ROMA

Roma, il diritto all’abitare in Campidoglio

Ieri in piazza del Campidoglio a Roma centinaia di persone si sono unite per denunciare le problematiche legate alla questione abitativa. L’amministrazione ha incontrato una delegazione

La piazza del Campidoglio è gremita di persone, mascherine e occhi che sorridono tra di loro e al contempo esprimono preoccupazione e rabbia. Un miscuglio di lingue e origini che chiedono a voce unisona «una casa per tutti».

Il 24 febbraio donne, uomini, bambine, bambini, sindacati, il movimento per il diritto all’abitare, associazioni e collettivi si sono ritrovati presso il palazzo del comune di Roma per denunciare gli sfratti e gli sgomberi avvenuti in questi anni, mesi, giorni e soprattutto per chiedere di ripensare le politiche che vedono sempre più cittadine e cittadini finire per strada senza alternativa e senza una politica che metta fine a questo problema ormai da troppo tempo considerato emergenziale a dispetto della sua natura strutturale.

Alle diciassette una delegazione composta dai diversi soggetti che lottano da anni per il diritto alla casa ha incontrato l’amministrazione mentre tra le scale, i sampietrini e le statue della piazza capitolina un microfono riportava ininterrottamente i racconti di chi rischia ogni giorno di ritrovarsi per strada.

Più di ventisette interventi si sono susseguiti per due ore di seguito: i Blocchi precari metropolitani, il Maam, ex inquilini Enpam, abitanti di via Giolitti, di Valle rifiorita, di Torre Maura, di viale delle provincie, di Spin Time, di Monte Stallonara, di Tor Bella Monaca, di via Volontè, delle case Ater e ancora Nonna Roma, Esc, studenti e studentesse e sindacati degli inquilini, Asia o confederali come Sunia sono solo alcune voci che hanno risuonato sotto gli uffici del sindaco Gualtieri.

«La città non è in vendita prima degli interessi vengono i diritti» si legge su uno delle decine di striscioni presenti. «Servono case popolari» è la richiesta ribadita a più riprese «ci sono 700 mila famiglie in Italia che hanno bisogno di una casa popolare. Negli ultimi sette mesi a Roma, quante ne sono state assegnate?». 

Le parole che escono dagli altoparlanti non sono di certo suppliche, ma rivendicazioni di un diritto sancito dalla costituzione e che dovrebbe essere «in cima ai problemi della giunta», in particolare a seguito di queste ultimi anni di pandemia e se la politica si vanta di aver chiuso degli appartamenti occupati, gli occupanti e chi attende un alloggio popolare risponde che «le case dovrebbero essere riassegnate non svuotate».

Aprire la porta di casa, sentirne il tepore e tutti i diritti riconosciuti da una residenza coma quello all’istruzione o alla sanità non è evidentemente cosa scontata. In caso di sfratto o sgombero la tutela viene “garantita” alle fasce cosiddette deboli, ma la garanzia di un tetto sulla testa non dovrebbe essere opinabile.

Pensare di essere madre o padre e di rischiare di dormire per strada o essere diviso dai propri congiunti, quando ormai il cemento nella nostra società invade i panorami è una condizione inaccettabile, un controsenso che risponde a dinamiche di speculazione a dispetto dei diritti fondamentali.

Un assolo di violino interrompe le testimonianze della piazza, una ragazza che restituisce ciò che ha appreso all’interno di una delle occupazioni abitative considerate spesso fulcri di delinquenza e dove invece si costruiscono percorsi di autorganizzazione e formazione.

L’occupazione come atto politico, ormai si fonde all’esigenza più viscerale di vivere tra quattro mura. I piani di zona non sono garantiti, i prezzi degli affitti non sono calmierati, le case popolari non ricevono ristrutturazione e le case sfitte diventano un bene di lusso o più facilmente, in una città turistica come Roma, dedicate al profitto per chi vuole trascorrere un fine settimana tra le antiche rovine.

Alle diciannove la delegazione torna a riportare gli esiti dell’incontro con il capo di gabinetto del sindaco Ruberti, Trombetti della commissione politiche abitative comunali, Mazzei per la regione e Luparelli del consiglio comunale.

«È possibile continuare un confronto con l’amministrazione» dichiarano, diverse sono state le richieste portate all’attenzione del Campidoglio: innanzitutto un incontro con il sindaco Gualtieri che dovrebbe tenersi tra quindici giorni e l’urgenza di affrontare la questione dell’articolo 5 Lupi-Renzi per cui è stato affermato che ci sarà una riorganizzazione dei dirigenti del dipartimento delle politiche abitative.

Anche il tema della 140 è stato portato sul tavolo. Infine sfratti e sgomberi, il prefetto incontrerà le realtà della questione abitativa in maniera unitaria senza escludere nessuno come è stato per il passato confronto.

L’amministrazione si è resa disponibile ad avviare un dialogo con i movimenti e i sindacati, ora bisogna vedere che c’è tra il dire e il fare, in primavera ci saranno gli stati generali per la casa.

Le varie realtà che si sono unite in piazza intendono portare avanti in modo unitario le questioni per creare una politica di risposta strutturale.

Tutte le immagini di Patrizia Montesanti