approfondimenti
OPINIONI
La società travolta: il collasso dell’attenzione
L’attenzione è un problema collettivo che riguarda le condizioni di vita, e la lotta del personale sanitario lo rende evidente. Una vita con il pilota automatico anestetizza la capacità di ascolto e di pensiero, di creazione e di autonomia. Occorre lottare collettivamente per condizioni di attenzione migliori
Per Cristina Gutiérrez, Juan Luis Sánchez González e Trinidad Andrés Labrador: attenzione alle condizioni avverse.
Un amico deve andare in questura a sporgere denuncia. Nelle conversazioni con gli agenti di polizia, durante le sei ore che deve trascorrere lì, gli dicono e gli illustrano come «non ce la facciano» a rispondere al numero di casi che si presentano quotidianamente. Sono arrivati persino a dover mettere un agente all’ingresso per effettuare una prima scrematura tra le richieste che a cui possono dare seguito e quelle a cui non possono.
Situazione identica negli ambulatori pubblici. Lo sappiamo grazie alle lotte degli operatori sanitari e dall’esperienza diretta. Il tempo per visitare e ascoltare i pazienti è scarso, le routine automatizzate la fanno da padrone e diventa impossibile fare dei centri sanitari quello che dovrebbero essere: luoghi di ricerca, apprendimento e vita comunitaria.
Possiamo sentire la stessa lamentela ascoltando qualunque maestra o maestro della scuola pubblica spagnola. La scuola è ormai satura di regolamenti, compiti e controlli burocratici obbligatori. Il senso e la sensibilità degli insegnanti sono tarpati: non si può «perdere tempo» per seguire il caso particolare di tale ragazzo o di tale ragazza, perché bisogna rispettare il programma a tutti i costi!
Manca il tempo e si va sempre di fretta. Le istituzioni che sostengono la vita quotidiana sono travolte da un’eruzione di malessere che in loro cerca riparo. Le parole che descrivono situazioni collettive (saturazione, tracollo, collasso) descrivono perfettamente le nostre esperienze personali e private. Troppi messaggi a cui rispondere, richieste da soddisfare, incendi da spegnere.
Viviamo, in definitiva, in una società travolta. Nella quale l’impossibilità dell’attenzione è diventata un problema di prim’ordine. Attenzione non solo come attitudine alla concentrazione individuale, ma anche come capacità di accogliere e ascoltare, di prendersi cura delle relazioni. La nostra mancanza di attenzione è un meccanismo di difesa contro l’accelerazione quotidiana dei ritmi e della moltiplicazione dei segnali, ma ci richiede un costo elevato. La vita con il pilota automatico anestetizza la capacità di ascolto e di pensiero, di creazione e di autonomia.
Cosa sta succedendo? Il problema è molto complesso. Infatti, si trova al centro di un crocevia contorto di una moltitudine di fattori e fenomeni allo stesso tempo psicologici, sociali, economici, politici e tecnologici. In ogni situazione si manifesta sotto forma diversa e con disuguaglianze specifiche (pregiudizi di classe, di età, di genere, ecc.).
Mi limito a condividere alcune riflessioni che si possono trovare più articolate in un libro collettivo sull’argomento, pubblicato recentemente e che ho coordinato insieme all’artista e curatore Oier Etxeberria, El eclipse de la atención [L’eclissi dell’attenzione, Oier Etxeberria è un artista e musicista basco, direttore del dipartimento di Arti Visive del CCIC Tabakalera di Donostia-San Sebastián – ndt].
Ecologia dell’attenzione
È molto importante riflettere profondamente su quanto segue: l’attenzione non è solo una questione individuale, ma ha anche una dimensione collettiva e politica
Il pensatore francese Yves Citton [docente di letteratura francese all’università di Grenoble – ndt], che lavora da anni sull’argomento, propone la seguente idea: l’attenzione è un’ecologia. In altre parole, l’attenzione va pensata come un ambiente o, meglio ancora, come un ecosistema di cui facciamo parte e del quale possiamo prenderci cura solo collettivamente. Siamo liberi di chiudere gli occhi davanti alle pubblicità che ci assalgono da ogni parte, ma l’ambiente stesso è dannoso per l’attenzione. La trasformazione di questo ambiente non può che essere un’azione collettiva e, in tal senso, politica.
