ROMA
Sgomberata l’occupazione abitativa di via del Frantoio
Si aspettano notizie sul destino dei 40 abitanti di via del frantoio dopo lo sgombero del 10 ottobre, il terzo in 2 anni. Al momento, solo 6 hanno ricevuto una destinazione provvisoria
Durante la mattina del 10 ottobre, un ingente dispiegamento di forze dell’ordine (polizia locale, antisommossa, polizia di stato), coordinato dalla prefettura di Roma, ha sgomberato l’edificio occupato in via del Frantoio 44 (IV Municipio), rifugio per circa 40 persone senza dimora, provenienti da diversi paesi dell’Africa. Molti degli occupanti sono in Italia da 5, 10 o più anni; chi non aveva i documenti in regola è stato portato in questura per accertamenti e rilasciato poco prima di mezzanotte.
Piove, e non si sa dove dormiranno queste persone perchè non è stato attivato un percorso di assistenza, nonostante lo sgombero sia stato deciso con anticipo dal prefetto Piantedosi e approvato dal Comitato Provinciale Ordine e Sicurezza.
Le persone riferiscono di essere state costrette uscire in fretta, senza possibilità di portare fuori le proprie cose: abiti, sacchi a pelo, documenti, per ottenerli dovranno tornare qui l’indomani, la mattina presto. Durante la giornata sono accorsə diversə attivistə del coordinamento Documenti per Tutt*, una rete composta da italianə e stranierə in tutta Italia, che a Roma aveva organizzato uno sciopero nazionale lo scorso 31 marzo, per denunciare le condizioni delle persone straniere e immigrate legate alla difficoltà di ottenere i documenti.
Grazie al tam-tam di telefonate qualcuno è riuscito a trovare accoglienza in degli spazi sociali, gli altri hanno passato la notte fuori, perchè di posti nel circuito d’accoglienza romano non ce n’erano: «Ci hanno mandato qui stamattina su segnalazione della Sala Operativa Sociale, ma sapevamo già che non potevamo fare nulla» raccontano due operatori SOS del Comune di Roma. Carla Corciulo, consigliera del IV Municipio per Sinistra Civica Ecologista, racconta di essersi recata in via del Frantoio in mattinata esprimendo peoccupazione sul destino degli occupanti e di aver ricevuto rassicurazioni dall’assessore presente, anche in virtù del comunicato del Presidente del IV Municipio Massimiliano Umberti, che su facebook ha scritto: «Le fragilità verranno seguite ed accompagnate in un percorso di assistenza e integrazione».
Anche Nonna Roma, Arci Roma, Circolo Arci Concetto Marchesi, Rete Antisfratto Roma Est e altre associazioni hanno espresso solidarietà, sia online che partecipando al presidio organizzato il giorno seguente davanti alla sede del IV Municipio, in via Tiburtina 1163, a ridosso del Gra. A incontrare i manifestanti, sono scesi alcuni membri della Giunta, tra cui Umberti, che ha ammesso che il piano d’accoglienza non c’era, rimbalzando la responsabilità sulla prefettura. Al termine del presidio, 6 persone, di cui 3 con disabilità, hanno trovato accoglienza in strutture del circuito romano e alcunə manifestanti, assieme agli altri occupanti, si sono radunatə nuovamente davanti in via del Frantoio.
Chiedono entro sera una soluzione almeno provvisoria per la notte, mentre scende il buio e minaccia nuovamente di piovere. Da un lato, le persone e le loro cose, valige, borsoni, carrelli. Dall’altro diverse volanti della polizia, una trentina di agenti schierati davanti al cancello e un paio di camionette. Gli occupanti sono preoccupati, alcuni sono affranti, altri molto arrabbiati: «abbiamo i documenti, abbiamo i certificati di lavoro, non siamo criminali, perchè dobbiamo stare così?” dice uno di loro, mentre un altro si chiede ironicamente: “perché non esiste il lavoro contrario, dove la polizia ti porta dentro casa invece di cacciarti?».
Il presidio si è sciolto dopo alcune ore di attesa e telefonate, ripetendo il copione della notte precedente.
Alcune testimonianze, storie e pensieri da quel marciapiede: «Perchè non ci può essere un lavoro contrario di questo, invece di avere la polizia che butta la gente fuori di casa, avere la polizia che porta la gente dentro casa»
La palazzina di via del Frantoio 44 è di proprietà del Comune d Roma ed ha una lunga storia alle spalle. Ex comando della Municipale abbandonato, l’edificio è stato poi occupato e trasformato in centro di accoglienza dalla Cooperativa 29 Giugno, in realtà gestita a scopo di lucro da Salvatore Buzzi, come certificherà poi l’inchiesta su Mafia Capitale. Dal 2015 divenne un vero SPRAR, gestito dalla Crocerossa, poi aperto dal 2017 anche alle persone fragili e senza dimora inviate tramite la Sala Operativa Sociale.
L’attività, che ha aiutato circa 2000 persone, si è conclusa -un’amara coincidenza- il 30 giugno 2018 con lo scadere della convenzione, e la promessa di lavori di rigenerazione dello stabile. Da allora la palazzina continua ad essere rifugio, questa volta abusivo, per molte persone emarginate.
Nel 2019 la giunga Raggi ha messo a bando il suo “recupero funzionale”, senza efficacia. Ció che invrce accade è solo un susseguirsi di sgomberi: due, sempre d’estate, prima nel 2020 e poi nel 2021. Pochi giorni fa, il gruppo politico locale di FDI aveva lanciato un appello per lo smantellamento della palazzina, a cui Umberti aveva risposto dicendo che: “la soluzione è vicina, non basta sgomberare è necessario capire prima cosa fare con i locali liberi”. L’intenzione dichiarata da quest’ultimo è di trasformare questo spazio in un luogo di pubblica utilità, partendo da un polo infanzia 0-6 anni, ma niente di ufficiale è stato ancora reso noto.
Negli ultimi anni, il vicinato ha espresso preoccupazione l’estrema vicinanza dello stabile alla Scuola Elementare Fabio Filzi. Ci sono stati momenti di tensione, spesso fomentati dalla militanza locale dell’estrema destra, come accadde tra agosto e settembre del 2017.
La residente Pamela Pistis aveva infatti denunciato di essere stata rapita e picchiata all’interno del centro, per aver difeso il nipote dodicenne da un’aggressione: entrambi i fatti furono poi smentiti dalle indagini, ma lei fu invece denunciata per aver aggredito nella stessa circostanza (questo fu certificato), un ex-ospite del centro, Yacob Misgn, trafitto alle spalle da un pezzo di ferro. La notte, in seguito alle dichiarazioni della donna, i militanti di Casapound, che da mesi faceva pressioni sul Municipio per la chiusura del centro, si sono radunati attorno allo stabile fra urla e minacce.
Nei giorni successivi, il clima di tensione salì, fino agli scontri del 13 settembre tra manifestanti di estrema destra e antifascisti, in occasione del consiglio di Giunta che avrebbe dovuto decidere sulla chiusura del centro, cosa che poi avvenne 9 mesi dopo.
Tutte le foto e gli elementi audio e video di Lorenzo Boffa