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Specchiarsi nell’estate
L’estate è finita di Salvatore Porcaro, Monitor edizioni, racconta le trasformazioni della costa settentrionale di Napoli attraverso le voci di chi ci abita. Voci asincrone che restituiscono il quotidiano, le difficoltà e la complessità di Castel Volturno e Pescopagano, un libro che indaga e al contempo sfugge alle «trappole retoriche che ruotano intorno alla criminalizzazione della povertà»
Un litorale complicato e decadente. Agglomerati di case senza forma, servizi carenti, persone che arrivano e persone che vanno via. Criminalità, migrazioni, solidarietà.
L’estate è finita di Salvatore Porcaro (Monitor edizioni, 2021) fornisce lenti per leggere le trasformazioni che investono ampie porzioni dei territori costieri italiani? Oppure le vicende narrate hanno una dimensione irrimediabilmente locale e hanno senso solo all’interno del luogo specifico in cui sono situate – la porzione di costa a nord di Napoli?
La domanda resta aperta anche dopo aver completato la lettura e chiuso il libro. È uno dei non pochi meriti dell’opera di Porcaro. Entra, con precisione e grazia, nel ventre dei problemi di Castelvolturno e di Pescopagano.
Un coro di voci diverse e non di rado asincrone – intervistate dall’autore nel corso di una ricerca lunga dieci anni – compongono un affresco che non avrebbe le stesse tonalità, le stesso sfumature, la stessa composizione se fosse assemblato in un altro frammento di territorio.
Allo stesso tempo, i temi messi a fuoco da Porcaro – la selvaggia costruzione di case a due passi dalla costa, le complesse e drammatiche vicende dellə abitanti, l’arrivo di molte persone provenienti da altri contesti geografici, l’ombra della malavita organizzata – risuonano su larga scala e suggeriscono l’urgenza di indagare, con piglio simile, la dimensione abitativa, sociale e politica di altri frammenti di costa, anche molto distanti.
L’autore riporta la voce delle persone che vivono o che hanno vissuto le trasformazioni di Castelvolturno e di Pescopagano – testimonianze dense, che raccontano le alterne vicende dei luoghi con lenti tra loro anche molto diverse – ma non scompare.
È una presenza leggera, che emerge in controluce – ad esempio nella scelta del montaggio delle interviste. Quanto alle voci, ce ne sono alcune che – tra le altre – introducono con molta efficacia alle intricate vicende che hanno contribuito a dare la forma attuale al litorale domizio.
Quelle dei pionieri – le prime persone e i primi nuclei familiari che hanno scelto di investire i risparmi nella costruzione di abitazioni a Pescopagano – sono particolarmente avvincenti. Non di rado hanno il sapore della nostalgia: identificano spesso la seconda metà degli anni Sessanta – il periodo immediatamente successivo alle prime edificazioni – e il decennio successivo come l’età dell’oro di questi luoghi.
«Ci mancava tutto e non mi mancava niente», riferisce Domenico D’Orazio a pagina 182. Ben rappresenta lo stile con cui in tantə si sono lì trasferitə – stabilmente o per il periodo estivo – dalle città vicine, soprattutto da Napoli, in cerca di tranquillità e di svago.
Socialità diffusa, precarietà abitativa, ambizione personale e collettiva, fiducia nel futuro: molte delle testimonianze di chi ha contribuito – non di rado con la propria manodopera o con quella di famigliari e amici – alla costruzione di questi insediamenti abitativi hanno queste tonalità.
Agli anni d’oro– enfatizzati, forse anche semplificati, da molte delle voci raccolte – segue una stagione radicalmente diversa. «Il declino è iniziato nel 1982, col bradisismo. È stata una concomitanza di eventi: l’invasione di un popolo di sfollati, cioè di persone che venivano da Pozzuoli; l’aumento dell’immigrazione, che c’è stato nel 1983-84; e poi il ricambio generazionale, perché quelli della mia età erano cresciuti e non gli andava più bene quello che offriva il posto. Questi fattori, uniti al completo abbandono da parte delle autorità, hanno causato l’aumento della delinquenza», racconta Tullio Aulicio a pagina 198.
La presenza di molte persone con background migratorio è una delle chiavi di lettura più intense del libro. Grazie al racconto in prima persona di moltissimə abitanti di origine straniera, la relazione tra le migrazioni e il territorio è esplorata con cura e passione.
«L’immigrazione è la forza di un paese. Ma gli Italiani dicono che noi di colore abbiamo portato questo degrado, dimenticando che senza di noi, soprattutto sulla Domiziana, tante persone morirebbero di fame»: Abi, di origine nigeriana, sintetizza, a pagina 103, qual è il doppio nodo che lega, in maniera strutturale e ambivalente, questi luoghi all’immigrazione.
La presenza di persone migranti – o che lo sono state negli anni precedenti – è uno dei tratti salienti del presente di Castelvolturno e Pescopagano. La rincorsa alla regolarità del soggiorno, la presenza di volontariə e attivistə, il movimento di andata e ritorno da questi luoghi alla ricerca di lavoro, il razzismo – a volte strisciante, altre volte esplicito e violento: è un racconto nel racconto, anch’esso possibile solo all’interno delle complesse dinamiche storiche di questi luoghi e, allo stesso tempo, in continuità con le vicende di mille altri contesti in Italia.
La narrazione assume non di rado le tonalità del dramma: verticale sfruttamento della manodopera, protagonismo delle sostanze e delle dipendenze, complesse vicende familiari prodotte o esasperate dalle acutissime diseguaglianze. È compiutamente un noir – del tutto vero – quando Porcaro descrive le ripetute, angoscianti stragi organizzate dalla malavita bianca che, a più riprese, hanno colpito la comunità migrante.
Degrado, abbandono, invasione degli immigrati: le categorie più utilizzate nel dibattito mainstream per descrivere l’attuale condizione dei luoghi esplorati dall’autore sono le stesse abitualmente impiegate nel dibattito pubblico, in maniera capillare sul territorio nazionale, per qualificare le zone maggiormente segnate dalle diseguaglianze e le forme di vita espresse dallə abitanti.
Da questa prospettiva, la lettura de L’estate è finita trasmette un efficace metodo per individuare e rifiutare le trappole retoriche che ruotano intorno alla criminalizzazione della povertà. È un invito a scandagliare, attraverso il tempo lungo della ricerca e il confronto con le soggettività che danno direttamente forma ai luoghi, le ragioni materiali delle miserie del presente.
In ultimo, l’opera di Porcaro è una puntuale ricognizione sui poteri tra loro diversi – formali e informali, legali ed extralegali – che concorrono al governo e alla trasformazione del territorio. In questo scenario, lə abitanti di ieri e di oggi di questi luoghi – italianə e stranierə –non sono spettatori inerti: sono protagonisti di questo processo.
Con la mobilità attraverso i confini, con lo spostamento da luogo a luogo, con l’inventiva, con l’audace perseguimento di interessi personali e collettivi – non di rado ambivalenti – chi è arrivatə, spintə dal desiderio o dal bisogno, a Castelvolturno e Pescopagano ha contribuito a modellare il territorio e a darne la specifica forma attuale.
Il libro è anche un’appassionante esplorazione dell’ineliminabile agency in capo alle persone, anche a quelle abitualmente considerate marginali: un’altra estate è forse alle porte.
Immagine di copertina da Creative Commons