Move, the only solution!
Dovremo andare a vedere nelle piazze le carte che l’M5S ha calato.
Provo a partire da dove termina l’articolo “Rottura!” di Simone Famularo, testo tra i più convincenti nell’analizzare il fenomeno 5 stelle e le cause che hanno prodotto una “rivoluzione”, questa si “civile”, nell’ultimo passaggio elettorale.
A me non piace affrontare e analizzare l’esistente da tribune che non conosco e non mi appartengono; in questo lo scritto di Simone convince perché si approccia al tema partendo dal suo campo sociale di lotta: le strade bloccate durante l’Onda, con gli automobilisti fermi nel traffico che applaudono. Un’istantanea che esprimeva bene la sintesi tra la radicalità della lotta e il consenso pubblico.
Cosa ci consegnano queste elezioni? Due dati su tutti: il primo, più interessante, è la definitiva morte del concetto di “voto utile” per come lo abbiamo conosciuto nella sua accezione anti Berlusconi; buona parte dei cittadini ormai ha compreso perfettamente che il cambiamento non passa e non passerà nello scegliere il meno peggio. Anzi, di più, larga parte del voto grillino auspica una caduta dell’attuale sistema politico fregandosene delle conseguenze (forse neanche comprendendole nel bene e nel male). In questo scenario poco importa se è chiaro il progetto per il paese del M5S, gli italiani hanno imparato bene in vent’anni di berlusconismo come delegare ad un uomo forte e carismatico la costruzione del proprio futuro.
Il secondo riguarda la destra. Queste elezioni scongiurano, nel breve periodo chiaramente, la formazione di una Alba Dorata italiana; possiamo affermare che la destra (più o meno radicale), oltre ad essere ormai legata mani e piedi all’esistenza biologica di Silvio Berlusconi, non ha saputo interpretare la crisi e né a disegnare orizzonti larghi di riferimento.Sottolineo questi due elementi, anche se ce ne sarebbero molti altri, proprio per capire quello che i movimenti dovrebbe fare nei prossimi mesi partendo dal dato che parte del voto grillino viene anche dai nostri spazi e dai nostri segmenti sociali. In molti hanno tifato e votato per l’ingovernabilità.
Di fatto Grillo e il M5S ora è al governo del paese. Poco importano gli accordi o gli inciuci parlamentari dal punto di vista sociale, essere diventati il primo partito della Camera dei deputati porta ad essere parte dell’establishment di questo paese.
Questo è il primo dato. Dobbiamo incominciare a guardarli consapevoli che dal 25 febbraio è cambiato tutto. Il M5S è parte del potere di questo paese e sarà presente in tutte le commissioni (dalla Rai al Copasir).
Dobbiamo andare a vedere le carte che il Movimento 5 stelle ha calato come assi portanti della sua “rivoluzione” e dobbiamo farlo nel luogo dove abbiamo scelto di vivere e muoverci: la piazza. Credo che il movimento dovrebbe su questo, dopo le opportune riflessioni, lanciare una agenda che sfida il M5S.
Primo obiettivo: Reddito di cittadinanza universale. Siamo d’accordo, lo vogliamo, sono anni che viene solamente enunciato (fatta eccezione per alcune sperimentazioni regionali quasi tutte finite male). Se prendiamo il 25% grillino dal punto di vista nostro, di chi sta fuori per scelta dalle stanze del governo, abbiamo una possibilità di rimettere in campo delle battaglie fondamentali a maggior ragione se (come molte analisi dicono) non è scontata la tenuta del personale politico che il M5S ha eletto. Convocare una piazza trasversale che vada a Montecitorio pretendo il Reddito di cittadinanza e misurando il rapporto che questa nuova rappresentanza politica avrà con la piazza quando non è in silenzio ad ascoltare Grillo. Questo va fatto non solo per il raggiungimento di obiettivi specifici ma anche come mossa di anticipo rispetto agli scenari futuri.
Il rischio che Grillo fallisca non è legato solamente alla tenuta soggettiva di parlamentari e senatori ma ad analisi già ampiamente dibattute: lo stato-nazione e le sue forme di gestione hanno respiro corto nell’ era della globalizzazione finanziaria che disegnano un quadro difficilmente modificabile dagli scranni di Montecitorio. Ancor di più se saranno approvati i tagli di 40 miliardi di euro l’anno previsti dal Fiscal compact.
Ma il fallimento di Grillo porterebbe, secondo me, altri aspetti drammatici: l’ennesima perdita di speranza per un’altra “rivoluzione” fallita (dopo quelle di piazza contro la guerra 2002/03 e il tradimento del laboratorio che Rifondazione comunista per un breve periodo ha rappresentato), il ritorno ad una idea di ordine visto che la politica “tsunami” dello sfasciamo tutto è morta e quindi la concreta possibilità di una riorganizzazione della destra più pericolosa con nuovi ordini di governo. O peggio, che la non tenuta del M5S possa tramutare esso stesso in un partito neo-autoritario (anche se anch’io attuo alcuni distinguo tra il m5s e Grillo).
Possiamo scongiurare queste ipotesi solo riproponendo un’ agenda di movimento matura che senza pregiudizi guarda ai dati reali. O mandiamo in crisi noi questo processo dal basso sullo stesso terreno programmatico evocato da Grillo, o lo costringiamo ad attuarlo tanto sul Reddito di cittadinanza quanto sulla Tav. E scopriremo anche se veramente, come molto scrivono, i grillini non coincidono esattamente con Grillo.