EUROPA
Monaco, proteste contro il greenwashing della fiera automobilistica
Quattro giorni di mobilitazione all’International Automobil-Ausstellung: dura la repressione della polizia che ha compiuto vari arresti nei confronti dei militanti e delle militanti in lotta per la giustizia climatica
Si son conclusi a Monaco di Baviera i quattro giorni di mobilitazione contro l’International- Automobil-Ausstellung, la più grande fiera espositiva di automobili al mondo. Attiviste e attivisti provenienti da tutta Europa hanno animato un grande campeggio nel cuore della città bavarese, con l’obiettivo di sabotare e bloccare quella che è un’operazione di greenwashing perpetrata dalle lobby dell’automobile. Nonostante l’imponente dispositivo poliziesco (5mila uomini mobilitati da tutta la Germania) e legislativo (una nuova legge speciale che permette alla polizia di arrestare preventivamente i “soggetti pericolosi” e detenerli in custodia per tutta la durata del grande evento), i compagni e le compagne sono riusciti a raggiungere risultati notevoli.
Le giornate di mobilitazione sono state caratterizzate dalla repressione della polizia, che sabato mattina ha bloccato le uscite del campeggio, non permettendo ai vari finger (spezzoni autonomi del corteo, intenzionati ad accerchiare e “avvolgere” proprio come una mano l’Iaa) di potersi dirigersi verso la città e i luoghi della fiera.
Tuttavia, in seguito ad alcuni scontri, migliaia di attivisti e attiviste sono riusciti comunque a mettere in atto blocchi all’Autostrada e agli stand di Mercedes e Bosch (in solidarietà con i lavoratori dello stabilimento “Berg am Kaum” in sciopero) e nella notte delle auto hanno preso fuoco. Sono stati anche occupati due palazzi nel centro di Monaco per denunciare la privatizzazione dello spazio pubblico e l’innalzamento dei canoni di affitto. Si sono contate diverse decine di arresti; tra loro un compagno (rilasciato nella notte) e una compagna (liberata il giorno dopo) italiani.
Iaa incarna appieno il tentativo del mondo politico europeo e delle grandi industrie automobilistiche di distorcere la narrazione sul cambiamento climatico, attraverso massicce operazioni di greenwashing. Attraverso la fiera automobilistica, viene occupato sia lo spazio urbano che quello mediatico, disegnando una città per pochi (con l’arrivo della grande fiera sono apparsi stand in ogni piazza e i rituali daspo urbano per i soggetti “pericolosi”) e perpetrando un paradigma di stampo capitalitico-estrattivo: storie che nascondono sfruttamento e distruzione vengono raccontante come favole di successo e innovazione tecnologica.
La fiera di Monaco punta a convincere le persone che le automobili elettriche siano «la tecnologia sostenibile del futuro”, senza però nominare il fatto che per una vera sostenibilità e una vera transizione occorre mettere in discussione l’intera filiera produttiva e l’intero concetto di mobilità.
Se gli studi – al netto delle controversie – mostrano la possibilità di ridurre le emissioni di Co2 grazie a questa tecnologia, una simile innovazione rischia di risolvere ben poco se non è affiancata a un aumento dell’utilizzo di fonti rinnovabili e a una generale riconversione del sistema economico. Per non parlare dell’impiego di materiali rari che essa comporta, come il litio per le batterie, che generano inquinamento delle falde acquifere e conflitti per l’accaparramento dei giacimenti, come in Sud America o in Congo.
“Colpire” l’industria automobilistica, come hanno cercato di fare attivisti e attiviste a Monaco, vuole dunque essere un modo per ripensare tutto ciò che sta intorno alla mobilità e alla logistica e per riflettere in maniera radicalmente diversa da quanto stiamo facendo ora sullo spazio urbano, sui tempi del lavoro, sul trasporto pubblico.
Ormai si è consapevoli di quanto la situazione sia senza speranza e di quanto siano inutili i fiduciosi proclami di politici e industriali di turno: la mobilitazione bavarese di questi giorni pareva proprio nascere da una simile perdita di speranza, dalla volontà di mettere in atto una rivolta che “si autorizza da sé”.
Nelle proteste per il cambiamento climatico sembra crescere il discredito verso ogni scelta governativa, l’urgenza di mobilitazioni il più possibile decise e radicali.
Le lotte sul clima sono lotte di avanguardia, che legano e intrecciano molti piani e che diventano sempre più interconnesse fra loro: tra un mese a Milano avrà luogo il Climate Camp in concomitanza con la PreCop26. Provare a ripartire e a ragionare su quanto successo a Monaco ci può forse permettere di arrivare ancora più preparati.
Tutte le foto di Tim Wagner e Chris Grodotzki.