editoriale

25 aprile, Zaccaria Verucci: un partigiano dei centri sociali

Le tante lotte di un partigiano di Casalbertone. Sempre dalla stessa parte

“La vita di un militante e la sua lotta possono essere dure ma mai vane”

(Zaccaria Verucci)

“Noi difendiamo la libera sovranità del popolo italiano al quale mandiamo il più alto saluto e crediamo di rivendicarne la dignità, domandando il rinvio delle elezioni inficiate dalla violenza alla Giunta delle elezioni”

(G. Matteotti, discorso alla Camera dei Deputati, 30 Maggio 1924)

Il 29 agosto del 1929 nasce a Norcia, in provincia di Perugia, Zaccaria Verucci, penultimo di sei fratelli. Quella di Zaccaria è una famiglia di contadini. Il padre Oreste, comunista, decide i nomi dei figli, Vincenzo, Spartaco, Libero, Vania e Giannina, ma nel 1929 il nome del quinto figlio lo decide la moglie, Santina Accica: si chiamerà Zaccaria, in ricordo del fratello.

È infatti il 1924, lo stesso anno dell’omicidio di Giacomo Matteotti per ordine di Mussolini, quando il fratello quindicenne di Santina, Zaccaria Accica, giocando in strada con altri ragazzi, ha un diverbio con uno di loro. Quest’ultimo, fascista avanguardista, corre dal prete del paese, don Antonio Corona, cappellano dei balilla, per raccontare l’accaduto. Poco dopo Zaccaria viene prelevato dai carabinieri e trattenuto in caserma per tre giorni, morendo dopo poche ore dal suo rilascio.

“Per i combattenti d’Italia…eia eia eia alalà!”

Nei piccoli centri abitati è difficile rifiutarsi di partecipare alle marce. Quando passa la parata ci si deve togliere il cappello ma Bartolomeo, amico comunista di Oreste, un giorno si rifiuta di chinare la testa. Un graduato gli intima di ravvedersi ma la risposta è netta: “Mi tolgo il cappello se passa un asino ma non se passate voi!”. Il suo destino è segnato. In occasione di questi eventi ufficiali del fascio, tutta la famiglia Verucci si mobilita per provvedere al rifugio di Oreste e degli altri comunisti e anarchici del paese. Ed è sempre tutta la famiglia a pagarne un caro prezzo: il confino interno o, come viene chiamata dalla gente, la morte civile. Nessuno in paese può avere relazioni con i Verucci, di nessun tipo. Nonostante ciò, molti paesani sono solidali e clandestinamente accettano scambi di generi alimentari. Zaccaria raccoglie ghiande e le porta in macelleria per avere in cambio qualche osso o scarti di taglio utili per il brodo o per condire il farro. Le condizioni di vita sono insostenibili.

“Inerpipati sulle dure rocce vigilano i partigiani. Intrepidi stan fermi col cuore d’acciaio ad aspettare il traditore italiano rinnegato, venduto al feroce tedesco”

Durante la guerra, è ancora una volta tutta la famiglia Verucci a subire le conseguenze dell’occupazione nazi-fascista e a partecipare, in diverse vesti, alla Resistenza. Dopo l’8 settembre 1943, il fratello Vincenzo fugge per evitare la deportazione in Germania, unendosi alla brigata autonoma verso la Valnerina, mentre Zaccaria e le due sorelle, Vania e Giannina, continuano a vivere a Norcia. Il padre è in carcere a S. Agata di Spoleto in quanto comunista, la madre defunta e un altro fratello, Spartaco, torna dalla Jugoslavia ammalato di tubercolosi. L’ultimo fratello, Libero, riesce a scappare, nei pressi di Firenze, dal treno che lo porta in Germania ai lavori forzati, e tornerà a piedi a Norcia lo stesso giorno della liberazione del paese.

Nel 1944 la Brigata Antonio Gramsci e tutte le formazioni autonome aggregate, sotto il comando dello jugoslavo Svetozar Laković “Toso”, prende il controllo di Norcia e annuncia la creazione della zona libera “di Norcia e Cascia”, il primo esperimento di autogoverno attuato dai Partigiani in Italia. Zaccaria e un suo amico si propongono come staffette: Zaccaria informa i partigiani sui movimenti delle truppe tedesche, dei reparti repubblichini e sui rastrellamenti, mentre l’amico, che è più robusto, trasporta le armi.

