MONDO
Erdogan fa arrestare gli accademici che vogliono la pace
Docenti espulsi dalle università e arrestati perché contrari all’offensiva militare in Kurdistan.
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“Chiediamo allo Stato turco di mettere immediatamente fine alle violenze contro i civili, noi non vogliamo essere parte di questo crimine rimanendo in silenzio“. Questo è l’ incipit della petizione lanciata da 1.228 accademici provenienti da 89 università della Turchia e sottoscritta al momento da più di 300 internazionali, fra cui intellettuali del calibro di Noam Chompksy, David Harvey, Judith Butler, Immanuel Wallerstein e Étienne Balibar.
L’appello si riferisce alle operazioni militari in corso nel sud est del paese da giugno, quando il governo turco ha rotto unilateralmente la tregua con il PKK – il Partito dei lavoratori del Kurdistan considerato organizzazione terroristica – e riacceso lo storico conflitto nell’area. Un conflitto che sta provocando di fatto un altissimo numero di morti fra i civili curdi. Al momento le persone uccise sono più di duecento, oltre a più di un milione costrette a vivere sotto coprifuoco, tra assedi e deportazioni.
I firmatari denunciano “un massacro deliberato e organizzato in violazione di diritti umani e leggi internazionali”. Nel testo dell’appello chiedono di mettere fine a questa strage, attraverso la ripresa dei negoziati di pace e l’invio di osservatori internazionali.
In seguito a questo appello, già nei giorni scorsi diversi docenti e ricercatori sono stati espulsi dalle rispettive università. Da oggi, 12 di loro sono in carcere con l’accusa di “propaganda terroristica” a favore del PKK. Sui social girano le foto delle porte dei loro uffici contassegnate.
Si tratta di arresti annunciati: nel corso della conferenza stampa convocata due ore dopo la bomba di piazza Sultanahmet (esplosione del kamikaze nel cuore turistico di Istanbul dello scorso 12 gennaio), il presidente Erdogan aveva subito accusato i curdi. Nonostante fosse già emersa la matrice islamica dell’attentato, l’obiettivo principale del suo discorso era stato proprio il cosiddetto “terrorismo di matrice curda” (sollevando molte polemiche, visto che sono proprio i curdi a combattere l’ISIS in maniera più determinata). Già in quell’occasione Erdogan si era scagliato con durezza contro i promotori dell’appello, definendoli traditori e sostenitori dei terroristi, e annunciando che sarebbero state prese le misure necessarie per fermarli.
Questo è accaduto oggi: 14 accademici in arresto, altri 7 ricercati.