L’attenzione è, quindi, una questione di condizioni. Esistono condizioni favorevoli e condizioni sfavorevoli e gli sforzi individuali non sono sufficienti. La sfida sta nel costruire condizioni sufficienti (di risorse, di tempo e di abitudini) per poter prestare attenzione.
Cosa troviamo oggi al centro delle istituzioni scolastiche o sanitarie? Non i bisogni unici delle persone, ma la logica della massimizzazione del profitto e del controllo burocratico e la delega del ruolo di calmiere di un disagio sociale che si infiamma in ogni dove. Un’amica insegnante mi dice che l’unica cosa che può fare con i suoi studenti durante la prima ora è lasciarli dormire sui banchi perché arrivano senza aver dormito a sufficienza.
Lì dove i bisogni e le capacità delle singole persone non sono al cuore delle strutture collettive, queste diventano “stressanti” e lacerano i soggetti. Questa immagine di “lacerazione” me la consegna un’amica docente di filosofia, che mi trasmette come si senta quotidianamente strattonata da due esigenze contrapposte: il desiderio di portare avanti il percorso di apprendimento dei ragazzi e l’obbligo di rispettare una serie di regolamenti e programmi decisi in astratto e a priori, senza alcuna flessibilità per seguire i casi particolari.
L’attenzione è un problema collettivo che riguarda le condizioni (politiche, economiche e cosi via), e la lotta del personale sanitario lo rende evidente. Non è così popolare e trasversale soltanto perché come maggioranza della popolazione siamo utenza della sanità pubblica, ma anche perché pensiamo tutti che lì sussiste un problema comune e riconosciamo il valore di dare una risposta collettiva e organizzata.
Questo significa che il problema dell’attenzione è solo strutturale e oggettivo? Cosa si potrebbe risolvere con un aumento quantitativo degli stipendi, del personale e dei mezzi? Penso che non sia un problema strutturale, perché anche l’attenzione è un bene comune che ci diamo (o togliamo) gli uni agli altri. Ovvero, l’accelerazione ambientale si attacca al nostro corpo e la riproduciamo anche noi stessi, “stressando” gli altri. Un’epidemia di disattenzione.
Un esempio banale ma ripetuto: l’abitudine di mandare un messaggio su whatsapp dicendo «Ti ho appena mandato una mail». Ovvero, tra le righe, «Rispondimi subito!». Non saper aspettare, non saper ascoltare, pretendere risultati e risposte immediate, si insinua dentro di noi come un’abitudine radicata che accelera l’accelerazione. La società travolta è una società sull’orlo di una crisi di nervi (e il nervosismo peggiora lo stravolgimento).
Lottare per l’attenzione
L’attenzione è un intreccio, un ambiente, un ecosistema di cui facciamo parte. La nostra incapacità di prenderci cura e sostenere questo intreccio, la nostra delega e richiesta permanente all’altro affinché risolva tutti i problemi, peggiora la situazione. Meno legami sociali autonomi ci sono, più le strutture esistenti vengono travolte: la giustizia deve farsi carico di amministrare anche il minimo disaccordo tra cittadini, ecc.
Senza lottare collettivamente per condizioni di attenzione migliori, i problemi quotidiani continueranno a superare di gran lunga le nostre capacità individuali di risposta.
Corriamo così il rischio di trasformarci in individui sconfitti e rassegnati, lamentosi e vittimisti. Non potendo farci carico dei problemi che ci attanagliano, cerchiamo qualcuno da incolpare per quello che ci sta accadendo.
L’unico modo per uscire da questa impotenza e da questa frustrazione quotidiana è imparare di nuovo a cospirare, ovvero a respirare insieme.
Amador Fernandez-Savater è un ricercatore indipendente, attivista, editore, ‘filosofo pirata’. Ha pubblicato recentemente Habitar y gobernar; inspiraciones para una nueva concepción política [Abitare e governare; ispirazioni per una nuova concezione politica – ndt] (Ned edizioni, 2020) e La fuerza de los débiles; ensayo sobre la eficacia política [La forza dei deboli; saggio sull’efficacia politica – ndt] (Akal, 2021). Le sue diverse attività e pubblicazioni possono essere seguite su www.filosofiapirata.net.
Articolo originariamente pubblicato in spagnolo su Revista Contexto y Acción, che ringraziamo per la gentile concessione. Traduzione a cura di Michele Fazioli per DinamoPress
Immagine di copertina di Gaviota Cercos Fernandez