I partigiani riescono a sopravvivere per nove mesi, grazie all’appoggio dei contadini della zona, che li riforniscono di viveri nonostante il clima di terrore provocato dalle minacce e le rappresaglie dei nazifascisti. Dopo la liberazione di Norcia la banda partigiana si scioglie, riconsegna le armi. La guerra e la resistenza lasciano segni e ferite nel corpo della popolazione, insieme alla consapevolezza di voler iniziare una nuova fase storica dopo il fascismo, una fase guidata dalla speranza di poter cambiare la società, rinnovandola secondo criteri di libertà e giustizia. È proprio per questo che Zaccaria, insieme a molti altri giovani, si iscrive alla FGCI e si trasferisce a Roma in cerca di lavoro.

“Vivevo come un clandestino al giorno d’oggi, dormivo dove capitava (sui camion, ai giardinetti, per strada) e mangiavo quando potevo.”

La guerra è finita ma l’incubo dal quale pensa di essere appena uscito si ripresenta. L’estromissione del Partito Comunista e Socialista dal governo di De Gasperi e lo Stato di polizia voluto da Scelba dà il via a una fase incandescente. Nel Paese si susseguono scioperi, manifestazioni di protesta e scontri. Zaccaria, anche se dorme sulle panchine dei parchi, non si tira indietro e partecipa alle manifestazioni conoscendo per la prima volta il carcere, dove ritrova fascisti con un’altra divisa. Viene rispedito a Norcia più volte come migrante interno senza residenza, ma puntualmente ritorna. Sono anni in cui la vita di Zaccaria è caratterizzata da un’esistenza precaria, sempre sotto il ricatto dell’espulsione, ma in cui non si china mai davanti allo sfruttamento del padrone di turno.

Solo negli anni Cinquanta, dopo l’approvazione della legge che permette la libera circolazione dei lavoratori, Zaccaria può finalmente trasferirsi in pianta stabile a Roma, nel quartiere di Casalbertone. È in questo periodo che trova un lavoro definitivo nella nettezza urbana dove pratica senza sosta l’attività sindacale e si batte per la giustizia sociale, la libertà, la democrazia e l’Antifascismo con passione e sempre legato alle direttive del Partito Comunista.

“Non un passo indietro!”

Dopo la fine e la frantumazione del Partito, nel quartiere che lo accoglie non ha più una sezione dove militare e il luogo dove continuare a lottare al fianco di chi lavora, di chi non ha diritti, contro vecchi e nuovi fascismi, lo trova nella Piazza. Per la prima volta entra in relazione con i “i gruppettari” dei movimenti, che ha sempre guardato con diffidenza senza conoscerne nessun aspetto, come ogni altro militante di partito, come gli indicava il partito. È proprio in “quelli dei centri sociali” che Zaccaria ritrova le uniche realtà che producono iniziativa ed alternativa sulle tematiche a lui care, quindi con loro si deve lavorare. Zaccaria diventa un elemento simbolico che tiene unite tutte le anime e le culture politiche del quartiere.

Sono due gli episodi che ritraggono con maggiore precisione la sua immagine. La prima è quella in cui Zaccaria è seduto su una sedia sopra il rimorchio di un tir che esce da via Partini, direzione Piazza della Repubblica, per raggiungere un corteo dei movimenti. La seconda è in occasione della presenza in pompa magna di Alemanno in piazza a Casalbertone. Qui Zac è in piedi, al fianco de* compagni*, di fronte a un cordone della polizia pronto a caricare. Ha appena finito il ciclo di radio-terapia e le sue condizioni sono pessime, fa fatica a stare in piedi. Rimane fermo impassibile e risponde anche un po’ infastidito a chi lo esorta a spostarsi sul marciapiede.

Il 7 febbraio 2011 muore dopo aver combattuto la sua ultima battaglia contro il cancro senza mai lamentarsi, senza mai chiedere nulla a nessuno, con la pena nel cuore di andarsene prima di aver cacciato i fascisti un’altra volta.

“Ho fatto tutto quello che un militante comunista deve fare per il Partito, senza fini personali, sapendo che la lotta di un militante può essere dura ma non è mai vana. La fine dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, la Giustizia sociale, la libertà per tutti i popoli, la dignità dei lavoratori sono le cose in cui credeva mio padre ed in cui ho creduto io, ed in cui credo ancora. E posso dire con tranquillità che rifarei tutto”

(Zaccaria Verucci)

 

Per maggiori informazioni consulta il blog: partigianozaccaria