ROMA
Il Grande Cocomero per crescere insieme
L’esperienza del Grande Cocomero rischia di essere interrotta dalle scelte miopi della Direzione sanitaria del reparto di Neuropsichiatria Infantile del Policlinico Umberto I a Roma. I giovani pazienti non potranno più svolgere quelle attività esterne così importanti per la loro crescita e riabilitazione, così come è avvenuto per trent’anni insieme ai volontari dell’associazione, che non hanno alcuna intenzione di arrendersi a quello che considerano un sopruso
Oltre trent’anni fa, in occasione delle riprese del film “Il grande cocomero” diretto da Francesca Archibugi, fu individuato a San Lorenzo uno spazio, per allestire il set. La location fu trovata in via dei Sabelli 88, nel seminterrato di un edificio scolastico dei primi anni del Novecento. La storia riprendeva il lavoro e l’esperienza di Marco Lombardo Radice, il giovane neuropsichiatra sperimentatore di terapie innovative nella cura dei disturbi psichici dei minori.
Un gruppo di volontari ed ex-pazienti, qualche tempo dopo smontato il set, decide di occupare quello spazio per farne un luogo dove accompagnare bambini e adolescenti in difficoltà nel loro processo di crescita. Accadeva al tempo della Delibera 26, che consentiva l’assegnazione di spazi pubblici alle associazioni e infatti nel 1998 arriva la concessione da parte dell’Amministrazione Comunale. Da allora, e per molti anni, i locali sono stati recuperati con il lavoro dei tanti volontari che li hanno resi disponibili a ospitare le molte attività che hanno inventato con i loro ospiti. C’è una sala video attrezzata, dove si fanno anche attività motorie, una stanza per la musica, un laboratorio di video produzioni, un atelier per le attività creative ed espressive, una piccola falegnameria.
I locali dell’associazione sono frequentati anche, come attività extraclinica, da piccoli gruppi di adolescenti con problemi psichiatrici, provenienti dal vicino centro di Neuropsichiatria Infantile del Policlinico Umberto I, accompagnati dal personale medico che li assiste. Molte le sperimentazioni: laboratori teatrali, musicali, di pittura e cartapesta, di poesia. Un progetto continuo ha preso forma nel corso degli anni, con il contributo di chi lavorava nel settore della neuropsichiatria infantile, ma anche dei tanti che si occupavano di animazione sociale, di psicologia, di riabilitazione, di pratiche di mutualità, di invenzione di oggetti a reazione poetica. Molti dei ragazzi che vi hanno trovato assistenza, una volta cresciuti sono rimasti ad animare quei luoghi dove è possibile ritornare a essere adolescenti che affrontano paure e sofferenza con la voglia di riprendere a crescere.
Poi succede che nel 2016 anche al Grande Cocomero, come ad altri spazi sociali e associazioni, arriva una “letterina” che intima di lasciare i locali poiché sembra che non esista una concessione stipulata con l’amministrazione. Non solo, ma si chiede anche di versare la somma di 116.438,78 euro per canoni arretrati. Eppure si va avanti!
In questi giorni si festeggiano i 30 anni di questa meravigliosa esperienza e proprio adesso arriva la notizia che la direzione sanitaria e i referenti delle professioni sanitarie del Policlinico Umberto I, intendono vietare le uscite dai reparti della Neuro Psichiatria Infantile dei giovani ricoverati e degli operatori. Rendendo dunque impossibile, fra le altre cose, partecipare alle attività del Grande Cocomero.
Graziella Bastelli, che ha lavorato per 42 anni nell’ospedale, racconta come la direzione sanitaria abbia negli anni acconsentito e aiutato le attività esterne dei giovani pazienti. Ricorda il corso di cucina, finanziato dal Policlinico con un piccolo budget mensile per le materie prime, con le uscite per andare a comprare quello che servirà per preparare la ricetta scelta da cucinare insieme. Il quartiere, i negozi, le strade, gli spazi aperti e sicuri sono i luoghi amici, del “si può”, dove si può curare e riscoprire la propria autostima e il sé frantumato, dove si può mettere da parte sofferenza e malattia ritrovando quel quotidiano che serve a crescere.
«Le uscite sono importanti – ci dice – perché finalizzate a riprendere il contatto con i principi di realtà per chi ha avuto una patologia psichiatrica dirompente e distruttiva. La riabilitazione fa parte della cura, è uno strumento indispensabile come la psicoterapia, i farmaci, la scuola in ospedale, la terapia familiare. Come è fondamentale la prevenzione, per chi non è ricoverato ma ha bisogno di accoglienza per evitare che il disagio diventi patologia». Poi aggiunge: «Le patologie psichiatriche adolescenziali non sono nate con la pandemia, anche se oggi tutti ne parlano, ma erano numerose anche prima con manifestazioni di disturbi alimentari e atti di autolesionismo. Certo con il Covid i problemi si sono acuiti, non solo qui ma in tutto il settore della sanità».
Alla notizia della decisione della direzione sanitaria ci sono state molte manifestazioni di solidarietà da parte di ex-pazienti e loro familiari e prese di posizione come quella del Cobas Sanità Università e Ricerca del Policlinico Umberto I che nel comunicato chiede la riattivazione dell’assicurazione per le uscite dei ragazzi e delle ragazze con gli operatori, una formazione specifica degli operatori sanitari che vengono inviati ai reparti per adolescenti con patologie psichiatriche, la formazione permanente per la condivisione dei tanti strumenti per la riabilitazione e la realizzazione dei progetti riabilitativi comprese le uscite e impegni lavorativi diversi, per le finalità di cura e infine un confronto fra tutti gli operatori con la Direzione Sanitaria e Generale sulle specificità del lavoro e delle attività della Neuropsichiatria Infantile che non possono essere limitate da divieti e burocrazie, ma devono rispettare tutti i percorsi di prevenzione, cura, riabilitazione.
La senatrice dell’Alleanza Verdi e Sinistra Ilaria Cucchi ha chiesto in un comunicato che un servizio ampiamente e storicamente riconosciuto non venga limitato da divieti o burocrazie varie. «È necessario rispettare tutti i percorsi di prevenzione, cura e riabilitazione – scrive – sono preoccupata e vorrei sapere quali sono state le ragioni per intervenire sulle uscite dei ragazzi e per quale motivo non si possono affrontare dentro un’ottica di condivisione tra dirigenza e operatori».
L’associazione di volontariato il Grande Cocomero denuncia nel suo comunicato «La violenza di questo divieto, l’incapacità di non essere promotori di qualità e umanizzazione in un servizio sanitario pubblico e specialista, la non volontà di garantire una formazione continua per tutti coloro che devono imparare a lavorare con le patologie psichiatriche in adolescenza e a concretizzare agiti riabilitativi, usando fantasia e creatività, come strumenti di cura».
«Noi come Grande Cocomero – dichiarano – ci impegneremo con tutte le nostre forze e idee per non rimanere passivi a questi abusi e per coinvolgere chi, come noi, non rinuncia ai propri diritti e desideri per ottenere definitivamente l’assicurazione per l3 ricoverat3 e l’autorizzazione per l3 operator3 sanitari, così da riprendere le uscite per il quartiere e continuare a garantire di attraversare i nostri spazi ai tanti ragazzi/e che ne hanno diritto per rincominciare ad amare se stessi e i loro corpi e per avere, da noi adulti, tutti gli strumenti per crescere»
Tutte le immagini del Grande Cocomero