forma di autonomia differenziata.
Il regionalismo differenziato cancella il Servizio Sanitario Nazionale e lo sostituisce con una sorta di federazione di autoarchie regionali in modo che ogni regione si finanzi col proprio PIL, il che vorrebbe dire fine del sistema solidale ed universale, fine del principio di uguaglianza (nessuno di noi è uguale di fronte alla malattia), cioè fine del Servizio Sanitario Nazionale, fine dell’art.32 . (Ivan Cavicchi) N.B. Il Presidente della regione Sicilia, da buon ascaro del potere, ha votato a favore dell’autonomia differenziata.
3. Progressiva de aziendalizzazione delle strutture pubbliche erogatrici di assistenza sanitaria con prevalenza almeno dell’80% degli obiettivi di salute su quelli finanziari nella valutazione del management.
La legge 502 del ‘92 , approvata dal governo Amato di centrosinistra , ha tradito i principi dell’art. 32 della Costituzione e della legge 833 di riforma sanitaria, trasformando le USL in aziende e facendo diventare il diritto alla salute da diritto universalmente esigibile a diritto condizionato dalle disponibilità finanziarie e inserendo il principio della concorrenza al posto della collaborazione tra le strutture erogatrici di servizi. Da questa legge sono scaturite in seguito altre leggi e sentenze che hanno introdotto il welfare on demand e messo in posizione prioritaria gli obbiettivi di contenimento della spesa rispetto agli obiettivi di salute. Se vogliamo salvare il Servizio Sanitario e recuperare i valori della Costituzione e della legge 833 è necessario iniziare a lottare per una ulteriore riforma del sistema che metta al centro i bisogni di salute.
4. No al numero chiuso alla facoltà di Medicina e aumento delle borse di studio per le specializzazioni stabilito sulla base dei bisogni reali valutati con metodo scientifico da parte di enti terzi (EBHC) con maggiore coivolgimento nei percorsi formativi delle strutture pubbliche ad alta specializzazione.
In Italia il dato di 4 medici ogni 100 abitanti è reale ma forviante in quanto una notevole percentuale di questi è in pensione ed il 53,3 % dei medici appartiene alla fascia over 55. La situazione del personale infermieristico e tecnico è ancor più carente. Si calcola che manchino oltre 20.000 medici e 63.000 infermieri per potere assicurare standard di assistenza dignitosi. Tutto ciò ci porta a chiedere con forza l’abolizione del numero chiuso in medicina e la revisione in plus delle borse di specializzazione (in atto mancano 5.000 medici di emergenza).Il numero chiuso nelle facoltà, finora regolato da un concorso con questionari a risposte multiple, spesso non attinenti alla preparazione del candidato se non addirittura errate o peggio demenziali, ha costituito fonte di lucro per improvvisate scuole di preparazione private ad altissimo prezzo. Bisogna coinvolgere , inoltre , nel percorso formativo dei futuri professionisti anche le strutture ospedaliere e la medicina di base e di prossimità. Infine serve rendere attrattivo il lavoro nelle aree di emergenza ed urgenza con incentivi economici e normativi adeguati, in considerazione del fatto che nel 2022 sono stati assegnati per tale specializzazione solo 443 posti versus 886 disponibili. Ciò ha portato le aziende ad instaurare rapporti atipici a gettone estremamente onerosi con cooperative e singoli professionisti spesso non idonei alla gestione delle emergenze stesse.
5. Passaggio dalla convenzione al rapporto di dipendenza dei medici di medicina generale neo assunti conservando il rapporto di convenzione per gli esistenti ad esaurimento.
Quello dei medici di medicina generale è rimasto un nodo irrisolto della legge 833 per cui già fin dal 1978 , data della sua entrata in vigore, si è ereditato, praticamente senza soluzioni di continuità il metodo del vecchio sistema mutualistico, per cui i medici di famiglia anziché essere convenzionati con i vari enti mutualistici sono passati de facto ad un rapporto di convenzione con il SSN. Ciò a causa delle resistenze corporative dell’Ordine dei medici di cui gli stessi costituiscono l’asse portante. Ciò ha determinato una situazione atipica generatrice di disfunzioni che sono alla base della crisi della medicina territoriale. Si consideri inoltre che gli stessi medici sono stati da un lato oberati da funzioni improprie di carattere eminentemente burocratico che ne hanno compromesso in parte la funzione clinica. A nostro avviso, per ovviare a questo stato di cose, bisogna lasciare ad esaurimento le convenzioni esistenti, anche in considerazione del fatto che la gran parte di essi appartengono alla fascia over 55, ed inquadrare i neo assunti a coprire le zone carenti che esistono e si vanno creando con i pensionamenti con medici inquadrati nel ruolo della dirigenza medica del SSN fornendo loro il supporto logistico ed organizzativo necessario mediante personale infermieristico e amministrativo. Ciò anche in considerazione che le esperienze di associazionismo dei medici dei medicina generale sono rimaste episodiche e poco praticate.
6.Liberazione dal lavoro burocratico di tutto il personale sanitario ed utilizzo a questo fine del personale amministrativo ricorrendo anche a quello impiegato durante la pandemia.
