ROMA

L’antiviolenza non si processa

Atac manda a processo Lucha y Siesta. Il 10 gennaio 2023 si terrà la prima udienza. Un processo contro la casa delle donne dopo 14 anni di attività a servizio della città a fronte di enormi carenze istituzionali. La Casa delle donne chiama un presidio di solidarietà

Il 18 gennaio 2021, alle 7.30 del mattino, senza alcun preavviso e approfittando del cancello aperto da uno dei figli delle donne che stanno facendo il loro percorso di fuoriuscita dalla violenza nella Casa delle donne Lucha y Siesta, le forze dell’ordine sono penetrate nella struttura, gli agenti sono saliti fin nelle camere e hanno identificato una per una tutte le persone presenti. Una procedura violenta e ingiustificata, considerato che i nomi di donne e minori accoltз da Lucha y Siesta sono ben noti, grazie a rapporti con il servizio sociale e a screening sanitari precedenti l’ingresso nella struttura, ma soprattutto perché sono statз inviatз a Lucha y Siesta da altre strutture – pubbliche o convenzionate – che non hanno posti sufficienti per accoglierlз.

Questo è l’incipit della lettera aperta – firmata da centinaia di realtà dell’antiviolenza e privatз cittadinз – che la comunità intorno a Lucha y Siesta scrisse all’epoca per chiedere l’immediata archiviazione del procedimento giudiziario per infondatezza della notizia di reato.

E invece, il 10 gennaio 2023 si terrà la prima udienza del processo penale a carico della Presidente dell’Aps Casa delle donne Lucha y Siesta, associazione che da 14 anni supporta le attività antiviolenza della comunità della Casa.

La vicenda è talmente surreale da rendere necessario ripercorrere alcuni eventi per ricreare il disegno complessivo: Atac ha denunciato l’Aps – nella persona della Presidente – per la sua attività antiviolenza. Atac ha lasciato per decenni lo stabile di via Lucio Sestio abbandonato fino a quando – nel 2008 – una comunità di donne e attivistз l’ha liberato e rivitalizzato trasformandolo, tra le altre mille cose, nello spazio romano con più posti letto in città (14 su 25) per chi fuoriesce da situazioni di violenza a fronte dei quasi 300 previsti dall’Expert Meeting sulla violenza contro le donne dell’Unione Europea del 1999, ratificato dall’Italia nel 2013, e necessari per attuare la Convenzione di Istanbul.

Atac, per ripianare i propri debiti, ha messo in vendita l’immobile insieme al resto del suo patrimonio e solo su questo è riuscita a lucrare, dopo che la Regione Lazio lo ha acquistato all’asta del 5 agosto 2022. 

In tutto questo non perdiamo di vista l’altro attore della farsa: il Comune di Roma. Sì, perché Atac è una società per azioni soggetta alla direzione e al coordinamento da parte dell’ente Roma Capitale, che è tra le altre cose uno dei principali beneficiari del lavoro autogestito dell’associazione, la quale sopperisce le enormi carenze istituzionali nell’antiviolenza.

Atac e Comune quindi prima malgestiscono il loro (nostro!) patrimonio, poi risparmiano grazie al lavoro autogestito portato avanti da anni in uno dei suoi stabili e infine lo criminalizzano, denunciando l’associazione che, in rete con tante altre, lo ha svolto. 

Basterebbe già, e invece c’è un piano ulteriore: ciò contro cui la rete antiviolenza tutta deve continuamente lottare non è solo la scarsità di risorse pubbliche destinate alle proprie attività, ma il perenne e feroce attacco alla natura politicamente situata di cav, sportelli, case rifugio e Case; vediamo tanti allarmanti segnali di questo costante tentativo di neutralizzazione della violenza e dell’antiviolenza.

Mandare a processo Lucha y Siesta è soprattutto questo: dire a tuttз noi che fare antiviolenza in maniera autogestita, non assistenzialista, femminista e transfemminista ci espone, oltre che al sovraccarico di lavoro e stress che ci è noto, anche a possibili repressioni agite tramite i tribunali.

Conosciamo bene questo tipo di violenza, siamo a fianco di molte donne che in tribunale vengono sottoposte a terribili vessazioni. Per questo il 10 gennaio saremo tuttз in presidio davanti al tribunale, per questo vi invitiamo ad esserci. La violenza riguarda tuttз, Lucha siamo tuttз. Come tutti i luoghi di elaborazione e sperimentazione di pratiche politiche di contrasto alla violenza di genere, Lucha è davvero patrimonio collettivo. Qui siamo sempre statз liberз di praticare l’antiviolenza, dando vita insieme a metodologie vive, in continuo cambiamento. Se chi cura questi spazi di libertà per tuttə viene criminalizzatə, occorre reagire insieme, complici e sorelle*. 

Chiunque ha attraversato spazi liberati in questa città sa bene quanto ferisca e stremi la repressione. Da anni attraversiamo fasi diverse di questo percorso di continua resistenza. È il nostro percorso collettivo di fuoriuscita dalla violenza: rivendichiamo spazio per i nostri corpi e i nostri desideri, costruiamo futuro, intessiamo relazioni, ci riappropriamo della forza che ci viene negata.

Quella di Lucha y Siesta è una storia di lotta e riposo, di comunità e intimità, di impoderamento e fatica, di gioia e di dolore, come ogni percorso antiviolenza.

Che arrivi forte e chiara la nostra voce collettiva: pretendiamo l’assoluzione. L’antiviolenza non si processa.

Questo articolo è uscito nel “Lə cerbottanə. Sassolini contro le finestre del patriarcato” distribuito da Lucha Y Siesta durante il corteo del 26 novembre, qui la sua versione digitale