ROMA

Disertiamo la logica bellica, fermiamo l’escalation militare

Siamo convinti e convinte che proprio in questi momenti sia necessario e fondamentale rifiutare la logica degli schieramenti e interrogarsi su cosa vuol dire animare oggi un pacifismo non velleitario, in grado di costruire le condizioni per evitare l’escalation

Lo scenario aperto con l’invasione russa dell’Ucraina è totalmente inedito e su questo sono già stati spesi fiumi di inchiostro. L’orizzonte della guerra mondiale nucleare è entrato a far parte delle possibilità concrete, spinto da un improvviso afflato bellicista di tutti i governi europei, in primis quello italiano.

Dopo l’iniziale timidezza rispetto all’applicazione delle sanzioni, il governo Draghi ha varato un decreto che sancisce l’invio di armi e materiale militare in Ucraina, per “armare la resistenza Ucraina”, con il consenso (quasi completo) dell’intero arco parlamentare e una retorica intrisa di nazionalismo. La decisione del governo italiano rappresenta la codardia di chi fomenta una guerra senza vederne da vicino il sangue, il dolore e la distruzione che porta con sé.

Gli interessi in campo sono tanti e contrapposti, due distinti blocchi con le proprie oligarchie e politiche di potenza, si affrontano tenendo in ostaggio la popolazione ucraina e facendo pagare il prezzo più alto, come sempre succede, ai più poveri.

Il clima costruito dai media e dalla politica europea spinge tutti a dover fare una scelta di campo, con noi o contro di noi, dentro una spirale destinata a portare il mondo sull’orlo di una catastrofe.

Vergognosa in tal senso la “caccia al russo” scatenata sui terreni più disparati, da quello sportivo con l’esclusione di atleti ed atlete russe dalle competizioni, a quello culturale e letterario fino alle decisioni delle grandi multinazionali dell’entertainment che cancellano le squadre russe dai loro videogiochi.

Siamo convinti e convinte che proprio in questi momenti sia necessario e fondamentale rifiutare la logica degli schieramenti e interrogarsi su cosa vuol dire animare oggi un pacifismo non velleitario, in grado di costruire le condizioni per evitare l’escalation, fermare la guerra e costringere un cambio radicale all’interno delle relazioni internazionali.

Per queste ragioni saremo in piazza Sabato 5 marzo, per opporci all’invasione infame di Putin e portare solidarietà al popolo ucraino. Al tempo stesso, riteniamo vergognosa la scomparsa, dalla piattaforma di lancio del corteo, di alcuni punti che sono per noi al centro di un’azione concreta e non ipocrita contro la guerra.

Non è possibile, ad esempio, rimuovere le responsabilità della NATO e della sua politica espansiva degli ultimi trent’anni: la subalternità atlantica di tutti i governi europei e l’asservimento alle scelte degli Stati Uniti hanno non solo prodotto e alimentato questa situazione ma rischiano oggi di impedire una soluzione efficace al conflitto in corso.

L’invio di armi all’Ucraina, lungi da rappresentare una soluzione in grado di ribaltare le sorti di questa guerra asimmetrica, rappresenta solo un modo per prolungare il conflitto, al costo di un bagno di sangue tra la popolazione, alimentare una guerra civile e distruggere per lungo tempo il tessuto economico e sociale del paese, senza contare il rischio che, come avvenuto in Afghanistan con i Talebani, questi armamenti finiscano in massa nelle mani dell’esercito russo nel caso di una probabile sconfitta ucraina. La popolazione ucraina sta combattendo per la propria libertà, la nostra responsabilità è quella di impedire che il prezzo da pagare per loro e per tutti e tutte sia ancora più alto.

Allo stesso modo le sanzioni fin qui imposte colpiscono solo parzialmente il potere economico degli oligarchi, che possono continuare a mantenere i loro patrimoni miliardari nelle banche off-shore. Mentre la popolazione russa, già inserita in uno dei contesti più economicamente diseguali del globo, perde in poche ore circa il 40% del suo potere d’acquisto.

Affamare la popolazione (che, ricordiamolo, in questi giorni sta sfidando Putin scendendo in piazza contro la guerra, rischiando arresti e condanne pesantissime) per colpire il suo governo è una scelta scellerata, miope, inaccettabile e dalle conseguenze imprevedibili, tranne quella di rafforzare ancora una volta i nazionalismi.

In tutti i paesi e in ogni occasione possibile bisogna affermare senza timidezze che la pace si costruisce disertando le guerre, il linguaggio bellico e la logica dell’escalation. Bisogna chiedere il disarmo nucleare e la fine delle relazioni internazionali basate sulla lunga coda della guerra fredda, bisogna imporre all’Unione Europa un ruolo reale e concreto di mediazione e costruzione di pace, ruolo di cui si sta privando attraverso l’invio delle armi.

Avere coraggio oggi non vuol dire indossare un elmetto, soprattutto a migliaia di chilometri di distanza dalla vera guerra e dai suoi effetti, comodamente seduti nelle redazioni dei giornali, nelle segreterie di partito (sconcertanti le dichiarazioni che arrivano dal Nazareno) o dietro lo schermo di un computer: avere coraggio oggi vuol dire disertare qualunque schieramento.

Contro la guerra di aggressione di Putin, contro le mire espansionistiche della NATO, contro ogni tentazione bellica dell’Unione Europea. Facciamo la nostra parte, prima che sia troppo tardi.

Immagine di copertina di Sabrina Aidi