Una quantità notevole del tempo di lavoro dei medici e degli infermieri è assorbita dalle pratiche burocratiche (compilazione SDO, report ecc.) che potrebbe benissimo essere espletata da personale amministrativo lasciando ai medici ed agli infermieri esclusivamente attività di assistenza, prevenzione, diagnosi e cura, e ciò è importante sia per coloro che operano in ospedale ed anche nelle strutture territoriali.
7. Sospensione dell’attività intra moenia per tutte le strutture con liste di attesa superiori a specifici standard fino all’abbattimento delle stesse liste realizzabile anche con l’acquisto da parte delle ASP di pacchetti di prestazioni al di fuori dell’orario di servizio dei singoli professionisti.
Uno dei principali errori della sinistra nel determinismo della crisi del servizio sanitario è stata la possibilità per i medici ospedalieri di svolgere all’interno, ma anche all’esterno degli ospedali attività privata (ministro Bindi). Tale errore è stato determinato dal fatto che si è voluto surrettiziamente integrare lo stipendio dei medici che era e resta uno dei più bassi dei paesi OCSE. In questo modo si è introdotto il privato nel pubblico ed quindi una sanità a due velocità. Questa situazione di per se immorale per la ragione che davanti ad un bisogno insopprimibile di cura discrimina i cittadini più deboli, è intollerabile nel periodo post pandemia laddove si sono accumulati ritardi di prestazioni per colmare i quali servirebbe un investimento di 11 MLD di €. Rimanendo contrari all’istituto dell’attività intramoenia in se, come rete degli ambulatori popolari proponiamo almeno una moratoria fino a quando non si sarà pienamente colmato il ritardo accumulato con la pandemia.
8. Obbligo per tutte le strutture convenzionate non specialistiche di assicurare attività di pronto soccorso a media e bassa intensità aperta a tutti h24.
Le case di cura convenzionate, al contrario di quelle private, se vogliono, come del resto sostengono i loro rappresentanti essere considerate come strutture integrative del servizio sanitario nazionale, dovrebbero assicurare l’accesso libero alle loro strutture attraverso aree di emergenza e non fare quello che si chiama cherry picking , cioè selezione dei pazienti in base alla tipologia di patologia, scegliendo quelli ad esse più “convenienti” e quindi assicurare l’accesso stesso mediante aree di emergenza e pronto soccorso. Ciò potrebbe contribuire in maniera sensibile all’abbattimento dei tempi di attesa nei pronto soccorsi esistenti.
9. Riapertura delle strutture hub e spoke create per la pandemia con compiti di rilancio della medicina di prossimità (ospedali, punti nascita, ambulatori chiusi nei piccoli centri; consultori, ecc).
Il patrimonio di esperienze professionali in termini di medicina di prossimità accumulato durante gli anni della pandemia non può essere disperso o sottoposto al continuo ricatto di un precariato senza fine ma deve essere recuperato per costruire una rete di assistenza territoriale a supporto della medicina di base e dell’ Assistenza Domiciliare Integrata.
10. No al decreto sulla non autosufficienza (n.506 del 27 gennaio 2023) che limita i diritti esigibili delle persone anziane non autosufficienti, istituisce un sistema sanitario parallelo a carico degli Enti Locali e sostituisce l’indennità di accompagnamento con un cosiddetto “carnet di prestazioni”.
In sintesi ecco quello che il decreto prevede
– non ci sono diritti esigibili( cioè assolutamente certi) perchè le risorse sono quelle “disponibili a legislazione esistente”
-sono esclusi da SSN gli anziani malati cronici non autosufficienti, emerginati in un nuovo contenitore ghetto, il SISTEMA PER LA POPOLAZIONE ANZIANA NON AUTOSUFFICIENTE che interviene solo per le situazioni di estrema indigenza
-non sono previsti nei LEA assegni di cura per le cure domiciliari
-attacco al diritto della indennità di accompagnamento
rischio concreto di vedersi negato il diritto esigibile di ricovero in RSA
PROMUOVONO
Rete degli Ambulatori popolari di Palermo
Mediterraneo di pace
Medicina democratica
Centro sociale Anomalia – Ambulatorio di quartiere Borgo Vecchio
Ciss – Cooperazione internazionale Sud Sud
Laboratorio Zen Insieme – Presidio sanitario Eugenio Emanuele
Comitato Olivella – Ambulatorio popolare Centro Storico
Non una di meno Palermoadesioni in aggiornamento
Andu (Associazione nazionale docenti universitari) Palermo
Fiom Palermo
Laici comboniani
Arci Porco Rosso
Maghweb
Laboratorio Salute Popolare – Bologna
A.SI.D.A.12 luglio (Associazione Sindacale per il Diritto all’Abitare)
Confederazione Unione Sindacale di base USB Palermo
Cittadinanzattiva Sicilia
UDI Palermo
CUB Confederazione Unitaria di Base – Palermo
Associazione Handala
Antudo
Rete dei Comitati per la Salute Sicilia
Arcigay Palermo
Officina del Popolo – Palermo
Casa del Popolo Peppino Impastato – Palermo
Immagine di copertina e nell’articolo: Ambulatorio Borgo Vecchio, Palermo